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ENISUM "Arpitanian Lands" (Recensione)


Full-length, Dusktone
(2015)

Le incontaminate foreste, lo scrosciante fluire dei limpidi torrenti, le innevate vette alpine e i verdi panorami montani dell'Arpitania sono il teatro raccontato dai piemontesi Enisum, band della Val di Susa fondata da Lys nel 2006 e divenuta ormai una delle formazioni black metal nostrane più apprezzate degli ultimi anni. Siamo nell'estremo nord-ovest dell'Italia, ai piedi delle Alpi occidentali, in territori selvaggi e inviolati che si aprono ad incantevoli lidi ove giganteschi alberi risalgono dalle pendici delle più alte montagne, ergendosi imponenti sopra un letto di laghi e di cascate, di prati avvolti nel silenzio e nella desolazione in cui riscoprire il proprio Io e nella solitudine ritrovare ciò che si è perso di sè nel marasma della quotidianetà. Il progetto, la cui denominazione altro non è che il monte Musinè trascritto al rovescio, si fa portavoce della narrazione dei territori che fungono da ispirazione per i suoi testi e le sue musiche, avvolte in atmosfere maestose finalizzate a trasportare l'anima dell'ascoltatore in un viaggio spirituale attraverso quei luoghi, in un connubio di post-black metal e ambient che eleva lo spirito e ad un tempo rassicura e rattrista. "Arpitanian Lands", pubblicato nel 2015 sotto l'italiana Dusktone, è il secondo album in studio degli Enisum ed acclamato successore del debutto "Samoth Nara", primo lavoro con la formazione a tre con Lys, il bassista Leynir e la cantante aggiuntiva Epheliin seguìto ad una serie di demo rilasciate come one-man band tra il 2006 e il 2014: l'album è un inno alla natura in tutte le sue forme, da quella floreale a quella faunistica, ma anche un viaggio spirituale e introspettivo che nei suoi oltre sessanta minuti di durata ridesta sensazioni contrastanti ed avvolgenti, facendosi motore delle emozioni più intime dell'animo umano, che risiedono in quei rifugi cari ad ognuno di noi ove poter liberare l'anima dai turbamenti, chiudere gli occhi, e fuggire oltre il tempo e lo spazio. L'album vede l'ingresso in formazione del batterista Dead Soul e rappresenta il vero punto di svolta nella discografia della band, che abbandona in parte le atmosfere sognanti e coinvolgenti dell'ambient black metal degli esordi per intraprendere un percorso evolutivo verso un sound più duro e diretto, figlio di una line-up finalmente completa e pronta per partorire un wall of sound maturo e definito, senza tuttavia rinunciare alla melodia come strumento di quiete tra una sfuriata e l'altra volta a risvegliare le emozioni più intense del suo viaggio musicale e spirituale.

Il lavoro si apre con la maestosa title-track, introdotta da una lunga e travolgente sezione post-rock in cui al breve incipit ambientale fa sèguito una delicata e sognante melodia di chitarra acustica carica di atmosfera su cui si erge la soave voce di Epheliin, ad anticipare la coinvolgente cavalcata musicale guidata dalla batteria di Dead Soul e dal progressivo crescendo della chitarra acustica di Lys e sormontata dai cori epici e maestosi della cantante e da una linea di basso di Leynir pulita e incalzante; nella seconda parte del brano l'atmosfera cambia completamente ed esplode la ferocia di una batteria spinta a velocità disarmanti, accompagnata da un oscuro riffing di chitarra atmosferico e dal lancinante scream di Lys, mentre nel successivo rallentamento si rinnova l'atmosfera sognante fino al delicato passaggio post-rock ambientale che anticipa il crescendo finale, inno urlato alle terre arpitane a cui è dedicato l'album. Dopo la ben più feroce "Alpine Peaks", in cui la batteria di Dead Soul picchia duro dall'inizio rallentando solo in occasione del passaggio atmosferico che anticipa la risalita fino al cupo refrain, cavalcando melodie maestose tra un'accelerazione veemente e un mid-tempo in contenimento, troviamo la struggente "Chiusella's Waters", che fluisce limpida e delicata come le quiete acque che la ispirano, evolvendosi dall'introduzione semi-acustica e dal brillante assolo melodico successivo fino alla sezione cantata in pulito, in cui duettano in modo sognante voce maschile e voce femminile; esplode poi la violenza del blast-beat e dello scream lancinante del frontman, che rinnovano l'atmosfera aggressiva della traccia precedente. "Rociamlon", dedicata al monte Rocciamelone, è il brano più lungo della release e cavalca stupendamente tra cambi di tempo e di variazioni di intensità, passando dalla ferocia iniziale al mid-tempo atmosferico successivo, poi da una breve sezione post-doom alla violenza del blast-beat del refrain, finendo con un rallentamento dai richiami epici e maestosi. L'apice del lavoro è però rappresentato probabilmente dalle due tracce che seguono, la prima delle quali è la malinconica "Fauna's Soul" che si fa portavoce di una denuncia etica e morale alla crudeltà con cui gli esseri umani trattano gli animali e la natura in generale; il brano si apre con un delicato arpeggio acustico in crescendo accompagnato da soavi cori malinconici che rinnovano il duetto tra il clean di Lys e quello di Epheliin, prima che l'ingresso dello scream del fondatore del progetto anticipi la furia epica e coinvolgente della seconda parte, caratterizzata da chitarre atmosferiche che rappresentano senza dubbio uno dei punti più alti della release. "The Place Where You Died", dedica di Lys al padre scomparso, è il brano che non ti aspetti e che in prossimità della conclusione dell'album spalanca scenari puramente post-metal malinconici e di altissima intensità, nonchè estremamente travolgenti: una chitarra acustica atmosferica e sognante guida la struggente apertura del pezzo, prima di un'esplosione di batteria e chitarre dai richiami epici in cui lo scream di Lys si fa disperato, seguìta da una veemente accelerazione in blast beat dal riffing gelido e serrato. Il brano poi rallenta e risveglia atmosfere malinconiche e maestose, giungendo a un intermezzo acustico post-rock che risale fino al toccante e inaspettato refrain, cantato in clean da un Lys quanto mai coinvolto, che si ripete in chiusura donando al pezzo una marcata essenza onirica. L'album si chiude con la delicata "Sunset on my Path", introdotta da un raffinato post-rock acustico su cui si scagliano la furia della batteria di Dead Soul e lo scream di Lys, ad anticipare il coinvolgente ritornello di Epheliin, malinconico e struggente.

"Arpitanian Lands" non è solo uno degli album blalck metal italiani più brillanti degli ultimi anni, ma è un viaggio epico e maestoso in luoghi ove la natura regna sovrana, lontano dal disordine delle città e dal caos del regno degli uomini, tra il magico e incantevole silenzio delle origini e il suono dei fiumi che scorrono, del vento che s'insinua tra le chiome degli alberi e i versi di animali liberi e danzanti: è un album attraverso cui fuggire dalle preoccupazioni e in cui nascondersi per una breve ma intensa ora di melodia e di aggressività, di malinconia e di liberazione, ove affogare i pensieri e nutrire l'animo della pura e incontaminata essenza della più selvaggia e inviolata natura.

Alessandro Pineschi
Voto: 88/100

Tracklist:
1. Arpitanian Lands
2. Alpine Peaks
3. Chiusella's Waters
4. Mountain's Spirit
5. Rociamlon
6. Fauna's Souls
7. The Place Where You Died
8. Desperate Souls
9. Sunsets on My Path

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