FALHENA "Insaniam Convertunt" (Recensione)
Full-length, Hidden Marly Production
(2020)
Le camere più oscure e profonde dell'underground non smettono di partorire creature abissali che sembrano provenire da un altro tempo, cariche dell'odio e della nefandezza degli anni d'oro della musica più estrema e malata mai prodotta, di quel black metal marcio e spaventoso che ancora continua a seminare disordine negli inesplorati labirinti sotterranei della musica moderna, laddove raramente l'orecchio giunge limpido e inviolato. Da questo caos sonoro che trae le proprie radici dallo spirito malsano dei primi dannati anni Novanta provengono senza dubbio i piemontesi Falhena, band nata nel 2015 dalle ceneri degli Aivarim per volontà del batterista torinese Summum Algor, membro dei ben più noti Adversam ed ex componente dei Neferium, e del chitarrista e bassista cuneese Naedracth (ex-Eptagon), ai quali si è aggiunto nel 2019 il cantante degli Adversam Katharos. La ricetta proposta dai tre è un concentrato di violenza sonora sottoforma di black metal old-school di chiara ispirazione scandinava, ricco delle atmosfere oscure e cacofoniche del passato nonostante un'indubbia abilità tecnica e una forte presenza melodica nel riffing che ne hanno personalizzato lo stile.
"Insaniam Convertunt" è il primo album in studio della band, uscito nel maggio del 2020 sotto l'etichetta giapponese Hidden Marly Production, diabolico manifesto di insanità mentale, di disagio e di malvagità, nonchè fonte di pura angoscia e di terrore: in poco più di mezz'ora il lavoro riesce a rievocare brillantemente le cupe e tetre ombre della vecchia scuola, risultando disturbante nelle sue gelide note e disboloco nelle numerose accelerazioni, portatrici di assoluta distruzione. Le note psichedeliche del brano di apertura "Voices Are Whispering" spalancano uno scenario orrorifico di gelida oscurità, di nebbia e di morte, attraverso un crescendo in doom fino alla violenza sonora del blast-beat, su cui si scaglia lo scream gutturale di Katharos ed emerge il riffing serrato di Naedracth; un intermezzo acustico e lugubre anticipa un finale lento e tragico, in un'atmosfera opprimente nera come la notte. La rabbiosa "The Circle" si presenta con l'aggressività della batteria di Summum Algor, per poi intraprendere un percorso più macabro attraverso melodie sinistre al confine col doom e uno scream quasi disperato che si fa veicolo dell'istinto di vendetta narrato nelle sue liriche e di quel senso di odio e di rivalsa che ne è il principio ispiratore. A seguire troviamo il brano più lungo della release, "Mother Darkness", che con nei suoi sei minuti e mezzo di durata si evolve dal lugubre black/doom metal iniziale dal riffing tetro e disturbante alla ferocia del blast-beat, in cui le chitarre di Naedracth si fanno oscure e graffianti per poi aprirsi con una gelida armonia in puro stile old-school ad un finale tragico e funereo, governato da un'aura quanto mai tenebrosa.
"Memories" si presenta con un riff in puro stile thrash/death, ad anticipare la veemenza di un'accelerazione scandita da chitarre melodiche e taglienti fino ad un intermezzo post-rock acustico, su cui si alza un gelido riff heavy/doom; la ripresa finale, annunciata da uno spaventoso urlo di Katharos, è guidata dalla ferocia della batteria di Summum Algor e dalle gelide chitarre di Naedracth, in netto contasto con uno scream disperato che parla di dolore, di rassegnazione e di lancinante malinconia. Il finale dell'album, successivo al disturbante ambient/noise di "Zombification", è affidato all'aggressività di "Ritorneremo", dedica patriottica ad un Italia lontana ma sempre presente nel cuore, in un teatro di guerra dai contorni spaventosi: una breve e malinconica introduzione acustica spalanca una furia senza tregua, in cui chitarre taglienti, uno scream tragico e una batteria veemente disegnano un'atmosfera cupa carica di ferocia, che assume contorni epici e drammatici nello strepitoso finale, caratterizzato da un riffing oscuro e atmosferico e dalle urla disperate e malate del vocalist. "Insaniam Convertunt" è un album di pregevole fattura per essere un debutto, figlio della lunga esperienza maturata nel corso degli anni dai tre piemontesi, che si sono presentati sulla scena con questo inedito progetto non certo da sprovveduti bensì da veterani che hanno vissuto in pieno l'epoca di splendore del black metal di cui continuano a farsi portavoce. Nonostante un sound abbastanza basilare e forse troppo ancorato ai tempi che furono, a quelle band scandinave che di questo genere hanno scritto la storia, il lavoro risulta intrigante per quell'atmosfera claustrofobica che è presente in ogni sua nota, che talvolta tende quasi all'avant-garde dei primi Master's Hammer o al black-doom dei vecchi Samael, collocandosi nello stile agli ultimi residui della prima ondata; la sua essenza arcaica e minimalista non influisce tuttavia sulla componente tecnica, arricchita anche da una buona produzione nonostante un suono di batteria forse troppo sporco e invasivo.
I Falhena si presentano sulla scena black metal nostrana con un'opera nera e malvagia che può mancare di originalità ma non certo di coraggio, poichè è tanto più difficile al giorno d'oggi risultare credibili e farsi notare proponendo qualcosa di vecchio e usurato piuttosto che inserire le più variegate raffinatezze solo per creare qualcosa di nuovo, spesso fine a se stesso. La nera fiamma della vecchia scuola è ancora viva grazie a band come i Falhena, ancora danzante nell'oscurità dell'animo umano, inviolata nel tempo e pronta più che mai ad ardere nei cuori dei suoi fedeli e incorruttibili ambasciatori, rifulgendo nella più nera tenebra come la pallida luce di una luna piena.
Alessandro Pineschi
Voto: 75/100
1. Voices Are Whispering
2. The Cirlce
3. Mother Darkness
4. Memories
5. Insaniam Convertunt
6. Zombification
7. Ritorneremo
Hidden Marly Production @ Bandcamp
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