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Intervista: MARCO GERMANI

Oggi intervistiamo Marco Germani, chitarrista e mente che sta dietro al suo progetto solista. Qualche domanda per capire meglio come nasce una musica piuttosto fuori dagli schemi come la sua, che si palesa nell'ottimo e molto intrigante "N.D.E.", recensito da noi QUI
Buona lettura!

1) Un saluto e benvenuto sulla nostra zine! Vogliamo iniziare facendo una breve introduzione e qualche cenno biografico sul tuo progetto?

Ciao, grazie per lo spazio e l’interesse! Il progetto nasce come esperimento compositivo: volevo utilizzare strumenti virtuali e avvicinarmi al mondo delle soundtrack perché nella mia “vita musicale” ho sempre suonato tantissime cover di generi musicali e periodi differenti, e poi sono un appassionato di cinema e la tendenza attuale delle colonne sonore è quella di creare attraverso librerie e macchine virtuali atmosfere incredibili.
Questo a livello “domestico” era impensabile fino a dieci anni fa perché servivano delle work-station dedicate che costavano decine di migliaia di euro, oggi sono stati fatti progressi incredibili e con un investimento di qualche migliaio di euro si possono fare ottime cose. Gli anni ’80 in particolare sono stati un periodo nel quale i sintetizzatori si sono molto evoluti e oggi viviamo un momento simile, ma a livelli di sintesi straordinaria, quindi è importante mettersi in gioco perché questo linguaggio è alla portata di tutti e credo che gli artisti indipendenti abbiamo molto da dire in questo settore. Volevo anche realizzare un prodotto da poter ascoltare tutto di fila, un concept, per simulare una sensazione di viaggio onirico, qualcosa di simile alla musica meditativa, ma in una versione più dark ed oscura, un incubo lucido…



2) "N.D.E" è l'acronimo di "Near Death Experience" ed è un concept. Come mai questo titolo e cosa affrontano le tue liriche nello specifico?

La sindrome di morte apparente ha diversi significati, può essere la tua o quella degli altri, reale o metaforica, in qualsiasi caso non è una bella sensazione, anche se lo scopo finale è risvegliarsi. Mi spiego meglio: siamo circondati da persone vive, ma che sembrano morte, con la loro testona china sullo smartphone durante un concerto o attorno ad un tavolo, sempre assenti e senza nessun interesse. Questo è un problema che mi spaventa molto, sopratutto nei giovani, perché quando li vedo in questo stato per farli tornare nel mondo dei vivi, chiedo loro: “Qual è il tuo gruppo o artista preferito? Il tuo film o libro?” Loro mi rispondono spesso che non ne hanno ed io ci resto male, mi sento inutile e spero che si sveglino dal torpore che li rende dei fantocci inutili, perché non mi piace vivere in un mondo di pupazzi inanimati, in uno stato di morte apparente.
Ho pensato all’album come ad un viaggio in un’altra dimensione fatta di paure, ricordi incasinati, creature che ti sbeffeggiano, insoddisfazione: questo perché ho 41 anni e sono a metà della mia vita, sto cominciando a tirare le somme e vedo i miei coetanei distanti anni luce dal mio mondo, cioè quello della musica e dell’arte, sono tutti impegnati con le loro famiglie, figli e lavoro, sempre incazzati e vittime della società, dei loro capi, delle loro scelte. Io alle volte mi vergogno di dire loro che sono andato a suonare o che ho passato una giornata ad arrangiare un brano, cablare una pedaliera, studiare un repertorio, fare un missaggio, mi sento fuori luogo perché mi considerano strano, non capiscono come sia possibile che i miei problemi siano ricordarmi il giusto riff o andare a montare strumentazione in un pub alle 18 per suonare alle 23, mi fanno dei sorrisi come se fossi matto, eppure erano miei amici e quando eravamo ragazzini facevano le stesse cose insieme e ci divertivamo un sacco, poi qualcosa è cambiato, sembrano degli estranei, allora viene a me la sindrome di morte apparente, mi chiudo nel mio mondo fatto di suoni e penso al passato e al futuro, forse mi torturo e mi isolo, ma è come una droga naturale, non riesco a capire questa società, allora me ne vado nel mio aldilà per un po’, poi ritorno e sto meglio.
Questa è un po’ la trama sonora dell’album: abbandonarsi per poi esplorare e risvegliarsi profondamente cambiati…

3) Dove si sono svolte le registrazioni di "N.D.E"?

