OPETH "In Cauda Venenum" (Recensione)
Full-length, Moderbolaget Records
(2019)
Gli Opeth sono cambiati. Questo è un dato di fatto di cui siamo tutti consapevoli. La loro proposta musicale da "Heritage" (2011) in poi ha intrapreso un percorso diverso da quanto fino ad allora scritto e pubblicato. E oggi possiamo constatare che la loro anima estrema è stata definitivamente accantonata in favore di sonorità rock progressive. In realtà è un errore pensare che oggi gli Opeth siano più progressivi rispetto alla prima parte della loro carriera. Prima, infatti, lo sono stati in maniera totalizzante, creando un sound incredibilmente complesso e stratificato che purtroppo oggi è andato in parte perso. Non è tanto per la mancanza della voce growl o delle ritmiche prettamente death metal, ma è la musica stessa che ha perso quella magia oscura e decadente, tra parti acustiche sognanti e parti violente, estreme, in quel saliscendi emotivo che a tanti della mia generazione li ha fatti innamorare di questa band unica.
Ho sempre pensato che l’abbandono di Lindgren sia stato l’elemento che in qualche modo è mancato agli Opeth per restare maggiormente ancorati all’elemento più estremo della loro musica. Sia chiaro, gli album del cambiamento sono stati tutti di una qualità più che buona, ma in tutti ho avuto sempre la sensazione che mancasse qualcosa, e quel qualcosa è la magia oscura che ha accompagnato album come "Blackwater Park" (2001), "Deliverance" (2002) e "Damnation" (2003). "Damnation" ve lo ricordate? Tutto pulito, dagli strumenti alla voce, ma aveva un sound oscuro, profondo, dannato. Se proprio dobbiamo trovare un difetto agli Opeth di oggi, ecco cosa manca, quell’oscurità, quelle ombre impetrabili, quelle atmosfere decadenti e violente che li ha contraddistinti da tutti gli altri. Oggi hanno perso quell’aura magica e sono diventati un buon gruppo, tecnicamente ineccepibili, formalmente perfetti, ma manca quella fiammella, proprio quella che ti fa scrivere capolavori assoluti, ma che, ahimè, come per tanti gruppi storici, forse tutti, ad un certo punto si affievolisce sempre più, fino a divenire flebile o addirittura a spegnersi. Credo che questo sia nel normale ordine delle cose. E gli Opeth non fanno eccezione.
E’ altresì vero che dopo i capolavori del passato, non è affatto semplice ripetersi o restare a certi livelli. Va dato loro atto di avere avuto coraggio di mettere in dubbio tutto, voltando completamente pagina e creando comunque una proposta valida. A conti fatti restano una band unica. Sfido chiunque ad affermare il contrario. E dopo tutte queste parole vi starete chiedendo, ma "In Cauda Venenum" come è? Se prendiamo il periodo che va da "Heritage" ad oggi, questo è sicuramente l’album migliore degli Opeth, le idee sono più centrate, il suono d’insieme è più coeso, possiamo affermare che la band ha raggiunto il momento migliore nella sua reincarnazione rock progressiva. Di contro ha gli stessi pregi e difetti dei precedenti lavori. Il suono è quello potente di "Sorceress", pieno, intenso. Rispetto a quest’ultimo lavoro, la qualità delle composizioni è superiore. "Sorceress", per chi scrive, resta il punto debole della discografia dei nostri, formato da alcune canzoni di buona qualità e poi tutto il resto piuttosto canonico e noioso. Ecco, in "In Cauda Venenum" le cadute sono poche ("Lovelorn Crime"). Le parti più ritmate ed hard sono le più interessanti, mentre quando il ritmo scende e diventa a tratti melenso l’attenzione scende.
Le corde degli Opeth restano altre, il DNA della band non mente! Vi confesso che non ho ascoltato una sola nota in anteprima, ma ho atteso l’arrivo del vinile per ascoltarlo tutto d’un fiato. Vi assicuro che ascoltare un album così atteso senza anteprima è puro godimento! Gli Opeth di oggi di metal non hanno più niente, ma sono diventati a tutti gli effetti una rock band, con influenze progressive settantiane ed un’anima folk sixties. Sentite “Continuum”, uno dei pezzi migliori del lotto, per capire di cosa parlo. In questo pezzo ci sono tutti gli elementi del loro nuovo corso. Se vi piacerà questo pezzo potrete acquistare "In Cauda Venenum", altrimenti passate oltre o in alternativa rispolverate i loro vecchi album, magari partendo da quella "Orchid" che ce li fece conoscere a metà anni Novanta. Per concludere questa lunga chiacchierata sugli Opeth, non darò alcun voto al loro nuovo lavoro, perché qualsiasi esso sia, sarebbe un voto sbagliato. Dalle considerazioni e dalle riflessioni che ho fatto potrete trarre le vostre conclusioni. Avrei potuto fare un track by track, ma sul web ne potrete trovare diverse. Con questa recensione, diviso dal ruolo di recensore e quello di fan, ho voluto fare un punto sul percorso musicale dei nostri, su quella che alcuni definiscono evoluzione ed altri regressione. A voi la scelta.
Recensione a cura di John Preck
Voto: SV
Tracklist:
Swedish Version
1. Livets Trädgård
2. Svekets Prins
3. Hjärtat Vet Vad Handen Gör
4. De Närmast Sörjande
5. Minnets Yta
6. Charlatan
7. Ingen Sanning Är Allas
8. Banemannen
9. Kontinuerlig Drift
10.Allting Tar Slut
English Version
1. Garden Of Earthly Delights
2. Dignity
3. Heart In Hand
4. Next Of Kin
5. Lovelorn Crime
6. Charlatan
7. Universal Truth
8. The Garroter
9. Continuum
10. All Thing Will Pass
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