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KALAH "And Yet It Dreams" (Recensione)


Full-length, Nova Era Records
(2024)

Che bello quando ti sottopongono cose così interessanti da recensire: la prendo come una preziosa occasione per scoprire nuove band, progetti e realtà underground che meritano di essere elogiati! Qui abbiamo gli italiani Kalah, al loro secondo album, e che propongono qualcosa che loro etichettano come Electronic Metal, o Electro Metal per gli amici: non sono un grande sostenitore delle micro-etichettazioni, perché lo scopo di suddividere per generi dovrebbe essere quello di mettere ordine nel caos, ma quando poi le etichette diventano troppe si finisce con l'ottenere l'effetto contrario, ritornando ad uno stato di entropia, che è non tanto (non solo) la misura del disordine, ma della quantità di informazioni necessarie per descrivere uno stato. Se abbiamo innumerevoli etichette, alla fine ritorniamo a quell'entropia iniziale che volevamo ridurre!

Però in un certo senso, l’auto-definizione dei nostri Kalah ha una sua ragion d’essere: abbiamo un Progressive Metal, forse, o qualcosa di più o meno ispirato dal Power Metal, ma poi ci sono ritmiche ben “quadrate”, le classiche chitarre ritmiche ribassate con producono quel suono ritmico a corda stoppata che viene ormai definito onomatopeicamente come “chug-chug”, ma anche come “djent”! Non è una soluzione che mi piace troppo, in quanto la trovo un po’ abusata ultimamente e troppo “meccanica”, troppo “ritmica”, e sacrifica un po’ il ruolo armonico delle chitarre che dovrebbero fare da tappeto per il fraseggio melodico contestuale. Però sono soluzioni musicali che vanno anche sapute prendere in considerazione, senza affossarle a priori solo per via del proprio gusto. Infatti se guardiamo alla precisione d’esecuzione, alla chirurgia con cui si gestiscono questi beat, allora nulla da eccepire: abbiamo poi un massiccio uso di suoni sintetizzati e futuristici, il linea con il concept dell’intero album, che torna, come colta sci-fi, sul tema dell’Intelligenza Artificiale in un mondo ormai collocato in un futuro remotissimo: molto, molto affascinante, e lo dico da appassionato di parte, in quanto adoro la fantascienza e la preferisco all’horror e al fantasy! In questo contesto, una certa “artificialità” dei suoni è più che giustificata, e debbo ammettere che perfino certe derive che sembrano quasi techno o dance hanno una logica all’interno dell’economia dei brani! La voce è prevalentemente femminile, e ci va benissimo, solo ogni tanto coadiuvata da interventi in growl e scream, che forse avrei anche eliminato del tutto, ma rispetto la scelta di aggiungere un pizzico di Metal estremo nella formula.

Formula che, se ci state pensando, non è affatto affine a quanto propongono molte band moderne, che propongono, quelle sì, della female fronted euro-dance in salsa finto-metallara: anche gente come gli Amaranthe o i Reasons Behind usano evidentissime influenze electro, però lì siamo dalle parti della musica da discoteca propriamente detta, solo con chitarre elettriche distorte che hanno il solo punto in comune di mettere queste corde baritone stoppate sugli accenti forti di ritmi quadrati da dace-floor. Quelle sono band che puntano anche all’easy-listening, che varrà per tanti, ma non per me, che li subisco come un supplizio, mentre qui riconosco il non voler affatto banalotti o ruffiani, anzi: i brani sono abbastanza elaborati e hanno il pregio di durare il giusto, quanto necessario a sviluppare tutte le idee e quindi passare al momento successivo!

Mi devo scandalizzare per la cassa messa sui quarti di battuta in battere? Lo facevano i Nightwish in “Wish I Had an Angel” e lì avevo abbandonato la nave prima che affondasse? Verissimo! Ma qui il discorso cambia, perché non è affatto un tentativo di risultare più commerciali, ma è parte integrante di un concept che beneficia, paradossalmente, da certe soluzioni extra-Metal o addirittura anti-Metal: io qui di ballabile, di radiofonico o di festaiolo vedo proprio ben poco, e quindi per me si rimane nel reame del Metal propriamente detto, con o senza prefisso “Electro”! Poi va bene, il disco per me dura un pochino troppo, ma c’è di peggio, e per fortuna i brani sono tutti digeribili nella loro estensione e struttura. Critico sempre il Pop Metal e il Power Pop, la dance spacciata per Metal moderno, ma qui no, abbiamo proprio Metal che rimane tale ed è moderno, appunto, usando il termine in modo legittimo! Il mio voto sarebbe stato un pochino più basso di quanto ci si aspetterebbe, perché il mio gusto personale sbatte un po’ contro queste sonorità, però devo premiare chi potrebbe benissimo mangiarsi in un sol boccone certa gente che mi presenta Britney Spears o le Spice Girls e mi etichetta un prodotto simile come Metal! Vade retro, e si faccia largo ai Kalah!

Recensione a cura di Luke Vincent
Voto: 80/100

Tracklist:

1. This World Factory Part 1
2. This World Factory Part 2
3. Runtime Error
4. And Yet it Moves
5. Escape
6. Gentle Gears
7. Helichrysum
8. Full Metal Monsters
9. Defeated
10. On Wings of Shapeless Dreams
11. XLV

Line-up:
Alessio Monacelli - Drums
Mario Grassi - Guitars (lead)
Marco Monacelli - Guitars (rhythm)
Dario Trentini - Keyboards
Claudia Gigante - Vocals
Goya - Bass

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