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Intervista: CIRCLE OF WITCHES


Oggi ospitiamo Mario Hell Bove, fondatore, cantante e chitarrista dei Circle of Witches, band che fonde l'heavy metal classico con lo stoner e il doom. Abbiamo parlato di molte cose e la chiacchierata si è rivelata alquanto interessante grazie ad un interlocutore che ha molte cose da dire e mai banali. Buona lettura!

1 - Ciao! "Natural Born Sinners" è il vostro terzo album ed era uscito poco prima della pandemia. Come avete affrontato quindi la sua promozione?
Saluti a te e grazie per lo spazio che hai voluto dedicare ai Circle of Witches. Abbiamo iniziato la “promozione” di NBS molto prima della sua uscita ufficiale. La produzione è stata molto travagliata a causa di diversi problemi con l’ex produttore. Avevamo composto i brani in due mesi, dopo il ritorno dalla Russia, fra novembre e dicembre 2015. A gennaio 2016 abbiamo iniziato le registrazioni (e mi taccio sulla sparizione immotivata del produttore nei fine settimana per riprendere a suonare la domenica notte…) e, dopo due sessioni, a maggio tutte le tracce erano pronte. Poi tutto inspiegabilmente in silenzio fino a riuscire ad ottenere un primo master, pieno di errori, a luglio 2017. Il lavoro definitivo e completo (recuperato solo grazie ad un amico) ci è arrivato a fine 2018. A quel punto abbiamo pubblicato il primo singolo fino a pubblicare l’intero album a maggio 2019 con la Sliptrick Records. In questo periodo non siamo stati certo con le mani in mano e infatti abbiamo suonato i pezzi dell’album già dal 2016, con numerose incursioni in festival all’estero e in Italia con un vero pre-release tour nel 2018 che ci ha visti, fra gli altri, al Malta Doom Metal Fest e all’Agglutination. Dopo l’uscita ufficiale abbiamo “semplicemente” continuato a fare quello per cui eravamo già impegnati, cioè suonare il più possibile dal vivo, nonostante i numerosi cambi di line up, oltre che avere una discreta copertura sul web fra lyric video, live video, promozione su riviste e social. Nel 2020 avevamo programmato due tour promozionali, uno nel Regno Unito (prima della Brexit) e l’altro in est Europa… E invece di girare a con la nostra musica siamo rimasti chiusi in casa. Come tutti, del resto.

2 - Il titolo di quel disco fa un evidente riferimento al cult-movie "Natural Born Killers". Come mai questa scelta?
Inizialmente l’album si sarebbe dovuto chiamare “True Born Sinners”, idea dell’ex bassista che conosceva molto bene inglese e modi di dire. Ma il nostro co-produttore Nicholas Barker (Cradle of Filth, Ancient, Brujeria) ci disse lapidario “Questa cosa non significa nulla. Sarà anche grammaticalmente corretto, ma chi parla inglese non lo userebbe mai, si sente che è fake english”. E poi ci ha suggerito “Perché non usate NATURAL BORN SINNERS? E’ già familiare per la citazione al film ed è sicuramente più comprensibile…”. La cosa ci è sembrata molto sensata e abbiamo deciso in quel senso dopo esserci confrontati fra noi. Diciamo poi che Nicholas, con la sua mole, è molto convincente (LOL).

