MONSTROSITY "The Passage of Existence" (Recensione)
(2018)
I Monstrosity sono una leggenda del death metal americano, e rappresentano un pezzo di storia del death metal made in Florida, assieme a mostri sacri come Morbid Angel, Deicide, Obituary, ecc. Nonostante abbiano pubblicato sempre ottimi dischi, però, la loro popolarità è rimasta sempre ben al di sotto di quella dei loro "colleghi", e onestamente non riesco a spiegarmene il motivo. Però guardando la loro discografia, qualcosa potrebbe far pensare che, complice anche la non eccessiva prolificità dei Nostri, questo potrebbe aver fatto andare la carriera della band a singhiozzi. Basti solo vedere che tra questo nuovo album e il precedente "Spiritual Apocalypse" sono passati ben undici anni, e che in media un loro disco, nel migliore dei casi, non è mai uscito a tre-quattro anni di distanza dal precedente.
Detto questo, addentriamoci più nel dettaglio in questo atteso ritorno intitolato "The Passage of Existence". Il disco è da subito soddisfacente e dimostra che l'attesa non è stata vana. I Monstrosity tornano con un disco di vero death metal, ma la componente brutale negli anni noto che sta andando perdendosi, a favore di un songwriting sempre più articolato e a delle soluzioni melodiche che riescono a non cozzare con la loro base classicamente death metal, ma quasi "al pelo", nel senso che il pregio di usare molta melodia in questo contesto e farlo in modo credibile non è facile, e loro ci sono riusciti, ma è anche vero che gli oltranzisti del death metal potrebbero a volte storcere il naso per qualche divagazione chitarristica che va un po' oltre i confini del death metal.
La tecnica rimane di primo piano, così come la produzione, una delle migliori mai udite in un loro disco, ma stupisce la freschezza compositiva che marchia a fuoco praticamente tutti gli episodi dell'album, ma che a mio avviso decreta come migliori episodi dell'album, a parere del sottoscritto, la bellissima "Maelstrom", il cui riffing di chitarra si avvicina un po' a certo death melodico o anche addirittura a certo black metal. Altre canzoni assolutamente imperdibili sono l'opener "Cosmic Pandemia", dotata di un bel tiro ma anche della giusta varietà , e la devastante "Eyes upon the Abyss", questa vero esempio di death metal vecchia scuola, con tanto di blast beats a cascata e cambi di tempo e riff da capogiro...imperdibile!
Tutte le altre canzoni si assestano comunque su livelli che vanno dal buono all'ottimo, con qualche piccolo calo di tono sparso in giro per il platter, ma nulla che possa scalfire un disco solido, convincente e assolutamente al passo coi tempi, grazie come dicevo ad una produzione scintillante e potente, ma soprattutto grazie ad una band mai doma che macina ottima musica per quasi un'ora di musica.
Non lo definirei un capolavoro, ma confrontato al marasma delle uscite death metal contemporanee, questo album si staglia al di sopra di molte di esse e in un certo senso dà qualche lezione di violenza e classe, nonostante gli anni passino per tutti. Acquisto a scatola chiusa per chi già li ama e per chi dal death metal vuole non solo brutalità .
Recensione a cura di: Sergio Vinci "Kosmos Reversum"
Voto: 78/100
Tracklist:
1. Cosmic Pandemia 04:36
2. Kingdom of Fire 05:44
3. Radiated 04:30
4. Solar Vacuum 03:44
5. The Proselygeist 06:00
6. Maelstrom 06:36
7. Eyes upon the Abyss 03:49
8. Dark Matter Invocation 05:21
9. The Hive 04:40
10. Eternal Void 03:50
11. Century 02:10
12. Slaves to the Evermore 06:43
DURATA TOTALE: 57:43
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