PAUL CHAIN "Alkahest" (Review) - [Reissue]
Full-length, Minotauro Records
(2016)
2. Living Today 04:50
3. Sand Glass 05:47
4. Three Water 07:27
5. Reality 08:21
6. Voyage to Hell 04:32
7. Static End 06:07
8. Lake Without Water 04:51
9. Sepulchral Life 20:38
DURATA TOTALE: 01:07:31
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(2016)
Ebbene sì, è giunta l’ora. Era proprio ora che la Minotauro mettesse mano al
capolavoro di Paul Chain, “Alkahest”, rendendolo disponibile a chi non era
riuscito ad accaparrarsi una copia della release originale, uscita nel 1995 per
Flying Records/Godhead. Stiamo parlando di uno dei dischi cardine del metal in
Italia, per quanto ci saranno schiere di detrattori pronti a confutare questa
mia affermazione; tanto per intenderci, l’unico album dei Death SS in grado di
competere davvero con questa release è la raccolta introduttiva “The Story
1977-1984”, che non a caso vede lo stesso Paul Chain come compositore ed
esecutore di tutti i brani.
Dopo il seminale apporto dato alla band madre e i
trascorsi sperimentali con i Violet Theatre, immediatamente prima della sua
“morte artistica” arriva questo “Alkahest”: arcaico, ancestrale e legato a
doppia mandata ad un genere – il doom – che lo stesso chitarrista pesarese ha
contribuito a plasmare e che qui raggiunge punte di rara bellezza. Recensire
“Alkahest” oggi non può prescindere da quella distinzione in “lati” che
caratterizzava la prima edizione e che rende questo disco unico, data la
presenza di Lee Dorrian dietro il microfono per tutto il lato B dell’album, un
elemento che conferisce valore definitivo al lavoro. Tuttavia, non è solo il
cameo di lusso del mainman dei Cathedral ad innalzare quest’album sulla vetta
dei grandi capolavori: dirlo significherebbe non rendere piena giustizia
all’operato di Chain, che qui raggiunge il compimento definitivo – e non è
escluso che la presa di coscienza di aver conseguito un risultato artistico
considerevole abbia progressivamente spinto il polistrumentista a voltare
pagina e abbracciare nuovi lidi musicali.
Veniamo alla musica, per chi non
conoscesse le dieci gemme qui presenti: la dichiarazione di intenti migliore
che Chain e soci potessero fare è affidata all’opener “Roses of Winter”, memore
della tradizione sabbathiana che è da sempre un punto di riferimento indiscusso,
cui fa seguito la malinconica “Living Today”, dal sapore vicino alle cose dei
Saint Vitus con Wino. I riferimenti sono utili, ma mai esaustivi: ascoltate “Sand
Glass”, vera e propria quintessenza del doom con accordi pieni e sagaci
variazioni di chitarra, densa di quelle lugubri tastiere a cui noi aficionados siamo
ben avvezzi e coronata dall’assolo sofferente e ben costruito ad opera di colui
che Dorrian stesso definì “the Italian Maestro” (e non è un caso che la
definizione sia nata proprio per questo pezzo, inserito all’epoca nella
prestigiosa “Dark Passages vol. 2”). Sono quelle stesse tastiere ad introdurre
due tra i picchi dell’album: la granitica eppur delicata “Three Water” e
“Voyage to Hell”, riedizione della track già presente su “Detaching from Satan”
qui affidata alle vocals ipnotiche di Lee Dorrian.
Inutile dire che se il lato
A del disco è da antologia del doom internazionale, il lato B non avrebbe
sfigurato su un qualsiasi disco della prima fase dei Cathedral, complici quei
rallentamenti che tutti conoscono come tipici della band britannica, ma che
erano stati forgiati da tempo nelle fucine del Nostro. Un discorso che vale per
l’eterea “Lake Without Water” (che beneficia nell’intro di una citazione dei
Goblin) e per “Sepulchral Life”, le cui atmosfere rarefatte ci riportano alla
mente quelle di “Soul Sacrifice” della band di Dorrian.
A chiudere una ristampa
che vi consiglio vivamente troviamo (seppur solo nella versione in CD) una
cover di “Electric Funeral” dei Back Sabbath già presente su “Mirror”, che
viene ovviamente reinterpretata alla maniera del buon Chain, con tanto di
bridge aggiuntivi e vocals tipiche del suo stile (ricordate? “La lingua cantata
da Paul Chain non esiste: è puramente fonetica”), pur non mancando il giusto
omaggio al padre putativo Iommi in un assolo doppiato nel tipico stile dei
primi dischi dei precursori di Birmingham. Un album colossale per un artista
mai troppo incensato, la vera e propria Cassandra del nostro panorama musicale.
Recensione
a cura di: schwarzfranz
Voto: 100/100
Tracklist:
1. Roses of Winter 04:58 2. Living Today 04:50
3. Sand Glass 05:47
4. Three Water 07:27
5. Reality 08:21
6. Voyage to Hell 04:32
7. Static End 06:07
8. Lake Without Water 04:51
9. Sepulchral Life 20:38
DURATA TOTALE: 01:07:31
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