Vuoi qui il tuo annuncio? Scrivi a: hmmzine@libero.it

VIOLENTOR "Burn In Metal" (Recensione)


Full-length, Folter Records
(2024)

I Violentor sembrano provenire direttamente dagli anni Ottanta, con un suono perfettamente calato in quell’epoca. Veloci, feroci, incazzati, assolutamente fuori dai coppi, assaltano con una musica grezza, diretta, e un’attitudine punk come centro nevralgico. La voce sguaiata e irriverente di Alessio Medici sputa veleno e bestemmie, a tratti in modo adolescenziale, come dei ragazzini che bestemmiano per sembrare più grandi (“Storm Of Blasphemies”).

La produzione assolutamente retrò fa tornare alla mente quelle band che decenni addietro hanno estremizzato il concetto di heavy metal, aggiungendo velocità e irruenza, come i Discharge che incontrano i Venom e come i Motorhead che sfidano gli Agent Steel. Le canzoni viaggiano tutte ad alta velocità, con un riffing semplice, a tratti scontato e una ritmica che a sua volta picchia duro senza fronzoli, costruendo un muro sonoro che ti viene sbattuto in faccia senza alcuna intermediazione. Potrebbero sembrare anacronistici e forse in parte lo sono, ma fa un certo effetto sentire tanto grezzume, tanta rabbia tutta espressa in bit veloci, senza barriere, ma lasciando libero sfogo ad un innato senso di malessere tutto riversato in note e voci rabbiose (“Pitch Black”).

Probabilmente una durata inferiore delle canzoni le avrebbe rese più d’impatto, invece la lunghezza media sui quattro minuti, tutti così sparati senza alcun tipo di variazione porta le canzoni ad assomigliarsi un po’ tutte, perché tutte proposte con le stesse ritmiche e cantate con la stessa identica impostazione vocale e di intensità. Questo porta a rendere l’album prevedibile dopo aver ascoltato le prime tracce, eliminando l’effetto sorpresa e facendo affievolire l’impatto che si ha quando parte il disco.

I Violentor sono così irriverenti e sguaiati da risultare simpatici (“Cicci”). Questo fa venire meno l’effetto di rabbia e violenza che una musica del genere dovrebbe provocare, ma voglio credere e pensare che “Burn In Metal” sia in fondo in fondo un album basato sull’ironia e che la band non si prenda troppo sul serio. Li vedo già pestare duro su un palco di qualche centro sociale e urlare a squarciagola “Stevanin”, brano che presenta al suo interno anche qualche rallentamento e che a giudizio di chi scrive rappresenta uno dei migliori episodi tra quelli proposti, presentando l’unico difetto di una lunghezza eccessiva.

A conti fatti “Burn In Metal” è un album senza particolari pretese, votato a tirare fuori l’aspetto più diretto e semplice della musica metal, con i pregi e tutti i difetti che questo può comportare.

Recensione a cura di John Preck
Voto: 62/100

Tracklist:
1. The Return of the Assassins
2. Storm of Blasphemies
3. Born in Metal
4. Pitch Black
5. Voievod
6. Cicci
7. Stevanin
8. Failed Dystopian Agenda
9. Night of the Werewolves

Line-up:
Alessio Medici- voce, chitarra
Michał Golbik - batteria
Roy Noizer Elguera - basso

Web:

Nessun commento