THE GATHERING "Mandylion" (Recensione)
Full-length, Century Media Records
(1995)
Premessa: definire questo un album di “GOTHIC-METAL con voce femminile” sarebbe un insulto. Si perché quello che viene comunemente etichettato in questo modo è nella stragrande maggioranza dei casi un genere tra i più derivativi, stucchevoli e banali. Le fondamenta gettate da questo e da altri pochi album sono state ridotte a clichè in oltre un ventennio da una schiera di band il cui unico centro di gravità è la presenza di una donzella possibilmente di bell’aspetto su cui costruire attorno un sound inoffensivo (a livello di metal) ora sinfoneggiante ora, nel peggiore dei casi, vagamente operistico.
Possiamo definire questo degli olandesi The Gathering come un vero debutto nel senso che l’ingresso di Anneke van Giersbergen alla voce ha rivoluzionato e incanalato il sound ancora grezzo della band in un percorso di costante maturazione che ha garantito per anni album sempre originali e innovativi. La voce di Anneke ha sconvolto il mondo del metal ed è diventata un punto di riferimento ancora valido: purtroppo dopo lo split dalla band la sua discografia non ha più raggiunto queste vette, ma se Devin Townsend (uno che se ne intende) la considera una collaboratrice fissa sia in studio che in sede live qualcosa deve pur dire. Ma torniamo a questo album, dove tutto ha inizio: la magia dei Woodhouse Studios cattura un sound totalmente nuovo. Un metal non certo abrasivo, ma estremamente raffinato, concede lo spazio necessario alla voce di Anneke di intrecciare melodie senza tempo che resteranno nella memoria dell’ ascoltatore per sempre, al contrario di inutili virtuosismi o degli effimeri gorgheggi da soprano di altre band a venire (chi ha detto Theatre of Tragedy?).
La lezione dei Dead Can Dance ( fra le altre influenze) non può non essere alla base di chi si approccia a sonorità decadenti e darkeggianti e la band dimostra di averla interiorizzata anche negli interludi strumentali. Non voglio però lasciare intendere che la band sia un orpello costruito intorno alla voce solista, anzi: i fratelli Rutten e soci dimostreranno negli anni di essere degli ottimi musicisti riuscendo a virare il proprio sound verso territori fortemente PSICHEDELICI (come nell’altro masterpiece “How to measure a planet?”) e inseguito addirittura post-rock, anche se la magia, senza Anneke, è destinata a perdersi. Top tracks: “Strange machines”, “Eleanor”, “Sand and Mercury”.
Recensione a cura di: Alessandro Sicur
Voto: 90/100
1. Strange Machines 06:04
2. Eléanor 06:41
3. In Motion # 1 06:56
4. Leaves 06:01
5. Fear the Sea 05:49
6. Mandylion 05:01 instrumental
7. Sand and Mercury 09:57
8. In Motion # 2 06:07
DURATA TOTALE: 52:36
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