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HOUR OF PENANCE "Cast the First Stone" (Recensione)


Full-lenght, Prosthetic Records, 
(2017)

Nome ormai consolidato nella fiorente scena death europea, i capitolini Hour of Penance di strada, e di gavetta, na hanno fatta davvero tanta. Dai primi concerti nei piccoli club del centro Italia (cui mi fregio di aver assistito, e supportato) ai tour da spalla a nomi del calibro di Cannibal Corpse, Nile o Deicide il passo è stato breve, ma neanche troppo....Da sempre maestri del verbo brutal death di quello più intransigente, i laziali hanno saputo evolversi e raggiungere la maturità artistica in lavori del calibro di "Paradogma" e "Sedition" che ne hanno definitivamente diffuso il verbo anche al di fuori della scena italiana.

"Cast the First Stone" rappresenta dunque il settimo sigillo della band capitolina, un album che in appena 34 minuti è in grado di riscattare il predecessore "Regicide" (discreto ma nulla più) riportandoci verso le coordinate ben più note del passato. Il tutto senza snaturare il naturale percorso evolutivo che fanno oggi degli Hour of Penance una band capace di brillare di luce propria. Una vena artistica evidentemente ispirata che permette a Moschini e soci di svariare all'interno di un genere che pur rimanendo ancorato ai canoni stilistici tipici riesce ad inserire anche evidenti sprazzi di melodia senza per questo risultare "svedesi" o troppo fini a sè stessi. Un lavoro che parte subito senza mezzi termini con la diretta e concisa "XXI Century Imperial Crusade" brano al 100% brutal, velocissimo, affilato e tagliente come la lama di un coltello. Il classico pezzo che ogni appassionato del death metal, di quello più classico, sia aspetterebbe dalla band.

Ma è solo l'inizio perchè già la seguente title-track introduce un interessante variazione al tema con i ritmi che subiscono un leggero rallentamento all'interno di una song costruita intorno ad un giro chitarristico di stampo più melodico sferzato da ripartenze improvvise e brutali. "Burning Bright" si attesta sempre su atmosfere massicce, su una sorta di potenza controllata ma pronta ad esplodere: qui non c'è spazio per aperture melodiche si sorta, ed il quartetto romano colpisce duro al punto pur tenendo più bassi i ritmi. Una caratteristica questa piuttosto comune anche sui pezzi seguenti come nella splendida "Iron Fist". Ritmi che tuttavia tornano vertiginosi in pezzi come "Shroud of Ashes" in cui non può non far capolino in certi frangenti un certo appeal alla Deicide mentre l'accoppiata finale composta dall'ottima "Wall of Cohorts" e dall'evocativa "Damnatio Memoriae" con un massiccio inserto tastieristico di fondo, chiudono il cerchio su un album che sa farsi ascoltare e soprattutto valere. Un album da avere, di una delle band più valide dell'attuale panorama metal tricolore.

Recensione a cura di Luca Di Simone
Voto: 75/100

Tracklist:
1. XXI Century Imperial Crusade
2. Cast the First Stone
3. Burning Bright
4. Iron Fist
5. The Chains of Misdeed
6. Horn of Flies
7. Shroud of Ashes
8. Wall of Cohorts
9. Damnatio Memoriae

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