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LIVE REPORT - WATAIN + ROTTING CHRIST + PROFANATICA @ Live Club, Trezzo sull’Adda, 11/11/2018



PROFANATICA
Non mi sono ancora ripreso dallo splendido concerto dei Taake del 10 Novembre che è ora di mettersi in macchina direzione Milano per un’altra serata all’insegna del metallo nero. Aprono le danze gli americani Profanatica, trio capitanato da Paul Ledney che, oltre a battere sulle pelli della batteria come un ossesso, si diletta dietro al microfono con risultati altalenanti. Il genere proposto è un Black Metal primordiale e decisamente grezzo, fatto di parti tirate stile grind alternate a rallentamenti classici del genere. Il tutto sa incredibilmente di già sentito, pacchiano, a volte persino puerile, ma come ha detto un ragazzo in prima fila “sono talmente marci che risultano fighi”. 
Ed è esattamente così. Nonostante il sound sia sempre lo stesso per tutta la durata dell’esibizione, col passare dei brani il trio americano conquista tutti, me compreso, grazie anche ad un’immagine studiata (bel look, anche se un po’ mi ricordavano dei personaggi di Alice nel paese delle meraviglie) e ad un bassista che, da solo, ha letteralmente “tenuto su i pezzi” creando un groove pazzesco che ha portato ad un livello successivo l’esibizione. Invece di fare, come molti suoi colleghi di altre band, milioni di note spesso incomprensibili a causa di suoni pessimi e volumi allucinanti, il nostro ha pensato bene di infarcire i brani di tanti accordi di basso da mettere a dura prova gli amplificatori.

ROTTING CHRIST
Il tempo a loro disposizione finisce abbastanza in fretta ed ecco salire sul palco i Rotting Christ, band ellenica che non ha di certo bisogno di presentazioni. Le atmosfere si fanno decisamente più epiche e cupe, il pubblico si lascia coinvolgere rispondendo ai brani proposti con cori e bestemmie ed i nostri, sul palco, si divertono e si vede: si muovono, suonano fieri e potenti, scambiano qualche parola col pubblico in italiano e conquistano tutti i presenti. Nonostante la mia iniziale diffidenza, i brani estratti da “Ritual” dal vivo risultano decisamente vincenti, risultando davvero simili ad un rituale (“Apage Satana” su tutte) dove il pubblico viene coinvolto in prima persona e diventa un elemento chiave per la riuscita dei pezzi stessi. 
Il tempo a disposizione di Sakis e soci arriva alla fine con la doppietta “In Yumen-Xibalba” / “Grandis Spiritus Diavolos” entrambe estratte da “Kata Ton Daimona Eaytoy” del 2013, ed è tempo per gli svedesi Watain salire sul palco e far vedere a tutti cosa significhi essere gli alfieri del sound svedese ormai da due decadi.

WATAIN
A differenza di quanto visto al Party San dove hanno suonato da headliner della terza serata, in quel di Trezzo i nostri sono orfani di tutte quelle fiamme che hanno reso i loro show epocali (e chi c’era al Party San sa a cosa mi riferisco…. Fuoco e fiamme ovunque!!!). Nonostante la prova dei nostri sia stata valida e coinvolgente, devo ammettere che senza tutte quelle fiamme sul palco lo show è stato meno impressionante, forse più canonico, ed un po’ di quella magia che si respira grazie ai siparietti/rituali di Erik Danielsson va a scemare. Nonostante ciò, “Nuclear Alchemy” e “Malfeitor” hanno sul pubblico lo stesso effetto di un gancio/montante del Mike Tyson dei tempi d’oro, Lillo al basso corre su e giù per il palco agitandosi come indemoniato e Danielsson interloquisce col pubblico citando anche l’ex membro (ed italianissimo) Set Teitan (ex Aborym e Dissection), allontanato dalla band a causa di un saluto nazista. Che altro aggiungere? Di band e concerti così non ne ho mai abbastanza!


Articolo e foto a cura di: Riccardo Maffiodo

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