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NILE "The Underworld Awaits Us All" (Recensione)


Full-length, Napalm Records
(2024)

Con due nuovi innesti si ripresentano sulle scene i Nile. Abbiamo adesso al basso Dan Vadim Von, già visto tra le fila dei Morbid Angel e Zach Jeter degli Olkoth alla voce e chitarra. Ma a parte i dettagli, come suona questo nuovo album dei Nile? La risposta non è così semplice da dare. Se avete amato il precedente "Vile Nilotic Rites" qui non troverete le stesse identiche soluzioni. La band sembra essere tornata indietro di circa una decina di anni, avvicinandosi ad un disco a mio avviso sottovalutato come "At The gates Of Sethu", anche per via di una produzione molto pulita che ricorda da vicino quel disco. Poi a mio avviso la band ha recuperato alcune cose di "Annihilation Of The Wicked", oltre che una ritrovata vena doom e plumbea che si riscontra soprattutto nella seconda metà del disco. 

Ad ogni modo l'impronta tipica dei Nile è più che presente e stupiscono alcune intuizioni chitarristiche che esulano dai canoni tipici dei Nile e del brutal death metal stesso. Ho molto apprezzato l'accuratezza del riffing e alcuni cori, talvolta in voce femminile, che arricchiscono l'album. Uno dei pezzi che più si distacca da solito repertorio dei Nile pur evocando atmosfere egizie a iosa è "True Gods of the Desert", pezzo pachidermico ma anche ben bilanciato con assoli di chitarra melodici. Anche se il disco presenta una vena più raffinata e ricercata dal solito, non mancano delle canzoni di inaudita tecnica e ferocia come l'iniziale "Stelae of Vultures" o "Chapter for Not Being Hung Upside Down...", e quindi a conti fatti questo è un album maggiormente vario rispetto al precedente, che era più in your face e anche riuscito, c'è da dire, ma che non lascia da parte alcun elementi tipico dei Nile, offrendo comunque una qualità media molto elevata.

Il mio consiglio è quello di lasciarvi trasportare ancora una volta da questa incredibile band, anche se questa volta forse si è alzata ulteriormente l'asticella della tecnica, rasentando soluzioni progressive. Per il resto, se volete più semplicità, ci sono le tracce finali del disco che sono più lente e vanno quasi a formare un disco ipoteticamente diviso a metà, con una prima parte tipicamente brutal/technical death metal e una seconda quasi doom o comunque più heavy, come dimostra l'ottima title track che dura più di otto minuti e dove riemerge la brutalità che si era vista nei primi episodi, ma intervallata da parti molto heavy ed epiche. Ecco, questo è un pezzo bellissimo a mio avviso, tra gli highlight del disco.

"The Underworld Awaits Us All" non è probabilmente uno dei migliori lavori della band, soprattutto per chi, come me, ha amato i primi lavori della band, quindi quelli compresi tra il 2000 e il 2005, ma è comunque un ottimo ritorno che conferma questa band come unica nel suo genere. Pochi suonano come loro e Karl Sanders in questo disco dimostra di essere cresciuto tantissimo e questo non è male per un "vecchietto" di circa sesssant'anni, e su Geaorge Kollias basti solo dire che è uno dei migliori batteristi estremi in circolazione e che anche in questo album fa faville. Insomma, se siete fan della band e di certo death metal non potete perdere questa uscita.

Recensione a cura di Sergio Vinci
Voto: 80/100

Tracklist:
1. Stelae of Vultures 
2. Chapter for Not Being Hung Upside Down on a Stake in the Underworld and Made to Eat Feces by the Four Apes 
3. To Strike with Secret Fang
4. Naqada II Enter the Golden Age 
5. The Pentagrammathion of Nephren-Ka 
6. Overlords of the Black Earth 
7. Under the Curse of the One God 
8. Doctrine of Last Things 
9. True Gods of the Desert 
10. The Underworld Awaits Us All 
11. Lament for the Destruction of Time

Line-up:
Karl Sanders - Vocals, Guitars, Bass, Keyboards 
George Kollias - Drums, Percussion
Brian Kingsland - Guitars, Vocals 
Dan Vadim Von - Bass, Vocals 
Zach Jeter - Guitars, Vocals 

Web:
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