FULL OF HELL "Trumpeting Ecstasy" (Recensione)
Full-length, Profund Lore Records
(2017)
Non importa quanto di nicchia o distante da qualunque trend sia la proposta musicale, l’obiettivo piĂą o meno dichiarato della maggioranza di chi produce musica è quello di essere la “next big thing”. I Full of Hell, giovani schegge impazzite del Maryland, sulle scene estreme dal 2009 tra Lp, Ep e collaborazioni illustri, hanno raggiunto tale agognato traguardo. E non da oggi. Ci sono casi in cui il monicker di una formazione risulta perfettamente in grado di descriverne il suono e l’attitudine.
I quattro musicisti dall’apparenza innocua e leggermente beffarda sono come un piccolo e curioso vaso di Pandora, che però una volta aperto riversa su chi ascolta uno tsunami di sonoritĂ estreme perversamente amalgamate.
Un mio ricordo personale datato 2014 vede i Full of Hell esibirsi in un piccolo club poco distante dai binari della stazione ferroviaria di Bologna. Binari presso cui Dylan Walker, voce e apporto noise elettronico, trovato un bivacco con falò annesso lasciato da un senzatetto, pensa bene di portarsi dietro per tutta l’esibizione il bastone annerito con cui aveva rimestato nelle braci. Questa immagine da minuto e beffardo satiro pagano, che con falsa innocenza può mettere a ferro e fuoco la foresta, è la stessa che rivedo incendiare il palco del club con urla schizofreniche, growling profondo e gli stridori impazziti del suo piccolo synth. Poco tempo dopo esce l’album in collaborazione “Full of Hell & Merzbow” con il guru del noise giapponese. Con buona pace degli ammiratori di quest’ultimo, l’album è Full of Hell al 100%, a cui il seminale ma ormai stanco maestro nipponico regala qualche traccia di white noise dal suo sterminato archivio. Il disco è un perfetto sunto dell’arte dei ragazzi di Ocean City: grindcore sporco, nervoso, punkeggiante ma a suo modo cristallino nella resa, un velo sinistro e glaciale quasi black metal e soluzioni death vecchia scuola e inserti noise mai casuali a creare una miscela personalissima. Personalissima quanto estrema e genuinamente inquietante, piena d’inferno appunto.
Nel 2016 esce un altro lavoro condiviso, stavolta con i The Body, maestri di un noise doom a tinte Sludge estremo quanto parossistico. La collaborazione funziona e “One Day You Will Ache Like I Ache” è un disco coerente ed ispirato, a confermare la versatilitĂ , il dinamismo e l’intelligenza compositiva del combo del Maryland. “Trumpeting Ecstasy” è il primo full lenght esclusivamente targato Full of Hell dopo l’acclamato “Rudiments of Mutilations” del 2013, album che segna il passaggio per la band dallo status di promessa a quello di realtĂ di punta della scena estrema nordamericana. L’attesa e i riflettori erano tanti per questa uscita, quando una band dimostra originalitĂ e freschezza, la base si divide tra chi non vorrebbe vedere tradite le origini e chi vorrebbe un ulteriore salto nelle arditezze della sperimentazione e della contaminazione. Ebbene chi sperava che “Trumpeting Ecstasy” fosse composto da orazioni sussurrate da un monaco che legge il Libro dei Morti Tibetano virato in tutte le frequenze dello spettro, rimarrĂ deluso. L’album è tra i piĂą classici del repertorio dei Full of Hell, in cui le influenze del Death Metal classico statunitense sono piĂą chiare e volontariamente messe in evidenza, anche se metabolizzate con maturitĂ . Nel tour precedente l’uscita del disco i nostri condividono il palco con Immolation e i fratelli Cavalera, e con il senno di poi la cosa sembra tutto meno che casuale. Alla loro collaudata formula di Grindcore epilettico, nero e rumorista, I Full of Hell aggiungono oscuritĂ , graniticitĂ e un riffing apertamente debitore alle sonoritĂ mortifere dell’inizio degli anni ’90. Le prime tracce, piĂą o meno da “Deluminate” a “Digital Prison” sono staffilate pure, energia che trova uno sfogo dirompente dopo una compressione lunga e forzata. I latrati cavernosi e poi urlati di Walter sul drumming di Bland sono piĂą selvaggi che mai.