3 - Che genere suonate secondo voi e a che band potreste essere associati?
Nei venti anni della nostra carriera abbiamo avuto un percorso di evoluzione musicale attraverso diversi generi. Quando ho fondato la band avevo in mente prima di tutto di suonare ovunque e il più possibile, dar vita a canzoni dirette e senza fronzoli, sound rozzo, fra rock attuale e forti radici 70s. All’inizio eravamo definibili come una band stoner rock vicini a band quali Kyuss, Nebula, Orange Goblin o Melvins. Pian piano abbiamo ingrossato e incupito l’atmosfera generale avvicinandoci ai Motorhead con il disco Rock the Evil. Era un lavoro un po’ disomogeneo perché composto da brani scritti in diversi momenti, ma la direzione del metal era sicuramente quella che avevamo scelto. Con NBS entriamo in una definizione maggiore verso l’heavy metal e il doom, con influenze legate ai Judas Priest, Black Sabbath e Grand Magus. Fra un album e l’altro sono passati diversi anni a causa di numerosi cambi di line up. Ogni volta dovevo rinsaldare le fila e lavorare molto per ritrovare il sound giusto, e perché, in fondo, il mio maggior interesse è sempre stato dare la priorità ai live più che scrivere in continuazione. Insieme a questo, come autore dei brani ho un mio percorso musicale fatto di diverse forme espressive e una tendenza a rifiutare le formule preconfezionate. Non mi va, insomma, di suonare sempre lo stesso brano cambiando solo qualche riff…

4 - Sono circa venti anni di attività per voi. Vogliamo fare un bilancio delle cose positive e negative che sono capitate in questi anni?
Bilanci… Ne faccio in continuazione, anche se sono inutili. Diciamo che all’inizio avrei voluto fare di questa band un lavoro o, almeno, un’attività che mi permettesse di essere meno stretto dalle necessità lavorative. Sono artisticamente nato e cresciuto negli anni ’90, l’epoca delle ultime grandi band, anche qui in Italia, gruppi basati prima di tutto sulle idee e poco sulla tecnica, che andavano avanti con la musica “e basta”. Oggi è tutto completamente diverso, si investe molto sulle proprie capacità di musicista ma zero sul concetto di band, poi devi essere necessariamente un “content creator” per i social, altrimenti non attiri l’attenzione su di te. Sì, anche prima il chiacchiericcio aiutava molto la promozione della band, ma quando era famosa… Oggi è tutto un fiorire di signor nessuno che blaterano, postano brani della loro vita per nulla interessante (non ritengo interessante la vita privata di una star della musica, figurati di un tizio qualunque…), liti ridicole, prese di posizione… Tutto fuorché la musica. C’è poi da dire che la platea è esplosa, frammentata in milioni di schegge che non supportano a dovere nessuno, non ci sono i numeri. Sul piano lavorativo quindi il bilancio non è positivo di certo, così come sul piano economico. Paradossalmente, agli inizi, fino grossomodo al 2014 riuscivamo a suonare molto, coprendo le spese delle trasferte, anche estere, e le registrazioni. Poi tutto è diventato gradualmente più complesso… Lo scambio date non funzionava più, i locali venivano monopolizzati da “agenzie e promoter” il più delle volte truffaldini improvvisati con qualche amicizia nelle sale concerto, pay2play e slot per esibirsi ai festival contratti a pagamento, pochissime vendite e tanti inutili stream. Insomma, la musica era stata derubricata ad un hobby molto costoso e per sempre meno persone. Ma soprattutto, chiedendo un minimo in termini di backline o cachet, il numero dei concerti è drasticamente calato. Nota confortante, meno concerti è vero, ma in situazioni di maggior qualità con palco, fonico e attrezzatura già in loco. E’ stato un passo in avanti. Quello che porta sicuramente in positivo il bilancio sono le soddisfazioni che hai quando suoni dal vivo, la gente sgrana gli occhi e ti applaude, si sbatte sotto al palco e ti riempie di complimenti. Sì, è tutto narcisismo, lo so bene ed è soprattutto per questo che suono anziché stare chiuso in sala di registrazione. E’ una giostra che mi piace far girare e sono ebbro di questa vertigine per cui vado in crisi d’astinenza quando sto troppo tempo lontano dai concerti. Quando abbiamo suonato in Russia, ad esempio, davanti a 6-7000 persone è stato come venire al mondo una seconda volta per me. Quando ero piccolo giocavo con una racchetta e salivo in piedi sul letto fingendo d’essere una rockstar. In Russia avevo raggiunto quel sogno. Tante persone riecheggiavano della mia musica, rispondevano alle mie grida, alzavano all’unisono le corna al cielo, cantavano i ritornelli di alcune canzoni, un’emozione impagabile. Certo, tantissime amarezze, incomprensioni in famiglia, una vita che ho sagomato attorno alla musica, negandomi lavori stabili (e meglio retribuiti) che mi occupassero tutta la giornata, la rinuncia a formare una mia famiglia per non vincolare altre persone alla mia “malattia mentale”, tante scelte compiute per poter continuare a suonare. Con un occhio esterno ti direi che è tutto un’illusione. Io dico che è una splendida fottuta illusione che mi aiuta a vivere e che dà il senso alla mia vita, anche se non c’è solo la musica nella mia vita. Durante la pandemia ho sperimentato cosa significhi per me non avere nemmeno più quella illusione ed è uno stato che non voglio provare più.

