BRUJERIA "Pocho Atzlán" (Recensione)
Full-length, Nuclear Blast
(2016)
Sono trascorsi sedici anni da “Brujerizmo”, ultimo album in studio del super-gruppo/cartello intercontinentale del narcotraffico. Il 2000 e il 1989 sono ormai lontani, e se anche ai tempi qualche sprovveduto ascoltatore avesse creduto alla messinscena dei death-grinders messicani in odore di machete e polvere da sparo, oggi la realtà è alla luce del sole. Una realtà fatta di una manciata di campioni della musica estrema mondiale che si dedica a sonorità brutali quanto goliardiche tra death metal, hardcore, grindcore e tantissimo groove.
Sono trascorsi sedici anni da “Brujerizmo”, ultimo album in studio del super-gruppo/cartello intercontinentale del narcotraffico. Il 2000 e il 1989 sono ormai lontani, e se anche ai tempi qualche sprovveduto ascoltatore avesse creduto alla messinscena dei death-grinders messicani in odore di machete e polvere da sparo, oggi la realtà è alla luce del sole. Una realtà fatta di una manciata di campioni della musica estrema mondiale che si dedica a sonorità brutali quanto goliardiche tra death metal, hardcore, grindcore e tantissimo groove.
La line up responsabile del presente "Pocho Atzlán" è orfana di Dino “Asesino” Cazares, ora stabilmente sia con i suoi Fear Factory che con gli Asesino appunto. Una defezione che non indebolisce affatto i Brujeria, che oltre al nucleo storico (tra cui un certo Shane “Hondo” Embury alle chitarre), guadagna le partecipazioni, tra gli altri, di Jeff Walker al basso e di Nicholas Barker e di Adrian Erlandsson alle pelli.
Sin dalle origini i Brujeria hanno basato la propria proposta su di un contrasto, quello tra un’iconografia scorretta, brutale, cinica, caotica e una perizia tecnica elevatissima. In “Pocho Aztlan” il lato truce e apparentemente grezzo viene messo in secondo piano e sono subito evidenti lo sforzo, la cura e il tempo con cui i nostri si sono dedicati a questa attesissima uscita. A testimonianza del fatto basti sapere che i nostri hanno fatto tappa in ben sei studi di registrazione differenti prima di licenziare il prodotto ultimato. Non è un caso che già al primo ascolto risulti evidente la qualità eccelsa della produzione, in cui la violenza e l’impatto sonoro offrono una resa cristallina.
L’apertura dell’album è folgorante, massiccia e travolgente. “No aceptan imitaciones”, “Profecia del Anticristo” e “Angel de la frontera” sono una miscela di death metal moderno e attitudine hardcore che molto hanno in comune, soprattutto in termini di sonorità, con i migliori Fear Factory. I Brujeria non hanno più bisogno di esasperare la velocità per risultare distruttivi, la tecnica e l’attitudine genuina rendono i pezzi iniziali dell’album devastanti anche e soprattutto nei momenti più cadenzati. La traccia centrale, “Plata o Plomo” è un sunto perfetto dei moderni Brujeria, groove a palate, sonorità massicce e ritmica schiacciasassi. Il consueto cantato in spagnolo sudamericano di Brujo, rauco e violento, rende il pezzo un sicuro cavallo di battaglia in sede live. “Satongo” è forse l’unico pezzo in cui sia ancora presente un eco di grindcore, ma soltanto ad un livello superficiale. Le accelerazioni in apparenza più folli sono in realtà dosate con cura e inserite con calcolo preciso, il songwriting si mantiene a livelli alti ed espirati per l’intera durata del disco.
Il disco scorre fluente nella sua miscela efficacissima di furia, rallentamenti atmosferici con backing vocals evocativi di un passato amerindo ancestrale e inserti spoken word di truculenti fatti di cronaca relativi alle guerre tra narcos messicani. “Bruja” e “Codigos” sono pezzi emblematici in questo senso. Il timbro conclusivo di ceralacca al disco è la riuscitissima cover dei Dead Kennedys “California Uber Alles” qui rivisitata in “California Uber Aztlan”, pezzo già proposto dai Brujeria come singolo nel 2010 e qui riproposto in linea con la sopraffina produzione del resto dell’album.
Il disco scorre fluente nella sua miscela efficacissima di furia, rallentamenti atmosferici con backing vocals evocativi di un passato amerindo ancestrale e inserti spoken word di truculenti fatti di cronaca relativi alle guerre tra narcos messicani. “Bruja” e “Codigos” sono pezzi emblematici in questo senso. Il timbro conclusivo di ceralacca al disco è la riuscitissima cover dei Dead Kennedys “California Uber Alles” qui rivisitata in “California Uber Aztlan”, pezzo già proposto dai Brujeria come singolo nel 2010 e qui riproposto in linea con la sopraffina produzione del resto dell’album.
Non sono più i tempi di “Matando Gueros” o “Raza Odiada”, sono i tempi di "Pocho Atzlán" e non possiamo che gioire brandendo un machete affilato e sparando in aria. I Brujeria non possono fingere di non essere i seminali musicisti che li compongono e offrono un prodotto personalissimo in linea con la modernità. Non scendono a compromessi ma come un sapiente alchimista dosano le loro caratteristiche, sonorità e trademark con l’equilibrio che ci si aspetta da musicisti esperti. Ma non si tema, i mosh pits che si creeranno ai concerti sui pezzi di “Pocho Aztlan” non avranno nulla di bilanciato o sapiente.
Nicola “El Mugroso” Spagnuolo
Nicola “El Mugroso” Spagnuolo
Voto: 80/100
Tracklist:
1. Pocho Aztlan 04:10
2. No aceptan imitaciones 03:11
3. Profecía del Anticristo 04:11
4. Ángel de la frontera 03:23
5. Plata o plomo 04:04
6. Satongo 03:26
7. Isla de la fantasía 02:17
8. Bruja 04:09
9. México campeón 02:25
10. Culpan la mujer 02:48
11. Códigos 05:35
12. Debilador 03:20
13. California über Aztlan (Dead Kennedys cover) 03:11
2. No aceptan imitaciones 03:11
3. Profecía del Anticristo 04:11
4. Ángel de la frontera 03:23
5. Plata o plomo 04:04
6. Satongo 03:26
7. Isla de la fantasía 02:17
8. Bruja 04:09
9. México campeón 02:25
10. Culpan la mujer 02:48
11. Códigos 05:35
12. Debilador 03:20
13. California über Aztlan (Dead Kennedys cover) 03:11
DURATA TOTALE: 46:10
Nessun commento