Intervista: ANNO MUNDI
Dei capitolini Anno Mundi ci siamo già occupati più volte, recensendo i loro precedenti album (CLOISTER GRAVEYARD IN THE SNOW e ROCK IN A DANGER ZONE) e, più recentemente, la loro ultima fatica discografica, LAND OF LEGENDS, uscita per la genovese Black Widow, top album sulle nostre pagine. Abbiamo contattato Gianluca Livi per farci raccontare più nel dettaglio il nuovo lavoro.
01 - Land of Legends è il vostro quarto album in studio. Credete che questo sia il lavoro della maturità per gli Anno Mundi?
È sicuramente l'album che, più dei precedenti, esprime molteplici direzioni sonore. Fin dagli esordi, il gruppo ha manifestato un'attitudine piuttosto dura, segnatamente di stampo sabbathiano, anche grazie al sound del nostro chitarrista, Alessio Secondini Morelli, devoto alla lezione del grande Tony Iommi. In questo album, la matrice progressiva, che prima era latente, è letteralmente esplosa. Le rare incursioni folk, psych e blues, infine, hanno dato vita ad una commistione piuttosto inusuale che pare essere molto apprezzata sia dai fruitori di musica, sia dalla critica specializzata.
02 – Come si è evoluto il suono della band?
Io non parlerei di evoluzione, quanto piuttosto di nuova direzione. Voglio dire: non è che prima di questo album, il sound era involuto, era semplicemente più proteso verso la compagine dura anche se non mancavano altre influenze (l'ambient di "Cloister Graveyard In The Snow" e "Dark Matter: Nibiru's Orbit", il sax coltrainiano in “Gallifreyan's Suite”, l'approccio quasi celtico in "Dawn"). Nel nuovo album, lo spettro sonoro si è esteso, abbracciando il prog di "Hyperborea", la ballata acustica di "Dark Energy", le sovrastrutture blues, psych e prog di "Hyperway To Knowhere". Devo dire che, in generale, la critica specializzata si è approcciata a questa nuova direzione con molto interesse e anche la qualificazione del genere ci appare appropriata, ad esempio con termini come “hard prog”, da te utilizzato nella tua recensione. Nessuno se ne è uscito con “prog metal”, per fortuna, che avrebbe descritto una compagine alla quale non ci sentiamo di appartenere. E, finalmente, la parola “doom” non ricorre più come un tempo (altra qualificazione che a me va un po' stretta).
03 – Cosa avete acquisito strada facendo? E cosa avete perso?
Direi che, con riferimento all'organico, abbiamo acquisito un'identità, perdendo, finalmente, una certa frammentarietà. In passato, l'incapacità di definire un organico esteso rappresentava un limite, giacchè la band era di fatto un duo che si avvaleva dell'apporto di musicisti aggiunti. Quasi tutti i gruppi vedono variare i propri organici ma, un conto è operare come un duo, altra cosa è il gruppo, pur caratterizzato da cambi di formazione, che pure noi stiamo avendo. È proprio un modo diverso di affrontare l'organizzazione delle varie attività.
04 – Ho sentito nelle vostre composizioni un duplice modo di comporre. E’ evidente l’anima live, in quei lunghi momenti figli dell’improvvisazione. Allo stesso tempo si sentono che molte parti sono state scritte prima di improvvisare. Tutto questo si può racchiudere in un brano incredibile come “Hyperborea”. E’ questo il modo in cui componete la vostra musica?
Quando “Land Of Legends” fu composto, la band era ancora un duo, quindi tutti i brani erano nati da idee proposte e sviluppate da me e da Alessio. Ci riunivamo in studio e jammavamo, soltanto noi due, arricchendo le proposte di ciascuno con suggerimenti, intuizioni, innesti vari. In generale, ogni brano rimaneva accreditato a colui che aveva suggerito l'idea iniziale. Il successivo ingresso del tastierista Mattia Liberati e del cantante Federico Giuntoli ha permesso di arricchire questi brani anche con loro contributi (alle musiche o agli arrangiamenti il primo, ai testi il secondo). Fanno eccezione due brani: "Hyperway To Knowhere" parte certamente da un mia idea che, tuttavia, è stata completamente stravolta e rielaborata da Mattia, tanto che il brano risulta prevalentemente di sua composizione; "Tribute To Erich Zann", presente nel precedente album, è un breve intermezzo interamente composto da Mattia e Flavio Gonnellini, in origine pensato per "Warm Spaced Blue", secondo album degli Ingranaggi Della Valle, di cui loro due sono stati i fondatori e le menti creative.
05 – Tornando ad “Hyperborea”...
In origine fu pensato come breve intermezzo acustico ma fu ben presto chiaro che meritava sviluppi sinfonici piuttosto articolati. Io continuavo ad avere in mente “Rendezvous 6.02” degli UK, “Lucky Man” degli ELP, “Impressioni di Settembre” della PFM. Questo brano sarebbe stato impossibile da sviluppare in passato perchè gli Anno Mundi erano in origine privi di tastierista. La presenza di Mattia Liberati ha permesso di concretizzare un crescendo suggestivo che richiamava concettualmente i brani appena citati. Hanno poi fatto seguito alcune decisioni piuttosto fortunate: la scelta di far suonare al violino ciò che inizialmente era previsto per la voce si è rivelata azzeccata così come la decisione di aprire il terzo movimento con lo stesso fill di batteria che chiudeva il primo e che veniva proposto ad libitum per tutta la durata del secondo. Tutto ciò ha permesso di generare una parte sperimentale la cui melodia portante è stata cantata da due voci bianche (i miei due figli Alessio ed Emanuele) alla quale hanno fatto seguito contesti tipicamente sabbathiani. La band è rimasta affascinata dal contrasto generato dalla successione di sonorità idilliache, cacofoniche e aggressive. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l'apporto di musicisti straordinari come Alessandro Milana (violinista di formazione squisitamente classica che ha dimostrato grandissima versatilità) e Renato Gasperini (leader dello storico complesso prog Agorà).