5 – A livello di line-up ci sono stati dei cambiamenti negli anni. Come mai secondo te?
Questo fa parte sicuramente dell’aspetto negativo di questi venti anni anche se, fin dall’inizio, cambiare per me è stata un’esigenza per trovare persone con cui avere un obiettivo comune. Chiaramente non tutti hanno la stessa determinazione e motivazioni. Le ragioni per cui salutare qualcuno con cui hai condiviso tanti km o il sudore in sala prove sono le più disparate. Il primo batterista dei Circle of Witches, un amico, fu messo da parte perché con lui non avremmo potuto fare un salto in avanti e migliorarci come musicisti e band. Per lui era un passatempo per divertirsi, per me e il primo bassista invece era un progetto che volevamo far crescere. Poi ci sono le incomprensioni, la crescita caratteriale in direzioni divergenti, le ingerenze esterne, le aspettative frustrate, tutte cose che ad esempio hanno portato alla cacciata di altri due batteristi e l’uscita del primo bassista. Ma negli ultimi anni i motivi sono stati sempre legati a questioni lavorative. Gli ultimi 6-7 elementi che ho cambiato sono andati via perché avevano trovato un lavoro fisso al nord. Scherzando, credo che a breve potrei aprire un’agenzia di collocamento (LOL).

6 - Cosa spinge una band underground a continuare a suonare live, registrare dischi, e fare sacrifici anche quando tutto sembra remare contro?
Guarda… Quello che spinge me è l’horror vacui. Inutile girarci intorno. Ho iniziato a suonare perché in quella forma espressiva ho trovato la mia identità, il mio posto del mondo. Senza quello mi sento come uno straccio bagnato gettato a terra. Io non sono solo un “musicista” (o meglio un musicante, altrimenti i miei amici del conservatorio s’arrabbiano… LOL) ma anche un attivista per l’ambiente, un soccorritore del 118, uno studioso di comunicazione, un giornalista (almeno fino a un po’ di tempo fa). Tutte cose che ruotano intorno alla mia attività musicale che resta al centro della mia vita e la arricchiscono di esperienze. Durante la pandemia sono tornato a quel momento in cui la musica non c’era ancora nella mia vita, il silenzio. Un giorno forse tornerà ad essere così, se non altro per motivi di salute. Ma attualmente ritardo il più possibile quell’ora. Anche se portare avanti una band a volte, quando mi fermo a riflettere, è qualcosa che mi avvicina sempre più alla mancanza di serenità e accumulo di frustrazione. L’importante quindi è andare avanti senza rifletterci troppo e pianificare i prossimi live.

7 - Come componete un brano di solito?
Solitamente parto da un riff di chitarra o basso, ritornello e strofa, a cui associo subito una prima linea vocale. In seguito porto la bozza di brano in sala prove, una struttura composta dai riff principali, la strofa, il ritornello, lo special, che viene arrangiata insieme agli altri, si lima, si creano eventuali bridge, si cambiano e ottimizzano i riff, si registra in una qualche maniera e si ascolta per capire se funziona. Nel contempo mi faccio un’idea dell’arrangiamento vocale e della quantità sillabica, cioè quante parole e che ritmo posso dare al cantato, tenendo conto che nel contempo devo anche suonare. Alla stesura dei testi ci arrivo alla fine, quando la parte strumentale è bene o male conclusa. Per il nuovo materiale sto sperimentando un nuovo metodo, parto dai testi, vedo dove mi porteranno e che musica riusciranno a far emergere.

