DAWN OF A DARK AGE "Le Forche Caudine: 321 a.C. - 2021 d.C." (Recensione)
Full-length, Antiq Records
(2021)
Il settimo album in studio in altrettanti anni di attività del progetto black metal sperimentale Dawn of a Dark Age, tra le realtà più interessanti e variegate del panorama italiano sorte nell'ultima decade, è un concept incentrato sulla clamorosa sconfitta subita dall'impero romano per mano dei sanniti durante la battaglia delle Forche Caudine del 321 a.C., nel corso della seconda guerra sannitica. La trappola tesa dalle truppe guidate da Gaio Ponzio nei pressi dell'antica localià di Caudio, oggi Montesarchio, è passata alla storia come esempio del coraggio e dell'astuzia dei popoli del sud, restii a rinunciare alla loro indipendenza in favore dell'impero, ma soprattutto per la vergognosa umiliazione del passaggio sotto ai gioghi ai quali i Romani furono sottoposti. La narrazione della vicenda in questo lavoro si svolge in otto scene suddivise in due atti per un totale di quasi quarantaminuti di black metal melodico, folk tradizionale, ampi passaggi jazz e parti recitate a componimento di un'opera maestosa e articolata, che conferma l'evoluzione musicale e tematica del progetto molisano, sempre più votato alla ricerca e alla sperimentazione.
Dawn of a Dark Age è la creazione del clarinettista e polistrumentista jazz Vittorio Sabelli, originario di Agnone (Isernia), sorta nel 2014 e tornata in attività dopo la momentanea chiusura avvenuta nel 2017, che aveva lasciato interrotta la saga tematica "The Six Elements" dopo cinque album in appena tre anni. Il progetto, che in passato aveva visto la partecipazione alle vocals di Lys degli Enisum, ha ripreso vita nel 2020 grazie all'arrivo del secondo membro fisso Emanuele Prandoni di Anamnesi, Progenie Terrestre Pura e Simulacro alla voce e alla batteria, con cui nello stesso anno era stato rilasciato "La Tavola Osca". Con il primo capitolo sulla storia sannita dedicato al trionfo delle Forche ha inizio una nuova saga, dai sapori ancor più complessi rispetto al passato, in cui il duo è accompagnato da una massiccia compagine di musicisti, a creare un wall of sound il più possibile completo e dalle molteplici sfumature armoniche: all'interno delle due lunghe tracce si intersecano brillantamente il clarinetto, le chitarre e il basso del founder, la zampogna di Geoffroy Dell'Aria, il mandoloncello di Hyver, il tamburello, la darabouka e il vibrafono di Marco Molino, il violino e la viola di Papolo Castellitto, il trombone, l'eufonio e le conchiglie di Antonio Bonanni, il trombone di Alessandro Tedesco e il contrabbasso di Graziano Brufani, in un'estasi musicale di chiara matrice tradizionalista che va a definire un concept album epico e travolgente in una fusione di generi che non si pone limiti.
Il lavoro si apre con la lunga introduzione orchestrale del primo atto, un crescendo di sette minuti che esordisce con la marcia delle truppe sannite accompagnate dagli ottoni alle tetre sinfonie delle tastiere di Sabelli, fino ad una sezione acustica in cui risuonano le atmosfere nordafricane della darabouka di Molino e che si evolve nel folk tradizionale guidato dal clarinetto del mastermind e dalla zampogna di Dell'Aria; il brano sfocia in un black/doom metal melodico su cui graffia lo scream teatrale dei Prandoni e riecheggiano maestose sinfonie intervallate a momenti acustici, fino ad un passaggio recitato con un sottofondo tradizionale alienante. Il costante crescendo dell'atto assume contorni soprendenti nel brillante assolo melodico dalle eco post-black che attraverso una maestosa progressione orchestrale conduce all'accelerazione black metal della seconda parte, guidata dalla batteria di Prandoni e del riffing tagliente di Sabelli; il finale è schiuso dalla tragicità delle tastiere e da una sezione narrativa acustica, in cui risuonano le sognanti armonie jazz degli ottoni. L'atto secondo è più diretto e si apre con un black/doom cupo dai richiami jazz guidato dallo scream di Prandoni, in veste di narratore della storia, che sfocia nel lungo assolo rockeggiante di Sabelli, di matrice progressive; segue un passaggio di ottoni e zampogna accompagnati da un crescendo pesante di batteria verso un'accelerazione melodica dal riffing epico e travolgente, a cui segue un feroce blast-beat dalle chitarre affilate. La seconda parte del brano si schiude con cori maestosi e passaggi narrativi, in un crescendo sinfonico dominato da clarinetto e fiati prima e da archi ed ottoni dopo, a rendere l'atmosfera cupa e logorante; si leva poi un coro folk tradizionale, prima di un finale in cui si fondono in un unico suono strumenti tradizionali, batteria e chitarra in una cavalcata di black metal melodico e assoli di clarinetto che si conclude in una veemente accelerazione al grido delle truppe "Onore e gloria", a raccontare l'esito felice della battaglia e l'atroce sconfitta dei Romani umiliati, in una delle pagine più gloriose dell'antica storia sannita.
"Le forche caudine" è un album che colloca i Dawn of a Dark Age in una nuova e ben strutturata dimensione, lontana dal black metal melodico delle origini e orientata più che mai all'avant-garde metal, nella sua forma più completa ed estrema. Non siamo semplicemente di fronte ad una maestosa opera musicale, ma ad un vero e proprio viaggio nella storia del nostro Paese; i due atti accompagnano l'ascoltatore nel loro crescendo epico e trionfale in ogni singolo episodio della battaglia, dell'accampamento dei soldati Sanniti a Calatia alla partenza verso l'Apulia e poi alla trappola disposta da Gaio Ponzio, alla resa dei Romani e alla sua indecisione riguardo alla loro sorte, fino all'umiliazione dei gioghi e al trionfo finale. Musica e parole, sinfonie ancestrali e sperimentazione, parti acustiche e accelerazioni black metal si fondono in un'unica tela musicale che narra la vicenda passo dopo passo, nella sua incessante cavalcata sonora. Sabelli ha qui forse trovato il vero significato della sua creazione e della sua idea musicale come fusione delle proprie radici tradizionali e della passione per l'extreme metal, in una elaborata ricetta dai mille sapori e dalle più sfrontate contaminazioni. Dawn of a Dark Age non è più, dunque, soltanto un progetto metal sperimentale ma un modo di concepire la musica e l'arte in genere come riflesso del proprio essere e delle proprie origini.
Alessandro Pineschi
Voto: 80/100
1. Le Forche Caudine - Atto I
2. Le Forche Caudine - Atto II
Line-up:
Vittorio Sabelli: Clarinet, Bass Clarinet, Guitars, Bass, Keyboards, Narration
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