Piccoli affreschi di sangue putrescente: ADRAGARD (Intervista)
Affascinati dal suono cupo e misterioso degli Adragard, incuriositi da personaggi misteriosi come il cantante Lord Adragard, siamo andati a cercarli tra le catene montuose del Gran Sasso per farci raccontare la genesi dell’album "True Funeral Shadows".
01 – Per prima cosa vorrei chiedere, quali sono le fonti che hanno ispirato un lavoro così complesso e variegato?
Ispirazione sia a livello tematico che musicale. L’ispirazione, come per ogni espressione artistica, viene sia dal mondo esterno che dall’universo interiore. A livello tematico siamo ispirati dalle emozioni più buie ed orribili, oscurità , miseria, caos Luciferino e, naturalmente, dalla natura che ci circonda. I testi sono brandelli di follia dissociata, isolamento, tormento, odio e blasfemia, piccoli affreschi di sangue putrescente. A livello musicale le ispirazioni sono le medesime, ma aggiungerei anche malinconia ed epicità .
02 – Quindi quali sono le vostre maggiori influenze? Quali band hanno contribuito alla formazione del vostro background?
Le nostre influenze sono la prima e la seconda ondata Black Metal quindi Bathory, Hellhammer, Celtic Frost, Mayhem, Darkthrone, Burzum, primi Ulver ed in generale il Black Metal proveniente dalla terra dei fiordi, che rappresenta senza dubbio la nostra maggiore influenza, ovviamente impossibile non citare i Black Sabbath, influenza indubbia e comune all’intero mondo Metal.
03 – Voi siete dell’Aquila, città bellissima che invito tutti i nostri lettori a visitare. I fatti drammatici che vi hanno coinvolto come popolazione, quanto ancora oggi si ripercuote sulla vostra musica e sulla vostra vita?
Musicalmente mi trovo spesso ad esprimere sensazioni nate in quel miserabile periodo. Sono ferite che non si chiudono mai. In ogni album o demo degli Adragard post 2009 c’è almeno un testo con una diretta ispirazione proveniente dal terremoto. Anche questo non fa eccezione, infatti il testo di “A Miserable Winter” raccoglie le sensazioni più buie del primo inverno dopo il terremoto. Per quanto riguarda le nostre vite, basta guardarsi intorno o meglio passeggiare tra i ruderi dei paesi intorno a L’Aquila per avere una vaga idea di quanto ancora manchi per cancellare i danni ed anche quando questo succederà niente sarà come prima. Una popolazione è stata annientata quella notte, quella che ha avuto la fortuna di sopravvivere non è la stessa e non lo sarà mai.
04 – Ascoltando la vostra musica così oscura ed evocativa, ho pensato alle montagne che vi circondano. In sede di recensione ho scritto che la vostra musica si ispira al Gran Sasso e non ai fiordi norvegesi. Quanto ritieni corretta la mia affermazione? Cosa c’è di magico tra quelle montagne?
Assolutamente! La natura che ci circonda è una fonte di ispirazione infinita e costante e non vedo come potrebbe essere altrimenti. Per certi aspetti c’è un punto di contatto metafisico tra le fredde lande norvegesi e le solitarie distese appenniniche; dunque se parliamo di propensione evocativa, spiritualità interiore e del distacco che solo la montagna ti sa dare, allora la tua affermazione è corretta. Abbiamo un forte legame con la Natura, soprattutto con la montagna, di cui sovrano incontrastato qui da noi è il Gran Sasso e tutte le sue cime solitarie, promontori ultimi della nostra consapevolezza. Bene o male il Corno Grande è visibile da tutta la valle sottostante, è una visione emblematica e mistica, che ci accompagna da quando siamo nati e che influenza costantemente la nostra creatività .
05 - Dopo i Selvans, ho scoperto che anche voi provenite dalla stessa regione, notoriamente poco famosa per l’ambito metal, se escludiamo gli storici The Black. Oggi possiamo parlare di una scena abruzzese estrema? Qualcosa sta cambiando? Quanto risalto può arrivare da un festival come il Frantic?
