SAXON "Carpe Diem" (Recensione)
Full-length, Silver Lining Records
(2022)
C'era un tempo in cui potevo dire di essere in fissa per i Saxon, e per questo distinguermi da un bel po' di persone. Ovviamente la “fissa” riguardava sostanzialmente il periodo 1979-1985, grosso modo quello celebrato da Oliver e Dawson nella loro versione della band, messa su dopo aver abbandonato la nave madre. Aggiungo anche di aver particolarmente apprezzato persino il bistrattato (magnifica title track a parte) “Crusader”, a dispetto di tutto e tutti.
Ordunque, tutto quello che sapevo del periodo post-1990 si riduceva al video di “Dogs of War” e poco piĆ¹, fino all'arrivo di “Sacrifice” sul mio tavolo di recensore. Beh, a dispetto di tutte le critiche sulla presunta “germanizzazione” del sound e sugli influssi power divenuti preponderanti con il tempo, mi parve di avere davanti un disco sufficientemente sanguigno e onesto, come mamma Britannia insegna, denso del nero fumo di Rummidge e delle miniere teatro di varie lotte operaie. Ovvio, la corazzata saxoniana si ĆØ evoluta nel tempo, un po' come hanno fatto tutti i figli della gloriosa NWOBHM, e ne consegue che non ho piĆ¹ il privilegio di essere una mosca bianca nella venerazione di Quinn e soci, dato che la coerenza dimostrata nel corso dei decenni paga con il pubblico e persino con la critica. Che – va detto – non ĆØ mai stata cosƬ magnanima con i Nostri come ora, con dischi roboanti come “Battering Ram”, riflessioni sulle proprie origini come “Inspirations” e gradite incursioni solistiche di capitan Biff presso la “School of Hard Knocks”.
Eccoci dunque a “Carpe Diem”, ventitreesimo disco di inediti e ventiquattresimo contando il precedente “Inspirations”; certo, non tutto ciĆ² che si sussurra sulla germanizzazione dei crociati piĆ¹ famosi dell'HM ĆØ privo di fondamento, come dimostra l'opener omonima, che sembra quasi acceptiana nel suo incedere sferragliante, salvo riportare la rotta sulle bianche scogliere di Dover all'apparire dell'inconfondibile timbrica di Byford. Ecco, basta l'opener a capire che si tratterĆ di uno dei dischi su cui tornerĆ² piĆ¹ spesso in questo 2022, per quanto non sia neanche l'unico episodio degno di nota in un lotto di tutto rispetto. Proseguendo la narrazione troviamo “Age of Steam”, uno di quei pezzi che ci mostrano come i nostri beniamini siano in grado di narrare persino storie dal tocco “moderno” mantenendo quella dignitĆ e quel tocco oscuro tipicamente britannico, ed ĆØ questo che li distingue dalla massa cromata che li ha accompagnati nel corso della carriera.
Se poi amate come me il gioco degli accostamenti, “The Pilgrimage” fa proprio al caso vostro: la lancetta si assesta su sonoritĆ care a “Crusader” / “Innocence is no Excuse”, con i modelli di “Rockin' Again”, “Broken Heroes” ma anche della rocciosa title track del discusso album del 1984 che fanno capolino tra i riff. Soprattutto, si tratta di un episodio malinconico, che sembra richiamare Chaucer mentre guarda ai palchi madidi dell'East End londinese. L'inghilterra domina, diceva Adam Susan, ed ĆØ cosƬ che i tipici riff speedy con le chitarre doppiate tornano prepotentemente su “Dambusters”, una delle track piĆ¹ interessanti del lotto; per non parlare della convincente “Remember the Fallen”, che dimostra come il tocco saxoniano ben si adatti anche a un argomento di stretta e scottante attualitĆ come la pandemia; e il tutto ĆØ coronato da una visione amara del futuro, che lascia spazio a varie interpretazioni...
Certo, i momenti un po' incolori non mancano, dall'incedere incerto di “Lady in Gray” alla convenzionale “Black is the Night”, impreziosita comunque da un inatteso break blues/rock. Tuttavia, “Carpe Diem” ĆØ un album il cui ascolto si scrive da sĆ©: prevedibilmente, se amate certe sonoritĆ non potrete rimanere indifferenti a “All for One”, che a dispetto del titolo in stile Doro dispiega tutti i riffoni della tradizione NWOBHM, alla conclusiva “Living on the Limit”, su cui viene ancora una volta il dubbio del verso fatto agli Accept – solo per il titolo, perĆ², visto che si tratta di un episodio che piĆ¹ albionico non si puĆ². E infine, menzione particolare per uno di quei simboli dell'ennesima prova di freschezza e giovinezza da parte del quintetto, quella “Super Nova” che ĆØ quasi megadethiana, ma al contempo temprata dall'acciaio teutonico e dalla narrazione da vero bardo di Mr. Byford. Ć inutile, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Che avete capito, in questo caso il lupo sono io...
Francesco “schwarzfranz” Faniello
Voto: 82/100
1. Carpe Diem (Seize the Day)
2. Age of Steam
3. The Pilgrimage
4. Dambusters
5. Remember the Fallen
6. Super Nova
7. Lady in Gray
8. All for One
9. Black Is the Night
10. Living on the Limit
8. All for One
9. Black Is the Night
10. Living on the Limit
Paul Quinn Guitars
Biff Byford Vocals, Lyrics
Nigel Glockler Drums
Nibbs Carter Bass
Doug Scarratt Guitars
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