Ho realizzato tutto nella regia di After Life Music Dimension, la nostra associazione culturale e ricreativa a Vigevano (Pavia), della quale sono presidente. L’ho fatto spesso di notte, è insonorizzata e in un seminterrato, ben attrezzata e versatile, abbiamo altre due sale per le prese, ma non le ho utilizzate perché abbiamo registrato gli altri strumenti e le voci con un paio di Neumann in regia lavorando in cuffia, tutto il resto è elettronica: chitarre e bassi sono fatte con un POD HD PRO in diretta nel banco digitale. Ho quasi disintegrato il povero e fedele Mac Pro dopo averlo alleggerito con un SSD perché faceva veramente fatica a operare con il peso delle librerie della Native Instruments (e non solo) su Pro Tools 11, ma ha retto il colpo solo con qualche piccolo crash e salvataggio mancato! Cose che capitano a tutti i producer moderni! Anche il mastering l’ho fatto con Ozone, quindi quello che sentite è tutto uscito dal mio Mac, inimmaginabile anche solo cinque o sei anni fa, una bella soddisfazione perché ho realizzato un desiderio: esplorare nuove dimensioni sonore nella calma del luogo dove mi diverto e lavoro, senza fretta.

4) Il tuo album è piuttosto sperimentale e non nego che non è stato facile per me rendere l'idea del suo contenuto. Se tu dovessi definire la tua musica come lo faresti? 

Tendo a non etichettare, forse Industrial, forse Alternative, ma non credo che al giorno d’oggi alla gente interessi ascoltare un genere piuttosto che un altro, ormai tutto è contaminato, diciamo che Soundtrack va bene, anche se non esiste un film al quale abbinarlo.

5) Come sono state, fino ad ora, le opinioni riguardo "N.D.E" da parte di stampa specializzata e pubblico?

Non essendo un personaggio “famoso” non posso avvalermi della stampa tradizione, ma solo di fanzine di settore come la vostra, e questo è un bene perché siete molto più attenti alle novità rispetto ad altri che si occupano solo di mainstream, poi credo molto nel passaparola, il web per questo è perfetto, con le fanzine collegate tra di loro, mi piace molto questo modo di informare, permette a tutti di essere giudicati senza dover essere sulla copertina di Rolling Stone.
In generale è piaciuta l’idea del concept, della sperimentazione e della varietà di generi, la critica è che non ha una direzione ed un genere preciso, quindi è complesso da etichettare e da proporre ad amanti del rock, del metal, dell’elettronica, etc… Anche se punto molto sui metallari perché sono intelligenti e sanno apprezzare queste tipologie di lavori, sono bravi ascoltatori e persone sensibili. Ho trovato molta competenza e professionalità sul web, questo perché è molto importate per avere altri punti di vista e farti conoscere, al mio livello anche solo una persona che decide di seguirti è importantissima.
Ho regalato l’album su supporto fisico a molti amici e persone del settore, è piaciuto e non mi hanno indicato una canzone come preferita rispetto ad un’altra, vuol dire che ho toccato tutti i gusti, mi hanno anche fatto delle recensioni sul mio profilo FB, spero lo facciano anche i vostri lettori, mi farebbe immensamente piacere che qualcuno ascoltasse la mia musica e mi dicesse che cosa ne pensa o quale artista famoso gli ricorda.

6) Cosa non è mai stato detto della tua musica e cosa vorresti fosse detto? Insomma, qual è la domanda che vorresti ti facessero in una intervista per dare una risposta che ritieni importante che tutti sapessero?

Perché lo fai dal momento in cui non ci guadagni nulla? La risposta sarebbe: “Perché ho il dovere morale di farlo, se sento l’esigenza di creare è perché ho qualcosa da dire e vorrei che qualcuno mi ascoltasse, il denaro non conta nulla, conta solo il poter donare qualcosa di profondo e che ti rappresenta agli altri. Qualcuno prima o poi lo apprezzerà”.

7) Sarei felice se mi parlassi dell’artwork e di tutte le foto che ho trovato nel mio presskit...

È opera di Elisa, la mia compagna, che stresso continuamente perché è una brava fotografa, una laureata in scienze dei beni culturali e anche un’ottima critica musicale. Io sono una persona un po’ caotica, ma estremamente esigente e le due cose in genere fanno impazzire chi mi sta vicino, quando mi viene un’idea la devo realizzare nell’immediato: questa penso che sia una delle cose più odiose che un artista possa fare nei confronti dei collaboratori, purtroppo non ci posso fare nulla, quando si accende la lampadina devo procedere. Volevo qualcosa di molto crudo, ma al tempo stesso di onirico, allora abbiamo optato per il farci una camminata per le vie vicine allo studio e fotografare dettagli e me stesso vicino ad elementi urbani rovinati, abbiamo pure trovato una carta da gioco a terra: il 5 di picche che, abbiamo scoperto dopo, rappresenta cambiamento e morte. 
Per i video abbiamo optato per montare insieme immagini storiche, frammenti di film, dettagli, fondali psichedelici, sulla falsa riga di una visione o di un’allucinazione, mi piacerebbe coprire tutta la durata dell’album in modo da avere un lungometraggio delirante e proiettarlo nei locali insieme ad una introduzione con una loop station, giochi di luci e magari un cocktail speciale… Sinestesia pinkfloydiana.

