MOTORHEAD "Overkill" (Recensione)
Full-length, Bronze Records
(1979)
C'è una costante nel gergo del giornalismo specializzato, quando si parla di grandi gruppi: il fatto che il terzo album sia quello decisivo, e spesso il migliore della discografia. Beh, si tratta di un punto di vista opinabile ma spesso abbastanza veritiero, soprattutto in ambito HM a partire dagli anni '80, come testimoniano titoli quali “The Number of the Beast”, “Master of Puppets” o “Reign in Blood”. Poi magari salta fuori quello che dei Maiden predilige i dischi con Di'Anno o magari la fase proto/prog di fine anni '80, oltre al sempiterno amante della veracia di “Ride the Lightning”, e il discorso cade.
Dicevamo degli anni '80, quindi non so davvero come questa categoria sia applicabile ai Motorhead, una band pioneristica per natura, nonché autrice della sua triade d'oro tra '79 e '80, e infine allergica alla definizione di vicinanza al “metal”, nonostante l'immensa influenza esercitata sul genere. Tra l'altro, “Overkill” non è neanche il terzo album ufficiale della band, poiché generalmente “On Parole” fa caso a sé, perciò i presupposti di questo discorso cadono in partenza.
Eppure, il follow-up dell'omonimo disco del 1977 esercita davvero quel fascino particolare che magari non appartiene alla categorizzazione di cui sopra, ma che ha convinto vari esponenti della nascente NWOBHM a premere sull'acceleratore o magari tanti futuri thrashers e deathsters a partire proprio lì dove il trio fatidico aveva alzato l'asticella. E quest'asticella prende non a caso le sembianze della roboante title-track, un vero e proprio assalto al fulmicotone che vede protagonista la doppia cassa di Philty “Animal” Taylor, fatto assolutamente inusuale per quell'epoca. Pensate: una formula che sarebbe diventata la prassi comune nello speed e nel power metal, qui scevra di qualsiasi di quegli intenti melodici che poi avrebbe assunto negli anni, con il proliferare dei vari batteristi “a elicottero”.
Ecco, solo il pezzo “Overkill” meriterebbe un articolo a sé, tanta è l'importanza rivestita nell'evoluzione di un certo sound; tuttavia, il disco non è solo quello, anzi: la sola presenza di “No Class”, “Stay Clean” (con assolo di basso!) e “Damage Case” fa da degno contraltare alla magnifica title-track, per non parlare dell'autocelebrativa “Capricorn” e di “Metropolis”, vero e proprio blocco di cemento che sarebbe stata perfetta soundtrack di un ipotetico trailer dell'omonimo film di Fritz Lang. Inoltre, i tre marchiano a fuoco anche gli episodi più r'n'r come “(I won't) Pay Your Price” e “Tear Ya Down”, definiti minori secondo la vulgata ma perfettamente funzionali all'andamento del disco; infine, occhio alle b-side che affollano le varie ristampe, perché è facile ritrovarsi in tracklist un classico come “Too Late, Too Late” (all'epoca b-side del singolo della title-track) nonché “Louie Louie”, il classico dei Sixties che farà bella mostra di sé anche sulla futura raccolta “No Remorse”. Imprescindibile.
Francesco “schwarzfranz” Faniello
Voto: 92/100
1. Overkill
2. Stay Clean
3. (I Won't) Pay Your Price
4. I'll Be Your Sister
5. Capricorn
6. No Class
7. Damage Case
8. Tear Ya Down
9. Metropolis
10. Limb from Limb
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