OBSOLETE THEORY "Dawnfall" (Recensione)
Full-length, My Kingdom Music
(2021)
Alienazione e introspezione, percezione onirica della realtà materiale e delirio, nella sua forma più ossessiva e disturbante, rappresentano il fondamento della musica degli Obsolete Theory, band milanese nata una decina di anni fa dedita ad un blackened death metal di matrice post-doom, dalle variegate influenze e dalle molteplici sfumature. Il quintetto lombardo si presenta sulla scena estrema italiana nel 2012 con una demo di debutto dai forti richiami death'n'roll, prima di rivelarsi con le sue spiccate tendenze atmosferiche nell'eccellente album d'esordio "Mudness", del 2018, una perfetta fusione di ipnotico black/doom metal e malinconico post-rock dalle note epiche. A treo anni di distanza la band formata dai chitarristi OW_Raygon e Mordaul, dal cantante Daevil Wolfblood, dal bassista Bolthron (subentrato all'ex-Necroshine Kolaz) e dal batterista Sa'vaanth torna sulla scena con un secondo lavoro che prosegue il percorso evolutivo del suo predecessore, conducendo il gruppo verso nuove inesplorata frontiere musicali. "Dawnfall" è uscito lo scorso maggio sotto l'etichetta italiana "My Kingdom Music" e rappresenta un deciso passo avanti per gli Obsolete Theory, non necessariamente dal punto di vista qualitativo quanto da quello musicale, poichè si fa motore di tendenze sonore variegate che veicolano l'ascoltatore fuori dal mondo materiale, schiudendo frontiere ipnotiche e disturbanti verso una ricerca della sperimentazione mai eccessiva e pur sempre ricca di melodia, talvolta aggressiva e in altri frangenti riflessiva, quasi malinconica. Il secondo album in studio degli Obsolete Theory si compone di sei lunghe tracce per un totale di cinquantadue minuti di post-black metal innovativo e ricercato, contaminato dalle più disparate influenze sonore, assumendo le sembianze di un viaggio musicale di trascendenza e introspezione volto ad elevare l'anima dalla dimensione del reale e condurla Oltre, alla ricerca della divina perfezione.
L'ipnotico arpeggio acustico dalle sfumature alienanti che introduce la lunga opener "Night of Omen" (quasi dodici minuti di durata) apre il sipario dell'impossibile in un crescendo musicale che si evolve attraverso un sussurri e sospiri onirici verso un death/doom metal in cui risuona il gelido e cavernoso growl di Daevil, accompagnato dalle fredde e sinistre chitarre di Raygon e di Mordaul e da tastiere dai richiami ambientali; la seconda parte del brano si caratterizza per la ferocia del blast-beat di Sa'aanth e per le melodie blackened death dai contorni sperimentali che anticipano una serie di riff taglienti e affilati prima di un finale epico e maestoso, dai richiami post-metal. Assai più ipnotica è la successiva "The Vanished", perfetto esempio di death/doom metal dal riffing disturbante che progredisce nella furia del black metal e si conclude con il growl spaventoso in del vocalist; "Acherontia Atropos" si presenta con un lacerante blast-beat, per poi assumere sfumature atmosferiche alienanti dai sussurri spaventosi che divengono sognanti cori in clean vocals, prima della ripresa finale, scandendo nota dopo nota i tumulti di un viaggio mentale attraverso le variegate emozioni dell'animo umano, in un saliscendi di umori e sentimenti che non conosce tregua. I nove minuti e mezzo di "Ate" si aprono con un arpeggio lugubre e sinistro in un crescendo doom/death metal dalle armonie sperimentali in cui si fondono scream, growl e cantato in clean, trafitto da un brillante riff atmosferico prima di un intermezzo dai contorni sludge/doom; il brano prosegue lento e ossessivo tra la freddezza del doom/death e l'aura mistica delle sezioni acustiche, incontro ad un finale tragico e corale di rara epicità.
L'introduzione ambientale di "Onirica" viene spezzata dal blast-beat di un Sa'avaanth finora mai così martellante dietro le pelli, accompagnato da un riffing serrato e malinconico e dalla varietà canora di Raygon, che graffia con il suo spettrale scream e raggela con il suo catacombale growl, concedendosi sognanti passaggi in clean; tra rallentamenti atmosferici arricchiti dalla viola e dal violino di Ally Storch degli Haggard e dalla chitarra acustica di Davide Tavecchia ed accelerazioni senza tregua si giunge alla follia caotica di un finale aperto da un incalzante giro di basso di Bolthorn, ad anticipare la tragicità di un finale epico e maestoso, quanto mai travolgente. "Dawnfall" è un album perfettamente riuscito nel suo fondere sonorità opposte in un'unica avvolgente ricetta di melodia e aggressività, di tragicità e poesia, dando voce a tutte le numerose emozioni che turbano l'animo di colui che coraggiosamente si lascia andare all'introspezione, portandosi alla ricerca del proprio Io ed elevando il proprio spirito verso l'ignoto.
Il dominante death/doom sembra evocare le nostre sensazioni più occulte e drammatiche, scavando dentro i nostri sogni più spaventosi, per mutare nella rabbia del blackened death e di un riffing freddo e massiccio; le tastiere ci conducono verso il sogno, al di là del cosmo, e assopiscono la nostra mente dinanzi ai demoni interiori con cui combattiamo, di cui si odono gli spaventosi sospiri quando la voce di Rayon si fa indefinita e vaga, quasi sfuggente. Con questo nuovo lavoro gli Obsolete Theory sembravano aver intrapreso una strada verso la sperimentazione e la fusione dei generi, strumento di evocazione dei misteri orrorifici del cosmo e di trascendenza dell'anima, fino all'estasi dei sensi che conduce alla dimensione dell'immateriale Io Superiore.
Recensione di Alessandro Pineschi
Voto: 84/100
1. Night of Omen 11:53
2. The Vanished 09:25
3. Acherontia Atropos 06:34
4. Ate 09:25
5. Onirica 08:13
6. The Seal 06:45
DURATA TOTALE: 52:15
OW_Raygon: Guitars
Mordaul: Guitars
Daevil Wolfblood: Vocals
Bolthorn: Bass
Sa' Vaanth: Drums
Bandcamp
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