AEVUM "Kaleidoscope" (Recensione)
(2025)
Si fa fatica a capire le scelte dietro un lavoro come “Kaleidoscope” per diverse ragioni. Composto da nove tracce che apparentemente formano un album, quando si scende nel dettaglio si scopre che le canzoni sono in realtà cinque, che per numero ma soprattutto per lunghezza complessiva, farebbe pensare a un ep. E cosa sono le altre quattro? Due sono intermezzi strumentali e due sono riproposizioni in versione strumentale di brani cantati. Si ha l’impressione che gli Aevum volessero necessariamente pubblicare un nuovo full-lenght e che non avendo abbastanza materiale, abbiano trovato il sotterfugio per riempire lo spazio mancante. Il risultato di questa operazione purtroppo va a inficiare pesantemente sul risultato finale. Questo è veramente un peccato perché le cinque canzoni sono molto valide.
Scendendo nel dettaglio della proposta si scopre che agli Aevum piace spaziare e non restare ancorati saldamente a un suono che altrimenti rischierebbe di divenire stantio dentro un genere che se preso alla lettera concede pochi spazi di manovra. Invece forti di un’esperienza maturata in tanti anni, dietro la pubblicazione di ben cinque album, la band fornisce una prestazione interessante attraverso cinque brani dinamici ed eterogenei. Se gli esperimenti più modernisti come l’iniziale “D20” fanno emergere il coraggio di cercare soluzioni che guardano al futuro, con un approccio sbarazzino, quando riescono a mescolare in modo più lineare moderno e classico come in “Fog Of Fear” il risultato ottenuto è di forte impatto. In questo caso sfruttano tutte le frecce nel proprio arco per creare una musica complessa ma con un ritornello che colpisce per intensità ed espressitivà.
Avere tra le proprie fila una cantante con le capacità di Lucille fornisce una marcia in più e quando viene messa nelle condizioni di esprimere appieno il proprio potenziale la band guadagna in qualità, come nella oscura “The Inquisition” in cui il buon mix di parti più metal con quelle più sinfoniche, tra la crudezza del growl e la voce dai tratti operistici, alla Tarja, generano una canzone complessa dalle diverse anime. Siamo dalle parti di un metal gotico in cui è molto importante l’aspetto sinfonico grazie all’ottimo lavoro di Richard, autore di una buona prestazione vocale con il suo growl. In “Nightshade” si sente la delicatezza e la profondità ereditata dai The Gathering. E’ la migliore tra quelle proposte con un cantato che emoziona.
I due strumentali sono semplici riempitivi senza alcun particolare pregio, se il primo ci porta in territori synth ambient alla Enya, “Ashes To Ashes” è un brano techno che cozza con quanto proposto. Se consideriamo “Kaleidoscope” per le cinque canzoni proposte il voto si attesta sugli ottanta, ma i quattro riempitivi hanno un voto basso e la media genera una sufficienza e questo è veramente un peccato. Se “Kaleidoscope” fosse stato pubblicato come ep, o se al posto dei riempitivi ci saremmo trovati altre quattro valide composizioni del livello delle altre forse ci troveremmo a parlare di un piccolo capolavoro di metal gotico tricolore.
Recensione a cura di John Preck
Voto: 65/100
Tracklist:
1. D20
2. Be a Lady
3. Nightshade
4. Dark Tunes
5. Fog of Fear
6. The Inquisition
7. Ashes to Ashes
8. D20
9. Fog of Fear
Line-up:
Lord of Destruction - Guitars (rhythm)
Richard - Piano, Vocals (growls, backing)
Paul Grey Hunter - Bass
Emanuel la Croix - Guitars
Lucille Nightshade - Vocals (soprano)
Lorenzo Aimo - Drums
Web:
Bandcamp
SoundCloud
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