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FAÇADE "The Eternal Dance" (Recensione - Track by Track)



Full-length, Independent
(2019)

In Olanda al di la del “Waal” la principale diramazione del fiume Reno nell’Olanda meridionale, sorge la cittadina di Dordrecht, proprio da cui arrivano i Façade, numerosa band fautrice di un pesantissimo Doom/Death metal, che giunge al secondo album, “The Eternal Dance”. Il combo olandese è composto da ben sei membri di cui tre chitarristi, un basso, poi voce e batteria, i protagonisti sono pronti all’appello elencati qui sotto. 

Pim van Dijk: Basso 
Berend Klein Haneveld: Chitarra 
Conrad Stroebel: Chitarra 
Korijn van Golen: Batteria 
Ben de Graaff: Voce 
Chris Harmsen : Chitarra 

Il disco oggetto della recensione ha una durata di circa 54 minuti, ed inaspettatamente i brani sono solo cinque...estremamente lunghi e complessi. Siete curiosi? Continuate a leggere.

01. Unmade 
La chitarra parte soffusa e leggera, i ritmi, come di consuetudine, sono lentissimi, la batteria ha un suono delicato e il pathos che viene a crearsi è davvero incredibile. L’arpeggio della seconda chitarra è ancora più caratteristico: sembra quasi un chiodo che penetra nelle tempie, la voce in growl rende tutto più malsano e maligno. Il brano si apre verso la metà con la batteria che prende man mano corpo e sostanza, mentre le chitarre alzano il livello di aggressività, il basso sostiene in modo eccellente il comparto chitarristico che esplode con un assolo di prim’ordine nei secondi successivi. Dopo dieci minuti circa il brano si conclude con un il suono delicato della chitarra.

02. Mask 
Il secondo capitolo dell’opera è il più corto, "solo" sette minuti e trenta, la chitarra apre le danze mentre la batteria rimane sempre nelle retrovie, si sentono le corde del brano vibrare e questo dona un senso di inquietudine. Il cantato in growl è nuovamente da applausi e si esprime con una raffinatezza ed una passione non comune, poi la batteria deflagra nelle cuffie in modo devastante. Improvvisamente tutto si silenzia dando spazio ad un "noise" di chitarra. Per qualche minuto il brano rimane rilassato, poi tutto riparte in modo piuttosto incazzato rendendo il brano dinamico e vibrante. 

03. Ego 
Undici minuti e cinquantanove secondi per il terzo brano. A differenza degli altri pezzi, questo irrompe decisamente più spinto, dimostrando che questi ragazzi quando vogliono schiacciare sull’acceleratore ne sono capaci. Il muro sonoro creato è direi bello sostanzioso, poi il pezzo diventa quasi marziale con la batteria molto regolare, ed un riff di chitarra ipnotico. Dopo una pausa evocativa, costituita essenzialmente da una batteria che potrei definire eterea ed accompagnata da una chitarra altrettanto ”distaccata”, i ritmi prendono quota in modo inarrestabile diventando mano a mano più alti. Avete presenti le onde del mare? L’assolo di chitarra al decimo minuto ne è il coronamento. 

04. Death
Il penultimo capitolo di questo album inizia con un riff di chitarra ficcante che lascia spazio alla batteria. Anche qui un pezzo ispirato di una raffinatezza disarmante, tutto il meglio che si può chiedere ad una band di doom metal è qui! Devo ammettere che il growl non è mai troppo dominate e permette di godere di tutte le strutture compositive del pezzo. Per dirlo in altre parole, il cantato non è mai la “prima donna” ma è un corollario all’architettura del brano. Come abbiamo appreso dai tre pezzi precedenti, anche qui abbiamo un interludio riflessivo che fa da ponte ad una seconda parte del brano che si discosta dalla prima per la differente velocità esecutiva, addirittura sul finale si raggiungono delle velocità vertiginose tipiche del death metal. 

05. Moksha 
Il brano conclusivo è caratterizzato da una prima parte che dura circa sei minuti, in cui vi èuna voce narrante supportata magistralmente da un delicato arpeggio di chitarra. A seguire la batteria sostenuta da un riff chitarristico, prima ipnotico poi quasi psichedelico. Non vi è traccia della voce, infatti questo pezzo lo potremmo definire quasi interamente strumentale. 

CONCLUSIONI:
Devo ammette che non avevo mai sentito parlare di questa band olandese, colpa mia; e devo dire che dopo questa recensione ne esco stupito ed entusiasta. Ho trovato finalmente una band capace con la sua musica di farmi vivere delle belle emozioni, tant’è che non mi metto neanche a parlare degli interpreti che sono davvero mastodontici, usano gli strumenti come delle propaggini del loro corpo, se poi tutto è supportato da una produzione di altissimo livello, l’album in recensione rasenta la perfezione. Questo album è sicuramente obbligatorio per gli amanti del doom metal forse meno agli amanti del death che lo troveranno decisamente troppo variegato ed a tratti poco aggressivo. 

Recensione a cura di Igor Gazza
Voto: 80/100 

Tracklist:
1. Unmade 10:47
2. Mask 07:30
3. Ego 11:58
4. Death 12:10
5. Moksha 11:59 

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