CORVUS BLACK HOLE "Behind Human Veil" (Recensione)
EP, Join This Order
(2020)
Dalla Torino più oscura e sinistra, teatro di esasperazioni musicali del male più estremo, dell'orrore e della blasfemia, madre delle più aberranti creature che popolano l'underground estremo italiano, provengono i neonati Corvus Black Hole, duo dedito ad un death metal old-school privo di qualsivoglia raffinatezza e carico dell'essenza cacofonica e diabolica delle origini del genere, orientata alla mera espressione della crudezza dei suoi suoni distorti e dei suoi vomitevoli testi. Il progetto nasce nel 2019 dalla collaborazione tra due esponenti di altissimo livello del panorama estremo nostrano che rispondono ai nomi di Cardinale Italo Martire, chitarrista e cantante nonchè co-fondatore degli storici Black Flame, e Summum Algor, batterista degli Adversam e di una quantità assai rilevante di altre realtà sparse per il mondo; i due hanno dato vita alla loro nuova ed abissale creazione per sopperire all'appiattimento che nell'ultimo decennio si è riversato sul metal estremo, ormai spogliato della sua malsana e grezza aura originaria.
"Behind Human Veil" è il titolo dell'EP di debutto, uscito nel marzo del 2020 per l'etichetta italiana Join This Order, un lavoro bestiale e primitivo che intende farsi cavaliere di una rinascita del death metal nostrano, ripescando dal glorioso passato del genere quella schiettezza ormai perduta. Il lavoro è composto da cinque tracce comprensive di intro, per un totale di venti minuti di marciume, di violenza e di puro e incontaminato caos sonoro, espresso attraverso una produzione minimalista, investita dell'essenza malvagia e tenebrosa della vecchia scuola svedese. Il sound è bestiale, al limite della cacofonia, e la batteria di Summum Algor picchia duro scandendo i ritmi forsennati della release, raggiungendo velocità improbabili per talvolta rallentare fino a farsi lugubre e maligna, in una serie di vertiginosi cambi di tempo; le chitarre del Cardinale stridono cupe e sinistre, guidate dalla tecnica e dalla bravura del loro cocchiere, rincorrendosi in serpeggianti riff privi di virtuosismi e di una pulizia di cui non vi è traccia, senza tuttavia rinunciare alla melodia. Il cantato gutturale cavernoso è il sussurro disperato di un'anima in pena, traghettatore infernale degli abomini più reconditi dell'umana natura, che si inserisce con la sua essenza macabra e cavernosa all'interno di un sound che travolge l'ascoltatore minuto dopo minuto, fino a farlo rigettare sangue e sputare terrore.
Il lavoro si apre con il lugubre death/doom funereo dell'intro "They Will Come", per poi sprigionare tutta la sua violenza con "From the Cradle to the Grave", il cui feroce blast-beat è accompagnato dall'insano growl del Cardinale e da un riffing sinistro e cupo, che assume connotati thrash/death nel mid-tempo della seconda parte del brano per poi tramutarsi nel pregevole assolo tecnico che anticipa la furia del finale. "The Large Inceneritor" è ancora più brutale e cacofonica, guidata dall'aggressività della batteria di Summum Algor e caratterizzata da una serie di logoranti cambi di tempo in puro death metal style fino al tetro rallentamento doom centrale, scandito da una macabra melodia distorta, e al successivo assolo distorto che precede il blast-beat conclusivo. In chiusura troviamo il brano più lungo e il più ispirato della release, "A Cold Passion of Blood", aperto da un lento e sinistro riff in crescendo e da una batteria quasi funerea che sfocia in una bestiale accelerazione, condita con lugubri armonie di chitarra e con il growl profondissimo e malvagio del Cardinale; un breve assolo melodico anticipa una serie di improvvise accelerazioni e di folli rallentamenti, fino alla ripresa finale del lento e disturbante riff iniziale che accompagna l'ascoltatore verso la fine con una ritmica ipnotica e logorante, quasi surreale. "Behind Human Veil" non è niente di più che un buon lavoro death metal vecchia scuola, privo di intenti rivoluzionari e di coraggiose quanto fini a se stesse sperimentazioni, volto a macinare violenza e sporcizia come si era soliti fare un tempo in ambito metal estremo, prima che la ricerca di sonorità inedite e di contaminazioni avvelenasse l'anima del metallo pesante.
Le cinque tracce scorrono rapide ma non indolori, senza particolari picchi e con poche variazioni ma ricche della tecnica dei due componenti, ormai da molti anni protagonisti indiscussi della scena estrema nostrana. I Corvus Black Hole non intendono del resto essere niente di più che un tributo alla vecchia scuola del death metal, cacofonica, rozza e diabolica, e in questo sicuramente i due torinesi sono riusciti in pieno.
Alessandro Pineschi
Voto: 63/100
1. Intro: They Will Come
2. From the Cradle to the Grave
3. The Large Incinerator
4. Cryosleep
5. A Cold Passion of Blood
Bandcamp
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