06 – Con "Land of Legends" possiamo parlare di concept album? Quali sono le tematiche presenti?
Direi di no, giacché ogni brano tratta argomenti diversi: la compagine fantasy di "Hyperborea", le connessioni epico-mitologiche di "Female Revenge", i temi apocalittici di "Dark Energy" e quelli ecologici di "Twisted World's End".
07 – Mi ha colpito l’eterogeneità della vostra proposta. Ogni canzone vive di luce propria ed ha caratteristiche che la differenziano dalle altre canzoni. Ad esempio, cosa volevate rappresentare con il lungo viaggio di “Hyperway to Nowhere”?
G.L. - È curioso che una webzine che si chiama Heavy Metal Maniac mostri interesse verso i brani prog del disco e non verso quelli heavy.
J.P. - Credo che in Land of Legends gli elementi cosiddetti prog siano quelli che meglio escono fuori dal vostro sound, l’elemento che più mi ha colpito e che più vi contraddistingue in questo lavoro
G. L. - Come detto, “Hyperway to Nowhere” nasce da un motivo iniziale che era stato concepito come riff piuttosto granitico, poi stravolto da Mattia, tanto da prendere vita propria. Lui ha fatto sparire il riff alla chitarra elettrica, lasciando il posto a tastiere di stampo magnetico. Quando ho sentito la nuova direzione, ho suggerito di evocare il surrealismo onirico di un brano come "No Quarter" dei Led Zeppelin. Tuttavia, l'estro creativo di Mattia ha spinto il brano in direzioni ancora più inaspettate. Io mi sono limitato poi ad inserire un breve intermezzo acustico nella parte centrale e a suggerire il “duello” tra le chitarre di Alessio e di Flavio, diversissime tra loro, influenzate rispettivamente da Tony Iommi e Allan Holdsowrth.
08 – Come siete approdati alla Black Widow?
L'interesse della Black Widow per gli Anno Mundi nasce fin dal primo album. Quando lo autoproducemmo in una tiratura limitata di 100 copie, la label genovese si mostrò molto interessata a pubblicarne una versione extended. Tuttavia, approdammo poi alla BTF/EarShock, che effettivamente stampò la versione in cd con bonus tracks (poi confluite nell'ep in vinile "Window In Time"). Il cordone ombelicale con la Black Widow, però, non è mai stato reciso e, anche grazie ai consigli di vari “addetti ai lavori”, la collaborazione è divenuta poi realtà.
09 – Quando si poteva ancora suonare live, come affrontavate il pubblico? Che tipo di spettacolo mettevate in piedi? Ed oggi, quanto vi manca l’aspetto live?
Mi manca poco, l'aspetto live. Io non so come funzionino le cose in altre città ma a Roma è un disastro. I concerti vengono generalmente (male) organizzati dai locali al solo scopo di vendere bevande e cibi ed in tal senso si mette in piedi un meccanismo che vede più gruppi locali "aprire" per una band più famosa cosicchè il biglietto lo pagano interamente gli amici dei complessi locali. Questi ultimi, peraltro, non vedono un centesimo di quello che viene corrisposto. Non parliamo delle modalità esecutive: una volta ci capitò di suonare di spalla ad un gruppo norvegese e l'accordo prevedeva di suonare alle 21:30 ma, giunti sul posto, l'orario fu anticipato di mezz'ora con un preavviso irrisorio. La morale fu che il nostro pubblico, ovviamente pagante, arrivò quando noi avevamo appena finito di suonare.
10 – Come state vivendo questa pandemia? Cosa credete che cambierà nella nostra società quando tutto sarà finito?
Direi che, al momento, qualsiasi pronostico potrebbe essere inappropriato. Ero convinto che la pandemia sarebbe durata pochi mesi, invece, dopo quasi un anno, siamo al punto di partenza. Dovremmo aggiornarci dopo che il vaccino avrà fatto il suo dovere.
11 – State già lavorando al nuovo materiale? E se si, quanto questo periodo storico sta influenzando le vostre nuove composizioni?
Nel pieno del lockdown avevamo in mente di pubblicare un album di cover di brani pop, folk o prog, rivisti in chiave hard. Tuttavia, già prima della pubblicazione dell'album, il bassista (Flavio) si era trasferito all'estero mentre, nel pieno del lockdown, il cantante (Federico) ci aveva comunicato di essere in procinto di indirizzarsi verso altri progetti. Quindi, al momento, il gruppo è alla ricerca di un bassista e di un cantante e la pianificazione di ogni altro progetto appare prematura. Il lockdown impedisce di provinare nuovi membri, non potendo suonare in sala prove.
12 – A te l’ultima parola…
Vi ringrazio caldamente per il vostro interesse. Auspico che la recensione del nostro album e questa intervista possano trovare spazio anche nella vostra interessante versione cartacea, cosi come successo in passato. Per questioni anagrafiche, gli Anno Mundi amano il vintage, ed è questo il motivo per cui sono apprezzate anche recensioni sulla carta stampata, anche se garantiscono meno visibilità di quelle on-line: in tal senso, devo dire che Heavy Metal Maniac propone la soluzione ideale: il medesimo prodotto in due versioni differenti, la digitale e la cartacea. Un'ottima cosa. Grazie ancora per i vostri sforzi e la vostra passione.
Intervista a cura di John Preck
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