Conosciamo i Selvans a livello musicale ma non personalmente, rispetto ad Adragard sono un progetto più recente, nato parzialmente dalle ceneri dei Draugr, gruppo pescarese attorno al quale hanno orbitato più musicisti. Scovare musica d’interesse in mezzo a tante uscite è sempre più difficile! Col tempo ci sono stati solo alcuni gruppi che hanno portato avanti un discorso continuativo nel territorio nostrano, in maniera piuttosto discontinua. Non credo, però, che si possa parlare di una scena abruzzese, in quanto questa non è abbastanza strutturata, ma piuttosto di tante schegge impazzite votate ad un genere estremo. Vedi, una scena presuppone organizzazione, intenti comuni, condivisione... nel nostro caso ognuno va per conto suo, a regnare è il caos e la misantropia, figlia di un modo di fare sedimentato e campanilistico, per certi versi. Il Frantic è organizzato da persone che amano la musica, in particolare i generi più estremi, ed è un festival ben fatto che può crescere e diventare un punto di riferimento importante nel panorama nazionale, da sempre latitante sotto l’aspetto dei festival e degli eventi di qualità . Purtroppo, per le note vicissitudini, l’edizione di quest’anno è rimandata all’anno prossimo. Se gli organizzatori sapranno mantenere intatto l’attuale connubio fatto di passione e professionalità , ne sentiremo parlare a lungo. Per gli amanti dell’Epic Metal e dello Speed, c’era un festival qui in Abruzzo chiamato Heavy Metal Night. Si è svolto di Settembrea Martinsicuroper 10 edizioni, l’ultima nel 2017. Se non lo conosci, ti sei perso un evento inimitabile!
06 – Come nascono gli Adragard? E quant’è complicato o facile tenere in piedi una band come
questa?
Gli Adragard sono nati nella seconda metà degli anni 90 come one-man band. Al tempo era molto difficile trovare persone con la stessa visione e passione per la Nera Fiamma. Il primo demo uscì nel 1998. Dopo quel primo vagito gli Adragard sono morti. L’incontro con Niferon ha fatto scattare di nuovo la scintilla che si è trasformata in un incendio dopo il terremoto del 2009. Come vedi torniamo ancora lì, ma probabilmente se con ci fosse stato gli Adragard sarebbero rimasti nella tomba dove giacevano. Il fulcro degli Adragard è costituito da me e Niferon, Church Destoyer ci aiuta suonando la batteria e lo farà finché ne avrà voglia, il suo contributo musicale è comunque determinante. Al momento il chitarrista Gemini ha definitivamente lasciato gli Adragard. Il futuro degli Adragard è quindi incerto e nero come la pece. Niente di nuovo comunque.
07 – Cosa pensate del problema epidemico che stiamo affrontando da alcuni mesi?
L’unico virus del pianeta è l’uomo. La Natura incontaminata aveva creato un equilibrio perfetto attorno al quale ruotava un discorso vitale fatto di sopravvivenza bestiale, selezione naturale e bellezza. L’uomo ha infestato il pianeta come un cancro e lo sta divorando lentamente, con la sua innata compassione, falsità morale e stupidità . Questa pandemia è l’occasione per riflettere, interiorizzare il proprio percorso personale, o forse è solo una noia che impedisce alla nostra individualità di manifestarsi e di farci svolgere quelle poche e spesso misere cose che ci danno pace o soddisfazione. Musicalmente parlando è una bella botta al sistema, rimarranno solo le entità in grado di resistere. In ultimo, avrà la conseguenza di peggiorare il già debole animo umano e, quando riprenderemo ad andare a mille dopo la pandemia, dimenticheremo tutto quello che è accaduto e torneremo a far girare l’ingranaggio della vita, come criceti in gabbia.
08 – Cosa si deve aspettare chi viene a vedere un vostro concerto?
Niente, gli Adragard non hanno mai suonato dal vivo e non credo lo faranno mai.
09 - A voi l’ultima parola…
A questo punto, lasciamo parlare la musica. “ThroughFuneralShadows” è il nostro terzo full-length, fresco di uscita per l’etichetta polacca Perkun Records e la tua recensione descrive bene la nostra ultima fatica. Visto che la musica vale più di mille parole, ascoltando il disco potrete scorgere, ognuno a modo suo, varie sfaccettature e pulsioni. Il disco si può sia ascoltare in streaming che acquistare online, in formato CD, ed è volutamente influenzato in modo nostalgico dal Black Metal old style. Che altro dire… Supportate Adragard e spargete la piaga!
Intervista a cura di John Preck
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