INSULTERS "Metal Still Means Danger" (Recensione)
Full-length, Unholy Prophecies
(2016)
(2016)
Che la Spagna non fosse solo
Segovia, Paco de Lucìa e avvolgenti gorgheggi mediterranei non lo scopriamo di
certo oggi, ma i catalani Insulters sono qui per ribadire per bene il
messaggio.
La band è in attività dal 2008 e
infila un paio di eccellenti demo tape a breve distanza l’uno dall’altro e nel
2011 li ripropone nell’ottima compilation “Skull Krushers Festering in Black
Vomit”. Il primo album vero e proprio, “We are the Plague”, vede la luce nel
2013.
I titoli delle due uscite
costituiscono un primo indizio riguardo l’attitudine e l’immaginario della
band: grettezza, putredine e goliardia. L’ascolto conferma e arricchisce la
prima impressione, ovvero siamo di fronte ad un gruppo onestamente dedito ad un
Thrash metal fortemente intriso di death metal rozzo, primordiale, tanta
attitudine punk e un po’ heavy. “Metal still means Danger”
conferma tutto questo e quanto di buono gli Insulters hanno proposto finora.
La
prima cosa che viene in mente ascoltando l’album è che ai nostri il lavoro in
studio sta stretto. Siamo di fronte a delle selvagge bestie da palco, mentre
scorrono i pezzi non si può fare a meno di immaginarli suonati a volumi
tremendi su di un palco pregno di birra e mancanza di pudore.
Il titolo stesso dell’album dice
più di quanto sembri e fortunatamente la musica mantiene la promessa. Gli
Insulters fanno parte di quella tribù per cui fare metal significa ancora dare
sfogo all’adrenalina, disprezzare le mezze misure ed essere orgogliosi di
quanto violento, distruttivo e sì, pericoloso, tutto ciò possa suonare.
C’è tanto Thrash in “Metal still
means Danger”, un thrash minimale che spesso confina in territori hardcore e
death metal putrido come potevano essere i Morbid o i primissimi Death di
“Scream Bloody Gore” e “Leprosy”. Tra le band contemporanee sono molti i tratti
comuni con Dishammer, Toxic Holocaust, Okkultokrati (tolta la componente sludge
inziale) e i nostri Children of Technology, ma negli Insulters la componente
hardcore è presente più sul piano dell’attitudine rispetto a quello
strettamente musicale.
Le nove tracce di “Metal still
means Danger” sono brevi e dirette, le tre d’apertura, “Age of Terror”,
“Highway of Death” e “Icons & Symbols” sono tre riuscitissime schegge di
oscuro e dinamico thrash-death che gonfiano il petto e fanno ribollire il
sangue. Blasphemic Vomitor, una voce che il suo alias descrive perfettamente,
sgorga liriche di violenza anticlericale ed etilica, Skeleton Grinder e la
sezione ritmica di Nuclear Cummer (basso) e Bourbon Devastator (batteria)
tessono il resto a colpi di rasoio con generoso riverbero. La velocità e il
groove del thrash death minimale rimangono i tratti dominanti anche nella
successiva “Bang your Fucking Skull” e più o meno per tutta la durata del
disco. Non mancano però momenti più cadenzati e di calma che sa più di occhio
del ciclone che di pause ragionate. Fanno capolino anche assoli di chitarra più
strutturati di tanto in tanto, è il caso di “Bastard Soldiers”.
Non in tutti i pezzi il
songwriting è perfetto, e un difetto di produzione è probabilmente un uso troppo
generoso del trigger che rende a tratti la batteria troppo invadente, con
picchi troppo acuti rispetto all’omogeneo muro di suono pastoso e sulfureo.
“Metal still means Danger” è un ottimo
prodotto, ma soprattutto è un eccellente biglietto da visita per una band che,
ne sono sicuro, in sede live offre il meglio di sé.
Recensione a cura di Nicola “El
Mugroso” Spagnuolo
Voto: 75/100
Tracklist:
1. Age of Terror
2. Highway of Death
3. Icons & Symbols
4. Bang Your Fucking Skull
5. Forged in Hell's Fire
6. Bastard Soldiers
7. Burn With the Witch
8. Here Falls the Hammer
9. Metal Still Means Danger
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