DUIR "T.S.N.R.I. - Impermanenza" (Recensione)
Full-length, Independent
(2022)
A quasi una decade di distanza dalla loro fondazione, i blackster veronesi Duir hanno da poco rilasciato il loro album di debutto "T.S.N.R.I. - Impermanenza", primo vero traguardo di un percorso iniziato nel lontano 2013 che ha visto uscire ad intervalli di quattro anni una demo e un EP; il sound proposto dal quintetto veneto si delinea attraverso la fusione di black metal atmosferico, folk e post-rock in un'amalgama di sonorità epiche e maestose ma al contempo dure che traghettano l'ascoltatore in un viaggio introspettivo tra i tormenti dell'esistenza, a cavallo tra sentimenti contrastanti ed emozioni travolgenti. L'album si compone di cinque inni comprensivi di intro che in trentacinque minuti di violenza e di solennità spaziano egregiamente tra malinconia, rabbia e disperazione, penetrando gli abissi più profondi dell'Io alla ricerca delle diabolche essenze che li abitano; la solitudine, intesa come rituale di ricerca introspettiva, è al centro delle liriche del lavoro, che per la prima volta nella breve discografia della band sono completamente in italiano, a donare all'opera una maggiore identità personale, carica di poetica misantropia.
"T.S.N.R.I", acronimo di "Tutto Scorre Niente Rimane Immobile", è una sorta di concept che tratta dei mutamenti della vita e dell'inevitabile progressione della mente, che col passare del tempo si vede costretta a negare l'illusione di Dio e a rinunciare ai sogni giovanili, ritrovando nella solitudine l'unico strumento di auto-conoscenza e di elevazione spirituale, nonchè di rifiuto della mediocrità dell'uomo comune e ricerca di una propria identità. A discapito di questo concetto (ritratto come allegoria nell'evoluzione darwiniana della copertina), la formazione è rimasta immutata nel tempo e ritrova il chitarrista Mirko Albanese, con lo pseudonimo di MK, come anima compositiva del lavoro, mentre a Thomas Zonato è di nuovo affidata la componente folk, espressa attraverso la cornamusa, la ghironda (cordofono a corde di origine medievale) e il low whistle (flauto a fischietto inglese); gli altri componenti sono Andrea Zanini al basso, Matteo Polinari alla batteria, Leonardo Cunico alla seconda chitarra e Giovanni De Francesco alla voce, a concludere una line-up in cui ogni singolo elemento svolge il proprio ruolo all'interno del wall of sound, contribuendo a definirne ogni singola sfumatura in un'estasi di armonia e sentimento che avvolge l'ascoltatore nella sua tela di turbamenti esistenziali e di struggente epicità.
L'album si schiude con la breve appendice ambient "Parerga", in cui la voce tragica e recitata di Giovanni anticipa il tema alla base del concept, per poi esplodere con la maestosità di "Essere Dio", brano in puro stile atmospheric black metal dalle travolgenti sfumature folk che narra della negazione di Dio e della presa di coscienza della falsità della promessa dell'Aldilà; il riffing melodico e serrato guida il brano attraverso le accelerazioni furiose e i rallentamenti ipnotici al confine col doom, fino all'intermezzo post-rock atmosferico che anticipa una seconda parte decisa e solenne, di rara maestosità. "Cenere di sogni", malinconica testimonianza della fine delle illusioni e della morte della speranza, si fa apprezzare per la sua lunga introduzione, un crescendo imponente dalla malinconia della sezione acustica di apertura all'assolo post-rock successivo fino all'accelerazione atmosferica centrale, conclusa da un assolo virtuoso e di pregevole fattura da parte di Mirko; un interludio sognante dai richiami folk epico e struggente apre una secona parte guidata dalla batteria forsennata di Matteo e da un riffing serrato e atmosferico, fino ad un finale in cui sonorità folk si uniscono al cantato in clean di Giovanni. La conclusiva "Solitudine" è il brano più lungo dell'album, oltre dieci minuti aperti dalla ferocia del blast-beat e da un riffing affilato, trascinato dalla cornamusa di Thomas verso atmosfere epiche e avvolgenti; un assolo delicato e struggente dai richiami post-black divide a metà la traccia, accompagnandola verso una ripresa dai forti richiami folk, in un crescendo maestoso tra riff malinconici, passaggi atmosferici e melodie solenni e tragiche che si fanno ambasciatrici di un'apologia della misantropica solitudine, unico stile di vita possibile per sfuggire all'ignoranza dell'uomo medio e ritagliarsi una propria strada nel mondo. "
T.S.N.R.I." è la prima vera opera dei Duir, che si ripresentano sulla scena con un debut album nel quale dimostrano tutta la loro capacità, qui espressa attraverso un sound ben definito e già incredibilmente maturo, unione di ferocia, di malinconia e di epicità, che potrebbe nel giro di poco tempo proiettarli tra le migliori band in circolazione di black metal atmosferico. L'unione degli strumenti appare nitida e perfettamente riuscita e il livello compositivo è alto, arricchito dalle armonie folkeggianti di Thomas che guidano buona parte del lavoro; l'auspicio è che i Duir possano trovare una maggior continuità a livello discografico e farci attendere un secondo atto meno di quanto abbiamo atteso il primo, evolvendo ulteriormente il loro sound in modo da tener fede alla loro filosofia del perenne mutamento, dell'impermanenza che alla base del concept dei loro album, nonchè espressione del loro pensiero lirico, stilistico e musicale.
Recensore: Alessandro Pineschi
Voto: 80/100
1. Parerga
2. Essere dio
3. Cenere di sogni
4. Sentieri non tracciati
5. Solitudine
Thomas Zonato - Bagpipes, Hurdy gurdy, Low whistle
Andrea Zanini - Bass
Matteo Polinari - Drums
Mirko Albanese - Guitars
Leonardo Cunico - Guitars
Giovanni De Francesco - Vocals
Bandcamp
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