GROND "Winterkrieger" (Recensione)
Full-length, Folter Records
(2000)
Siamo nel 2000, in un periodo in cui iniziano a proliferare, in ogni dove, emuli dei vari stili di Black Metal codificati nel decennio appena trascorso: il passo verso l’inflazione è dietro l’angolo, ma abbiamo ancora qualche progetto che può permettersi di dire la sua ed entrare a pieno titolo fra i classici del genere, pur se in relativo ritardo e in misura minore; è il caso della one-man band tedesca Grond, che risponde al solo mastermind Infinitus, che propone un solo album in tutta la sua carriera, ma che basta e avanza per parlare di piccola gemma dell’underground passata un po’ inosservata per via delle mastodontiche uscite dei grandi nomi, ormai ben consolidati e già capaci di mettere in ombra progetti certo più piccoli e modesti, ma non meno validi.
Un logo che già riprende il font gotico usato dai Gorgoroth, con quella “G” iniziale che rimanda subito agli autori di “Pentagram”, “Antichrist” e “Under The Sign of Hell”, e una copertina essenziale, una foto a bassa risoluzione di un brullo e gelido scenario polare. Con una simile presentazione, pochi sono i dubbi circa la proposta del disco: Black Metal freddissimo, con una drum machine accettabile, ma senza dinamica e con dei sample poco realistici. Un punto a sfavore, in teoria, ma che invece riesce a dare ancor più risalto alla sensazione di intorpidimento che trasmettono questi brani. Ci sono stati esempi anche peggiori, in termini di programmazione e resa della batteria elettronica, come in “Oimai Algeiou” degli svedesi Algaion, del 1995: un ottimo album penalizzato proprio da questo aspetto, troppo poco curato e pertanto dalla resa meccanica e artificiale.
Infinitus, in 37 minuti di album, perfino poco omogenei nella produzione (forse a causa di diverse sessioni di incisione non normalizzate a dovere), non si risparmia in riff assolutamente brillanti, con una capacità encomiabile di inanellare una melodia vincente dopo l’altra, seguendo quei dettami che vogliono il Black Metal sì spietato e arcigno, ma anche epico e memorabile, con fraseggi semplici, in tremolo-picking su blast-beat, come da tradizione, ma sempre altamente evocativi. Un artista che, nel suo piccolo, aveva colto perfettamente lo spirito del genere, e questo suo unico lavoro si staglia a lectio magistralis di come suonare Black Metal canonico, ma non per questo generalista o poco ispirato.
Tutto scorre impetuoso, come una bufera di neve, con delle screaming vocals tanto classiche quanto efficaci, non senza qualche puntata nel growl, sempre adeguato al contesto. La qualità ritmica del lavoro si attesta sulle coordinate del Black Metal minimalista, ma non mancano cambi di figura ritmica, che possono prevedere alternanze fra blast-beat e skank-beat, fino a veri e propri mid-tempo: tutto quello che serve al momento giusto! Un album che è diventato, per quei pochi che lo hanno scoperto alla sua uscita, autentico oggetto di culto, rilasciato da un’etichetta, la Folter Records, che di simili diamanti grezzi se ne intendeva e ne aveva il caveau pieno!
Recensore: Luke Vincent
Voto: 85/100
Tracklist:
1. Intro
2. Carried by Deathwinds
3. Ewigkeiten
4. Battlemagic
5. Through the Mist of Fire
6. Winterkrieger
7. On the Path of the Ancient
8. Burning Souls at the Place of Eternal Victory
9. A Serenade in Black (part II)
Line-up:
Infinitus - All instruments, Vocals
Web:
Official Website
Folter Records @ Bandcamp
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