I toni cambiano per la prima volta con “Crawling back to God”, pezzo denso e dall’incedere marziale e travolgente come una slavina in slow motion, con echi e citazioni dei migliori Morbid Angel. Il tappeto di doppia quasi costante è un ulteriore richiamo a quel contesto e quelle sonoritĂ .
Non importa quanto di nicchia o distante da qualunque trend sia la proposta musicale, l’obiettivo piĂą o meno dichiarato della maggioranza di chi produce musica è quello di essere la “next big thing”. I Full of Hell, giovani schegge impazzite del Maryland, sulle scene estreme dal 2009 tra Lp, Ep e collaborazioni illustri, hanno raggiunto tale agognato traguardo. E non da oggi. Ci sono casi in cui il monicker di una formazione risulta perfettamente in grado di descriverne il suono e l’attitudine.
I quattro musicisti dall’apparenza innocua e leggermente beffarda sono come un piccolo e curioso vaso di Pandora, che però una volta aperto riversa su chi ascolta uno tsunami di sonoritĂ estreme perversamente amalgamate.
Un mio ricordo personale datato 2014 vede i Full of Hell esibirsi in un piccolo club poco distante dai binari della stazione ferroviaria di Bologna. Binari presso cui Dylan Walker, voce e apporto noise elettronico, trovato un bivacco con falò annesso lasciato da un senzatetto, pensa bene di portarsi dietro per tutta l’esibizione il bastone annerito con cui aveva rimestato nelle braci. Questa immagine da minuto e beffardo satiro pagano, che con falsa innocenza può mettere a ferro e fuoco la foresta, è la stessa che rivedo incendiare il palco del club con urla schizofreniche, growling profondo e gli stridori impazziti del suo piccolo synth. Poco tempo dopo esce l’album in collaborazione “Full of Hell & Merzbow” con il guru del noise giapponese. Con buona pace degli ammiratori di quest’ultimo, l’album è Full of Hell al 100%, a cui il seminale ma ormai stanco maestro nipponico regala qualche traccia di white noise dal suo sterminato archivio. Il disco è un perfetto sunto dell’arte dei ragazzi di Ocean City: grindcore sporco, nervoso, punkeggiante ma a suo modo cristallino nella resa, un velo sinistro e glaciale quasi black metal e soluzioni death vecchia scuola e inserti noise mai casuali a creare una miscela personalissima. Personalissima quanto estrema e genuinamente inquietante, piena d’inferno appunto.
