MAERORMID "XIII" (Recensione)
Full-length, Via Nocturna Records
(2017)
Secondo full-length per gli italiani Maeorormid. La prima particolarità che salta alle nostre orecchie è l'uso del violino, che si va ad incastrare in un doom metal dalle tinte nebbiose e introspettive. Le band di riferimento sono le solite che si citano in questi casi, ma proprio per l'uso del violino, molto spesso l'accostamento più frequente è con i My Dying Bride, anche se vari act come Katatonia, Paradise Lost, Anathema e, volendo anche i primi Theatre Of Tragedy sono chiamati in causa in questo album.
In ogni caso l'approccio dei Maerormid è, volendo, un po' più sperimentale e spettrale, o meglio ancora userei il termine "astratto", nel senso che la loro musica ha una precisa identità, ma mantiene una forma di inafferrabilità che va di pari passo al discorso di introspettività di cui parlavo all'inizio. Ci sono episodi che strizzano vagamente l'occhio allo stoner, come ad esempio in "Come l'anima anche il corpo" e "Testimone e assassino", i cui riff portanti portano quella rudezza cara al genere che ho citato, e quindi anche maggiore immediatezza. Immediatezza che comunque è sempre lontana dall'esprimersi nella sua vera accezione. Perchè a parte la musica criptica proposta, la band arricchisce il disco di dialoghi dal forte gusto evocativo, parole che accentuano la vena oscura del disco. Questi sample sono degli intermezzi che stanno tra una traccia e l'altra, e portano semplici titoli come "Capitolo uno (autocoscienza)", "Capitolo due" e così via.
In definitiva un disco che non è esente da qualche piccola sbavatura, ma ha il pregio di proporre qualcosa di assolutamente non omologato e particolare. Personalmente avrei usato dei suoni un po' più corposi e "potenti" per accentuare il lavoro di chitarra, mentre la batteria l'ho trovata essenziale ma buona, in quanto il genere proposto non ha bisogno di chissà quali pattern per esprimersi al meglio. Anche la voce non è affatto male, ma io avrei variato un po' su più registri e potendo, avrei calcato la mano sulla drammaticità.
Manco a dirlo, gli episodi più doomy, come ad esempio la bellissima "Senza Voce" sono a mio avviso tra i più riusciti, ovvero dove la pesantezza è portata all'estremo, fino a sfiorare terreni mortiferi. In questo episodio, poi, il violino si va ad appoggiare a un riffing impenetrabile che quasi sfocia in certo death metal degli albori, e il tutto convince appieno.
Bel disco, ma date le capacità della band, al prossimo album mi aspetto la decisa consacrazione!
Recensione a cura di: Sergio Vinci "Kosmos Reversum"
Voto: 70/100
1. Capitolo uno (Autocoscienza) 01:40
2. Tutto è uno 05:16
3. Capitolo due 00:54
4. Come l'anima anche il corpo 06:10
5. Capitolo ere 01:01
6. Testimone e assassino 04:42
7. Capitolo quattro 00:34
8. Senza voce 07:30
9. Capitolo cinque 00:52
10. Rinascita 06:12
11. Capitolo sei 01:37
12. Sabbia nel vento 08:07
13. Capitolo sette (La fine) 02:47
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