VOIVOD "The Wake" (Recensione)
(2018)
Come capisci che un disco non funziona? Quando ti fa venire voglia di ascoltare quelli precedenti! E' questo l'effetto che mi fa “The Wake”: riprende in tutto e per tutto (per stessa ammissione degli autori) al periodo più progressivo della band, quello che attraversa “Dimension Hatross” e “Nothingface” (dopo un “Target Earth” che richiamava più “Killing Technology”), restituendocene una versione che aggiunge molto poco stilisticamente, e che è molto meno efficace compositivamente.
Daniel Mongrain (Chewy) ed il nuovo arrivato Dominique Laroche (Rocky) riproducono perfettamente l'alchimia sonora del duetto Piggy/Blacky, clonandone esattamente le partiture e gli arrangiamenti in un modo che nemmeno l'ologramma di Dio riesce a fare con l'originale, ma falliscono dove il sosia di McCartney è riuscito: nel riprodurre la stessa vena artistica dei predecessori. I Pezzi di “The Wake” non dicono molto al primo ascolto, ma non crescono nemmeno eccessivamente col passare del tempo, a differenza dei pezzi dei loro album storici che riuscivano ad essere sia immediati che profondi. Stanno a crogiolarsi molto nel loro essere articolati e compositi, ma tra le convolute pieghe sonore si trova molto più mestiere che non istinto.
La versione che i Voivod dell'era post-Piggy ci forniscono è pertanto quanto di più simile e quanto di più distante ci potesse essere dall'identità musicale costruita in oltre due decenni di successi artistici: uguali a loro stessi come non erano mai stati prima, e qualche accenno orchestrale gettato qua e là – una cosa che oramai nel metal è assolutamente abusata - non basta di certo a rinverdire delle composizioni semplicemente buone, che oscillano tra il quasi ottimo (“Iconspiracy”) ed il soporifero (“The end of dormancy”).
Ma ecco, il problema è che non sono i Voivod originali: da quando Piggy è morto non ne hanno azzeccata una – e pensare che prima sfornavano solo assoluti capolavori! - perché ora hanno dei rimpiazzi che sanno solo scimmiottare lo stile del grande D'Amour, in alcuni casi proprio rubacchiando qualche riff qua e là (“Event horizon”). In definitiva, no grazie: mi fa molto piacere che continuino a campare di musica, ma ogni secondo dedicato a questi nuovi brani non vale l'ennesimo ascolto di quelli vecchi.
Recensione a cura di: Fulvio Ermete
Voto: 70/100
Tracklist:
1. Obsolete Beings 05:34
2. The End of Dormancy 07:42
3. Orb Confusion 06:00
4. Iconspiracy 05:15
5. Spherical Perspective 07:41
6. Event Horizon 06:10
7. Always Moving 05:11
8. Sonic Mycelium 12:24
DURATA TOTALE: 55:57
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