Nel 2016 esce un altro lavoro condiviso, stavolta con i The Body, maestri di un noise doom a tinte Sludge estremo quanto parossistico. La collaborazione funziona e “One Day You Will Ache Like I Ache” è un disco coerente ed ispirato, a confermare la versatilitĂ , il dinamismo e l’intelligenza compositiva del combo del Maryland. “Trumpeting Ecstasy” è il primo full lenght esclusivamente targato Full of Hell dopo l’acclamato “Rudiments of Mutilations” del 2013, album che segna il passaggio per la band dallo status di promessa a quello di realtĂ di punta della scena estrema nordamericana. L’attesa e i riflettori erano tanti per questa uscita, quando una band dimostra originalitĂ e freschezza, la base si divide tra chi non vorrebbe vedere tradite le origini e chi vorrebbe un ulteriore salto nelle arditezze della sperimentazione e della contaminazione. Ebbene chi sperava che “Trumpeting Ecstasy” fosse composto da orazioni sussurrate da un monaco che legge il Libro dei Morti Tibetano virato in tutte le frequenze dello spettro, rimarrĂ deluso. L’album è tra i piĂą classici del repertorio dei Full of Hell, in cui le influenze del Death Metal classico statunitense sono piĂą chiare e volontariamente messe in evidenza, anche se metabolizzate con maturitĂ . Nel tour precedente l’uscita del disco i nostri condividono il palco con Immolation e i fratelli Cavalera, e con il senno di poi la cosa sembra tutto meno che casuale. Alla loro collaudata formula di Grindcore epilettico, nero e rumorista, I Full of Hell aggiungono oscuritĂ , graniticitĂ e un riffing apertamente debitore alle sonoritĂ mortifere dell’inizio degli anni ’90. Le prime tracce, piĂą o meno da “Deluminate” a “Digital Prison” sono staffilate pure, energia che trova uno sfogo dirompente dopo una compressione lunga e forzata. I latrati cavernosi e poi urlati di Walter sul drumming di Bland sono piĂą selvaggi che mai.
I toni cambiano per la prima volta con “Crawling back to God”, pezzo denso e dall’incedere marziale e travolgente come una slavina in slow motion, con echi e citazioni dei migliori Morbid Angel. Il tappeto di doppia quasi costante è un ulteriore richiamo a quel contesto e quelle sonoritĂ .
Il successivo momento di discontinuitĂ rispetto all’ispirata alternanza tra sfuriate e momenti di respiro che alle volte sembrano piĂą fisiologici che frutto di songwriting è rappresentato dalla title track. “Trumpeting Ecstasy” presenta anche la collaborazione piĂą ad effetto (non la sola) dell’album, con la giovane cantautrice canadese Nicole Dollanganger. Grazie alla voce dolce e cantilenante dell’ambigua ninfa Nicole su di un sinistro incedere noise, i Full of Hell incidono un pezzo che sembra il frutto di un’ardito quanto improbabile sodalizio tra i Portishead e i Neurosis. La conclusiva “At the Cauldron’s Bottom”, che con i suoi oltre sei minuti rappresenta da sola un quarto della durata del disco, è forse il momento meno ispirato, di una prolissitĂ che risulta difficile giustificare.
Ultimo capitolo escluso, “Trumpeting Ecstasy” è un lavoro ispirato, genuino, dirompente e vario, ma soprattutto conferma i Full of Hell come una delle poche realtĂ estreme contemporanee con uno stile personale e identificabile alle prime note. Per rimanere in ambito Grindcore in tempi recenti forse soltanto gli Insect Warfare erano riusciti a coniarsi un canone espressivo tanto personale. Uno stile personale che allo stesso tempo è in grado di sorprendere, spiazzare ed eventualmente deludere qualsiasi tipo di aspettativa. E questa è merce assai rara.
Recensione a cura di Nicola “El Mugroso” Spagnuolo
Ultimo capitolo escluso, “Trumpeting Ecstasy” è un lavoro ispirato, genuino, dirompente e vario, ma soprattutto conferma i Full of Hell come una delle poche realtĂ estreme contemporanee con uno stile personale e identificabile alle prime note. Per rimanere in ambito Grindcore in tempi recenti forse soltanto gli Insect Warfare erano riusciti a coniarsi un canone espressivo tanto personale. Uno stile personale che allo stesso tempo è in grado di sorprendere, spiazzare ed eventualmente deludere qualsiasi tipo di aspettativa. E questa è merce assai rara.
Recensione a cura di Nicola “El Mugroso” Spagnuolo
Voto: 90/100
Tracklist:
Tracklist:
1. Deluminate
2. Branches Of Yew
3. Bound Sphinx
4. The Cosmic Vein
5. Digital Prison
6. Crawling Back To God
7. Fractured Quartz
8. Gnawed Flesh
9. Ashen Mesh
10. Trumpeting Ecstasy
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