8) Secondo te, che benefici ha portato la digitalizzazione in generale (compresa la musica) e cosa ha tolto?

Sicuramente la possibilità di arrivare a chiunque in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento ha creato una saturazione spaventosa: una volta c’era il negozio di dischi di fiducia e il giornaletto in edicola, ma in questo modo il mercato era solo per chi si poteva permettere un produttore, oggi chiunque può andare online in streaming, ma non esistendo una selezione sei buttato nel mucchio. I social network sono utilizzati più per litigare e mettersi in mostra che per proporre la tua arte, tutto è molto immediato, ma è stato danneggiato proprio il punto fondamentale: l’ascolto. Ho visto ragazzini ascoltare 30 secondi di canzone poi skippare a quella dopo, questo ti rincoglionisce, infatti in pochi hanno ascoltato tutto l’album perché dura un’ora, non c’è più attenzione, tutto deve essere fruibile immediatamente. Bisogna arrestare questo fenomeno altrimenti saremo bombardati da jingle come in “Demolition Man”. L’aspetto positivo è che effettivamente la mia musica può arrivare a chiunque e questo aumenta le possibilità di incuriosire qualche registra o produttore, mi piacerebbe molto poter entrare nel giro dei cortometraggi indipendenti ad esempio.

9) Quali sono gli obiettivi che ti sei prefissato di raggiungere e quali hai già raggiunto? 

Ho realizzato un album con pochi mezzi e lo sto promuovendo da solo, se a qualcuno interessa per me è già un successo. Come ho già risposto se potesse servire come “promo” per entrare nel mondo delle soundtrack anche a livello indipendente sarei molto felice, non abbiate timore a contattarmi, collaborerei volentieri con chi ha un bel progetto cinematografico e magari lo vuole proporre a qualche concorso o metterlo online.

10) Stai lavorando a nuova musica? Quali novità dobbiamo aspettarci nel futuro di Marco Germani? 

In questo momento sono molto impegnato con le mie cover band e stiamo facendo belle cose per quest’estate, ma ho lasciato un pochino di spazio per gli inediti: sto producendo degli EP molto belli, tra i quali quello di SOMEONE, bravissimo cantautore polistrumentista, che uscirà con il nuovo anno e potrei definirlo uno “spin off” di N.D.E. perché abbiamo lavorato in modo molto simile, ma su un genere molto diverso, il pop folk, facendolo diventare elettronico e ambient rimaneggiandolo molto. Poi ho delle richieste come arrangiatore per alcuni inediti e sto buttando giù delle idee per una band molto cruda e semplice, proprio il contrario di N.D.E., perché mi piacciono gli opposti. Se tutto va bene credo si possa pensare ad un EP per il prossimo ottobre, intanto vorrei poter immagazzinare un po’ di contatti per proporre la nostra musica a chi come voi ne capisce, magari anche all’estero.

11) Sei attivo sul fronte live o affronti solo l'attività da studio?

Sono attivissimo nel mondo cover con Penthouse Brothers (tributo colonne sonore anni ’80), Gruppo di Rubik (pop dance ’80), NSK (blues rock) e altri progetti in fase iniziale. Purtroppo i locali ed il pubblico in Italia sono orientati nella direzione delle cover e dei tributi ed essendo questo il mio mestiere, per poter suonare il più possibile devo dedicarmi molto a questo settore che comunque non disdegno affatto. N.D.E. anche per la problematica dei tantissimi ospiti non è attualmente proponibile live, ma vedo un futuro con una band più piccola e brani più da club. Credo che sia importante comunque presentarsi con un prodotto in mano se fai inediti, l’EP è una buona via di mezzo, condividere il palco con altre band che fanno brani propri un pochino mi manca. 

12) Ultime parole famose e prossimi obiettivi. Scrivi tutto quello che vuoi e che possa servire ad avvicinare più persone alla tua musica!

Le parole famose sono per persone famose, io posso solo sperare di continuare a fare questo splendido mestiere ogni giorno e che qualcuno sia affascinato dalla mia musica anche perché su N.D.E. hanno fatto molto gli ospiti che sono carissimi amici e bravissimi cantanti e musicisti che meritano un riscontro, ogni brano ha uno o più featuring che mi hanno aiutato a rendere l’opera più “corale”, utilizzando anche lingue antiche e un approccio vocale personalizzato. Per avvicinarsi alla mia musica basta solo essere curiosi, buoni ascoltatori e avere un desiderio di evasione molto forte. 
Trovate l’album su Spotify, iTunes, Soundcloud… se volete contattarmi possono inviarne una copia digitale con photoshoot e booklet; tramite il mio profilo FB o mail a marco@after-life.it mi farebbe molto piacere avere un feedback, grazie per lo spazio dedicatomi e grazie al vostro lavoro che permette ad un artista di sentirsi tale!


Intervista a cura di: Sergio Vinci "Kosmos Reversum"

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