8 - Parliamo dei vostri testi.
Ecco, i testi. Da ascoltatore ho sempre prestato primaria attenzione alla musica e solo dopo al testo, focalizzandomi per primo sull’intenzione canora come elemento integrante della parte strumentale. Ascoltando metal in lingue a me sconosciute fra tedesco o polacco, greco, russo o giapponese, lingue scandinave e simili, è un’abitudine che ho maturato da molto tempo. Quando ho assimilato i brani, vado a leggere i testi o le loro traduzioni e mi ci immergo ad una profondità maggiore. Diverso è il discorso quando scrivo i testi per i miei brani. Ci dedico molta cura, cercando poi di registrare un cantato quanto più comprensibile possibile. I miei sono racconti, con un inizio, uno sviluppo e una conclusione che può essere definitiva o avere un finale aperto. Mi piace raccontare storie con un andamento coerente, che lascino visualizzare delle situazioni a chi voglia ascoltarli con attenzione o leggerli. Utilizzo diversi argomenti ai quali riesco a dare spesso più livelli di lettura dato che mi piace trasfigurare la realtà in qualcosa di altro, e adombrare dietro mostri o figure fantastiche qualcosa di riconoscibilmente reale. In questi testi parlo di magia, figure storiche famose o personaggi inventati, leggende e tradizioni locali, esperienze reali… Le fonti di ispirazione sono le più disparate. Generalmente, mi piace dare una certa unità tematica a quello che scrivo in un album, come se fosse una sorta di concept declinato in più canzoni. In Rock the Evil c’è la celebrazione della materia, del tangibile e l’elemento ricorrente era la terra. Natural Born Sinners invece ruota intorno al tema della rivolta, con la presentazione di diverse figure rivoluzionare da Lucifero a Giordano Bruno, Spartaco e Anton LaVey, le streghe e le vittime dell’inquisizione, mentre l’elemento naturale di riferimento è il fuoco. Sto lavorando da un po’ su del nuovo materiale sviluppando un vero concept album, almeno sul piano delle liriche. Vedremo se il prossimo capitolo dei Circle of Witches sarà un disco vero e proprio o una serie di singoli da rilasciare periodicamente.

9 - E' tutto Mario, concludi come vuoi questa intervista!
Ti ringrazio ancora per l’attenzione che hai rivolto alla mia band. Anche se ha quasi compiuto 20 anni di attività siamo sempre interessati a farci conoscere dagli appassionati di metal in Italia. Sempre più spesso concludo le interviste invitando i lettori a concentrarsi su poche e selezionate band per poter tributare loro il giusto sostegno invece di lasciarsi trasportare dall’ascolto di migliaia di gruppi. E’ come se una persona affamata fosse davanti a un ricchissimo buffet e leccasse una coscia di pollo, uno spaghetto o una fetta di pane senza però mordere nulla. Ha sicuramente avuto un’idea di tanti sapori ma non si è nutrito veramente di nessuna di quelle pietanze. Andate ai concerti dei gruppi underground che scegliete, sarà solo grazie ad un pubblico sempre più grande se i “nuovi Metallica” potranno emergere e sostituire i vecchi gruppi. Purtroppo c’è bisogno di un ricambio, prima di tutto nella platea e di conseguenza sui palchi, altrimenti i festival saranno noiose parate di gruppi che saranno arrivati lì solo grazie a streaming gonfiati senza avere un reale seguito di fan, ma solo degli ascoltatori seriali e bulimici.


Intervista a cura di Sergio Vinci

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