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PONTE DEL DIAVOLO "Fire Blades from the Tomb" (Recensione)


Full-length, Season Of Mist
(2024)

Nella sterminata produzione e mole di ascolto contemporanei, sono pochi i dischi che mi rapiscono giĆ  al primo ascolto, direi quasi ai primi secondi di ascolto: ĆØ questo ĆØ stato senz’altro il caso dell’esordio sul lungo minutaggio di questo intrigante sodalizio con base a Torino. I Ponte del Diavolo nascono nel 2020 come creatura chimerica durante una jam tra membri di diverse band con una predominanza di black metal (Feralia, Inchiuvatu, Abjura, Askesis), ed esordiscono, coraggiosamente, con un EP registrato live in studio, Mystery of Mystery. Nel lavoro viene giĆ  tracciato il solco della cifra artistica della band: un blackened doom, old school nei suoni, impreziosito dalla voce solenne della cantante Erba del Diavolo. Completano la line-up Nerium alla chitarra e Segale Cornuta alle pelli, che si avvale nella potente sezione ritmica di un doppio basso suonato da Kratom e Khrura Abro. 

Le tematiche delle liriche attingono ampiamente alla tradizione occultista: declamate indifferentemente in inglese e in italiano con Erba del Diavolo perfettamente a suo agio tra le due lingue. Nel corso dei due anni successivi il quintetto crea aspettativa mantenendosi saggiamente nelle pubblicazioni, il che dĆ  loro modo di affinare lo stile, che nel frattempo ha incorporato elementi psichedelici, e di non bruciarsi (nelle fiamme dell’inferno a loro caro); il percorso suscita attenzione da parte della Season of Mist, loro sono pronti per il grande salto e si chiudono a registrare il debutto sulla lunga distanza, in uscita il prossimo 16 febbraio 2024 per l’importante etichetta francese in digitale, CD e vinile (anche limited). E questo Fire Blades from the Tomb non delude affatto le aspettative anzi si candida a rappresentare il doom italiano nel futuro prossimo. 

Il suono ĆØ ormai riconoscibilissimo: gli elementi black metal sono ridotti ad intarsi occasionali degli stilemi classici del genere (blast beats, tremolo picking), mentre acquisisce rilievo la componente psichedelica che li classifica, insieme ai conterranei Messa e ai Superlynx, come esponenti di un sottogenere ormai ben definito. La durata contenuta (solo 42 minuti) consente di non sprecare nemmeno un secondo, mantenendo il songwriting sempre a livelli altissimi. Le danze macabre si aprono con il pugno in pieno viso di Demone, anche primo singolo estratto, di cui ĆØ stato prodotto anche un video ispirato al film Natural Born Killers che poi vira verso i lidi occultisti cari alla band. La strofa selvaggia si alterna ad un passaggio piĆ¹ evocativo, concorrenti nel raccontare di un essere perfido che si annida nel corpo e costringe l’infestato a commettere atti efferati. Ed ĆØ invece un basso elastico, sorretto da una batteria mid-tempo quasi marziale ad introdurre minacciosamente la successiva Covenant, anche questa uscita come singolo e video cimiteriale in bianco e nero. Erba del Diavolo si consacra in questo brano una vera regina delle tenebre, col suo canto a volte sensuale, a volte feroce come nella seconda strofa in cui si concede ad un growl ben dosato. 

Al secondo brano sono giĆ  disposto a vendere quel poco di anima che mi resta al (Ponte del) Diavolo. PiĆ¹ contemplativa la successiva Red as the sex of She who lives in death, in cui Erba del Diavolo impersona una seducente e malefica Eva, come seducente ĆØ l’incedere del brano accompagnato da una chitarra tremolante prima di sconfinare nei colori e nei territori doom congeniali alla band. Territori che, dopo un’introduzione ansiogena, ritroviamo anche nell’incalzante La razza, dura reprimenda nei confronti dell’umanitĆ  inevitabilmente condannata alla distruzione e in Nocturnal veil, terzo singolo scelto per anticipare l’uscita dell’album; qui come altrove le linee melodiche vocali sapientemente infiorettate restano impresse a fuoco nella mente. Degne di nota, in quest’ultimo brano, sono le punteggiature di un fagotto che gli conferiscono un effetto straniante. L’album scorre liscio verso la fine con le due ultime tracce, che nel solco del granitico sound del combo sospeso tra durezza e sogno ci porta per mano in atmosfere maledette con Zero, introdotta da una litania in un idioma lontano dal sapore di un rituale perduto, e con la gotica The weeping song, cantata a due voci nel ritornello catchy che ricorda certe suggestioni Lacuna Coil. In questi dettagli si percepisce il passaggio all’etichetta importante, che personalmente considero solo un valore aggiunto in quanto forniscono un’impronta ed una soliditĆ  ad un lavoro giĆ  di per sĆ© molto ispirato. 

Il giudizio ĆØ inevitabilmente influenzato dalle preferenze personali, ma non bisogna commettere l’errore di valutare con il metro del passato e si deve invece avere il coraggio di premiare un lavoro che ho amato immediatamente dopo uno stordente colpo di fulmine. Le avvisaglie sono inequivocabili: i Ponte del Diavolo sono avviati a conquistare di diritto il loro posto tra i migliori metal act italiani. 

Recensione a cura di mu:d
Voto: 95/100

Tracklist:

1. Demone 
2. Covenant 
3. Red as the Sex of She Who Lives in Death 
4. La Razza 
5. Nocturnal Veil 
6. Zero 
7. The Weeping Song

Line-up:
Krhura Abro - Bass
Segale Cornuta - Drums
Nerium - Guitars
Erba del Diavolo - Vocals

Web:
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