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HELSTAR "Nosferatu" (Recensione)


Full-length, Metal Blade Records 
(1989) 

Prima di "Nosferatu" gli Helstar dei talentuosi texani James Rivera e Larry Barragan - voce e chitarra - avevano già fatto uscire tre dischi di U.S. Power decisamente interessanti, di estro, tecnica e velocità crescente; ma con il nuovo lavoro tentano il colpaccio: un concept album sul vampiro più famoso del mondo nella sua prima rilettura cinematografica di Murnau del ‘22 e una cifra stilistica improntata su complicate partiture progressive power lanciate alla velocità della luce. È il disco per il quale gli Helstar verranno ricordati nella lunga e immarcescibile – per ora – saga dell'heavy metal: "Nosferatu", un'opera complessa, ostica, ma che ascolti dopo ascolti piano piano acquista chiarezza e rivela la sua debordante grandiosità, fra melodie sinistre, virtuosismi e scintillante pesantezza. 

Questa gioia per le orecchie e il cuore si apre con un breve ma furiosissimo intro, che sfocia nell'indiavolata “Baptized in blood", dai toni quasi thrash, straordinario biglietto da visita per un album decisamente sopra le righe. La soprannaturale voce di Frank Langella nei panni del conte nel Dracula del ’79 di Badham introduce “To sleep, per chance to scream", pezzo speed dal ritornello dalle tinte doom; la successiva “Harker's tale” si muove più o meno sulle stesse coordinate, poi si cambia totalmente registro con la strumentale neoclassica “Perseverance & desperation”, una delle rare volte in cui un pezzo del genere acquista senso all’interno di un disco. “The curse has passed away" chiude il concept su "Nosferatu" nel migliore dei modi: un po' semi-ballad e un po' mid-tempo, la sua tensione drammatica scuote nel profondo. Si torna allo speed power ai confini del thrash con “Benediction", altra piccola grande gemma dalla struttura imprevedibile, e si rimane su questi registri con la breve “Harsh reality" e la più orecchiabile “Swirling Madness", prima dello strumentale tastieristico che introduce l'ultima, barocca “Aielaria and Everonn". 

Prendete il metal epico e progressivo dei primi Queensryche, Fates Warning e Crimson Glory, mischiatelo all’U.S. Power, aggiungete un pizzico del nuovo suono thrash del periodo e vi avvicinerete a quello che c'è dentro questo disco, una miscela micidiale che apre la strada al bellissimo “Into the mirror black" dei Sanctuary dell'anno dopo. Una lezione di musica che, nonostante l'insuccesso commerciale, verrà presa a modello nel decennio successivo da alcuni dei più apprezzati musicisti metal, americani e europei, da Jon Schaffer ai Nevermore, da Kai Hansen ai Morgana Lefay. 
Sta al metal classico come "Time does not heal" dei Dark Angel sta al thrash; e scusate se è poco. 

Recensione a cura di Alessandro Attori
Voto: 90/100 

Tracklist:
1. Rhapsody in Black 00:58 instrumental
2. Baptized in Blood 04:25  
3. To Sleep, Per Chance to Scream 04:37
4. Harker's Tale (Mass of Death) 04:26
5. Perseverance and Desperation 04:16 instrumental
6. The Curse Has Passed Away 05:08
7. Benediction 05:57
8. Harsh Reality 03:15
9. Swirling Madness 04:04
10. Von am Lebem Desto Strum 01:58 instrumental
11. Aieliaria and Everonn 03:46

DURATA TOTALE: 42:50

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