MOROST "Forged Entropy" (Recensione)
Full-length, On Parole Productions
(2021)
Gli sloveni Morost sono al secondo lavoro e propongono un mix molto ben riuscito di death e black metal. La band si prende i suoi rischi con un album complesso, affatto banale, in cui lascia fluire la musica in modo libero, senza preoccuparsi della durata delle canzoni, ma provando a creare un mondo complesso, in cui atmosfere pesanti ed oscure si fondono a momenti più gotici (Protector Of Sanity), attraverso un riffing elaborato dentro strutture articolate, ma mai autoreferenziali. Già dall’iniziale “Beg” siamo travolti da una musica molto strutturata che si sviluppa in oltre nove minuti, un lungo viaggio infernale, con una voce dal growl graffiante che fornisce una buona prestazione, senza eccedere, ma comunque fornendo il giusto supporto alla musica.
La band gioca duro, sapendo che per emergere bisogna correre dei rischi, e gioca bene, trovando il giusto equilibrio musicale tra le sue parti. La buona produzione è un altro elemento che si contraddistingue in quest’album, in cui i suoni pesanti ed il mixing equilibrato permettono alla musica di essere ascoltata in modo ottimale. “Artificiale Time” con il suo riffing complesso e le sue atmosfere variegate e decadenti racchiude molto bene l’essenza della musica dei Morost, attraverso una musica che spazia in modo fluido da riffing prettamente death metal, come quello iniziale, ad accenni black per la cupezza di cui è intrisa. Il brano è uno dei momenti migliori offerti in Forget Entropy, ed è quello da cui consiglio di partire se siete curiosi di ascoltare quest’album. Ambientazioni dal sapore apocalittico vengono espresse in un brano come “Solace In Solitude”, anch’esso articolato, in cui il cuore centrale del brano è dettato da tempi lenti e sulfurei, in contrapposizione a momenti più propriamente ritmati, creando momenti davvero suggestivi, in cui la voce si inserisce perfettamente a dettare i tempi. Momenti cupi, in un brano puramente death metal sono gli elementi di “The Conundrum”, brano davvero pesante e ben costruito, in cui si evidenzia l’ottimo lavoro delle due asce, che al suono pesante riesce a fornire elementi stratificati grazie ai preziosi inserti solistici. “The Joy Of Pandemonial Ruination” scelto come singolo apripista, è un brano lungo e variegato, dai forti accenti black, un brano che mantenendo intatto il trademark della band, ci fornisce altre sfaccettature dello stile dei Morost, e si dimostra un ottimo biglietto da visita per chi volesse conoscere la band.
L’album si chiude con “Fat Shepherds” dalle atmosfere pesanti che molto deve a certa musica gotica, con le chitarre che ricamano trame armoniche molto interessanti. I Morost sono una band davvero interessante, che si presenta con una proposta complessa, affatto scontata, e dimostrano maturità compositiva unita ad ottime intuizioni. Non posso fare altro che promuovere a pieni voti Forget Entropy e consigliarvi l’ascolto.
John Preck
Voto: 78/100
1. Afterthought 02:08
2. Beg 09:31
3. Protector of Sanity 08:55
4. Artificial Time 07:44
5. Solace in Solitude 07:21
6. The Conundrum 05:17
7. The Joy of Pandemonial Ruination 08:04
8. Fat Shepherds 06:52
DURATA TOTALE: 55:52
Peter Frol: Guitars
Blaž Zupan: Guitars
Jonas Savšek Vocals
Blaž Maligoj: Bass
Jan Volkun Dobre: Drums
Bandcamp
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