THE NIGHT FLIGHT ORCHESTRA "Internal Affairs [Reissue] (Recensione)
Full-length, Nuclear Blast
(2018)
Ricordo ancora abbastanza distintamente il mio primo incontro con l'astronave targata The Night Flight Orchestra. “Internal Affairs” era in un pacco miscellaneo di promo dell'italianissima Coroner Records, e la lettura delle primissime righe della biografia non mi convinse neanche per idea, così girai il promo (insieme ad altri) a un solerte quanto gentile collaboratore. Tre anni dopo, decisi casualmente di dare un ascolto al successivo “Skyline Whispers”, frutto di un altro pacco miscellaneo di cui sopra, e da allora gli svedesi sono rimasti nella mia personale heavy rotation, con buona pace del collaboratore di cui sopra, che mi restituì generosamente il promo di “Internal Affairs” alla mia richiesta insistente e visibilmente interessata .
La storia della band di Helsingborg la conoscono un po' tutti, nata com'è da un'idea di Björn “Speed” Strid e David Andersson durante un tour americano dei Soilwork, con la sostanziale collaborazione del buon Sharlee D'Angelo, bassista degli Arch Enemy ma anche motore pulsante degli Spiritual Beggars e di varie incarnazioni di Mercyful Fate e King Diamond. Nati come side project (con alcuni membri degli svedesi Mean Streak a completare la formazione), conservano ancora questo status benché la loro popolarità sia salita a dismisura, portandoli oltre il semplice status di divertissement dal sapore '70/'80, fino a divenire una delle band di culto del retro rock imperante in questi giorni. Attenzione, però (per chi non conoscesse il combo): non aspettatevi legni gibsoniani e overdrive pregiati con derivazioni più o meno sabbathiane e suoni pacatamente vintage... i Night Flight Orchestra prendono tutto il pacchetto, senza i filtri a cui siamo abituati da Seattle in poi, per cui gli anni Settanta erano sostanzialmente il manuale di rock scarno e lisergico, lasciando da parte i lustrini e le luci della ribalta che pure andavano molto in voga all'epoca, da Broadway ai palchi della seconda metà del decennio. Per non parlare dei fatali Ottanta, appunto. Ecco dunque che i Nostri si fanno alfieri di un sound eccessivo, sgargiante e luccicante, vagamente reminiscente dei fasti di Whitesnake e Kiss, così come delle melodie del movimento New Romantic, con Björn Speed a fare da crooner senza tempo con una timbrica apparentemente insospettabile se si pensa alla sua band madre.
Dunque, eccoci alla prima delle due ristampe Nuclear Blast riferite ai dischi della band usciti per la Coroner Records; un'operazione doverosa, dato il successo della formula musicale (arrivata a oggi al quarto album sulla lunga distanza) e l'opportunità di una ristampa d'ordinanza anche su vinile. “Internal Affairs”, uscito originariamente nel 2012, è il debutto di un progetto che avrebbe poi conosciuto ulteriori evoluzioni, ma con una maturità già ben dispiegata, complice l'ampio curriculum musicale vantato dai membri del supergruppo, pur se prevalentemente su altri lidi musicali.
E poco importa che il riff portante della roboante opener “Siberian Queen” sia una versione al fulmicotone di “One Up The 'B' Side” (misconosciuta bonus track di Ozzy nel suo “Bark At The Moon”): queste cose servono anche a formare un ascoltatore consapevole, specie quando va “a ritroso” grazie a simili richiami. Comunque sia, se è vero che vale la pena di citare le evoluzioni vocali di “West Ruth Ave” (divenute poi marchio di fabbrica di Speed), l'amarcord di “Miami 502” e “1998” nonché il flavour Rainbow di “Montreal Midnight Supply” (densa di vari elementi dell'immaginario rock'n'roll), è anche vero che a fare davvero centro sono “Transatlantic Blues” e la title track: la prima sfiora la perfezione dal punto di vista della costruzione e del pathos che traspare in crescendo con un incipit quasi soul su cui si staglia il sagace ritornello, per poi lasciar spazio a una gradita cavalcata prog, la seconda è degna erede di quelle contaminazioni hard/funk sdoganate dai Deep Purple Mark III e IV nella seconda metà dei Seventies. Ecco, il mio concetto di heavy rotation si focalizza essenzialmente su di loro! E poi c'è l'inedita “Song For Ingebörg” che vede i The Night Flight Orchestra. esplorare i versanti del kraut rock, quello che richiama le atmosfere del Pacifico chiaramente però elaborate secondo un'ottica mitteleuropea, alla maniera di alcuni episodi dei primi Scorpions. Come già detto, un disco eccessivo (nel senso buono) e strabordante di melodie, assoli e atmosfere che vi riporteranno indietro, anche se non avete nessun punto di ritorno a cui far riferimento... “Trust me, Stella ain't no dove, she's a different kind of love”!
Recensione a cura di: Francesco “schwarzfranz” Faniello
Voto: 85/100
1. Siberian Queen 6:03
2. California Morning 5:37
3. Glowing City Madness 3:57
4. West Ruth Ave 6:42
5. Transatlantic Blues 8:21
6. Miami 502 3:49
7. Internal Affairs 4:48
8. 1998 4:57
9. Stella Ain't No Dove 4:26
10. Montreal Midnight Supply 4:41
11. Green Hills Of Glumslöv 4:08
12. Song For Ingebörg 2:44
WEB:
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