BLACK RAPTUS "Cold Cases" (Recensione)
Full-length, Vacula Productions
(2021)
Dal comune pavese di Voghera arrivano i Black Raptus, quartetto nato nel 2018 dedito ad un black metal vecchia scuola, battezzato due anni fa con l'uscita dell'omonima demo di debutto e appena giunto al suo primo album in studio, "Cold Cases", rilasciato lo scorso marzo. Le sette tracce che compongono la release sviluppano abbastanza linearmente il concept della criminalità e della follia omicida, facendosi narratrici dei tumulti psichici di spietati serial killer, spesso legati ad una delirante idealizzazione satanica, fino a penetrare nell'ambito suggerito dal titolo della cronaca nera più efferata. È il caso di "Highway of Tears", ispirata alle oscure vicende dell'autostrada 16, in Canada, soprannominata "autostrada delle lacrime" in virtù delle decine di scomparse e uccisioni di ragazze che l'hanno interessata negli ultimi quarant'anni.
Musicalmente l'album si presenta come un manifesto di freddo e implacabile black metal old-school, caretterizzato da riff freddi e melodici e da feroci blast-beat, senza innovazioni nè capitoli particolarmente degni di nota; la band lombarda composta dal bassista Lifedestroyer, dal chitarrista Hvrvs, dal cantante Draugr e dal batterista Nazghoul si conferma nei trentacinque minuti scarsi di durata del lavoro ancora alla ricerca di un'identità propria, che renda quantomeno interessante l'ascolto di un album che sembra provenire direttamente dalla Norvegia di metà anni Novanta, non riuscendo tuttavia a replicare il livello di certi capolavori. L'album si apre con la raggelante introduzione ambient/drone di "Impure", che spalanca le porte del sanguinoso inferno dei quattro di Voghera risalendo verso uno spietato blast-beat in cui risuona cacofonica la batteria di Nazghoul e stride il riffing gelido e atmosferico di Hvrvs, sopra il feroce scream di Draugr, anticipando un intermezzo black/doom ipnotico dalle linee melodiche di chitarra; ancora meno lavorata è la già citata "Highway of Tears", caratterizzata per quasi tutta la sua durata da un blast-beat dai molteplici riff serrati che rallenta solo sul finale atmosferico.
La malinconica "A Beautiful Grave", dai richiami depressive, regala l'unica vera variazione della release, sviluppandosi dalla struggente introduzione acustica verso un oppressivo black/doom in cui lo scream di Draugr si fa profondo e cavernoso e il riffing di Hvrvs appare lento e struggente, prima della brutale accelerazione finale; la stessa atmosfera lenta e claustrofobica la troviamo nell'alternarsi tra disturbante black/doom e sfuriate di batteria di "Death Penalty", mentre in "Black Raptus" affiorano richiami finnici; chiude il concept la pregevole "Silent Enemy", lenta progressione dal mid-tempo iniziale al successivo blast-beat martellente, in cui spicca il basso di Lifedestroyer, fino al black/doom atmosferico conclusivo, dal riffing freddo e melodico, su cui risuonano in conclusione le sirene di un'ambulanza. "Cold Cases" è un album appartenente ad un'arcaica idea di black metal minimalista e crudo, che fa della rudezza del sound e di una produzione approssimativa e cacofonica il proprio marchio di fabbrica; la batteria di Nazghoul si fa notare per la sua quasi ininterrotta ferocia, mentre la chitarra di Hvrvs disegna armonie fredde e melodiche non particolarmente ricercate ma funzionali.
Del resto nulla di nuovo aggiunge questa release a quanto si era sentito già a metà degli anni Novanta in ambito black metal, epoca in cui perfino un lavoro di questo tipo sarebbe potuto sembrare ispirato; le atmosfere oscure e i passaggi rallentati contribuiscono quantomeno a interrompere la ferocia dei brani, tutti abbastanza simili tra loro, ma dal quartetto di Voghera è lecito aspettarsi di più in futuro.
Alessandro Pineschi
Voto: 68/100
1. Impure 04:44
2. Highway of Tears 04:28
3. A Beautiful Grave 05:06
4. Death Penalty 05:37
5. Black Raptus 03:53
6. Psycho God 05:14
7. Silent Enemy 05:23 ù
DURATA TOTALE: 34:25
Lifedestroyer: Bass
Nazghoul: Drums
Hvrvs: Guitars
Draugr: Vocals
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