CARNAGESLUMBER "Carnageslumber" (Review)
(2016)
C’è chi al modernismo esasperato reagisce con prese di posizione nettamente a favore della solidità dei canoni e della tradizione. Quando un’operazione simile viene portata a termine da una band con cognizione di causa e padronanza dei mezzi tecnici ed espressivi, non si può fare altro che brindare alla vecchia scuola.
E’ il caso dell’omonimo ep d’esordio degli italiani Carnageslumber, cinque pezzi di puro e incontaminato death metal old school ed equivalente musicale di un nido di vedove nere.
Il terzetto non è alle prime armi, ciascuno dei membri ha militato in una o più formazioni di metal estremo e questo si percepisce al primo ascolto. “Self distructive DNA” in apertura mette subito le carte in tavola, un pezzo diretto e brutale che evoca nomi, sonorità e contesto storico precisi: la fine degli anni ’80 e l’inizio dei 90’ in Florida e California. I nomi sono gli imprescindibili Morbid Angel, Deicide, Possessed e Slayer, in modo particolare ci si riferisce ad album come !Altars of Madness", "Deicide", "Seven Churches" e "Hell Awaits". La produzione stessa è coerente con l’universo di riferimento, asciutta, pochi fronzoli, strumenti ben riconoscibili e soprattutto nessuno invadente rispetto agli altri, voce compresa.
I Carnageslumber rispetto alle dichiarate influenze hanno uno stile più compatto, lineare e diretto. Non ascolteremo gli assoli impazziti e schizofrenici di Trey Azagtoth e nemmeno le urla spiritate di Glen Benton. La chitarra di Salvo di Marco costruisce strutture solide e precise, un incedere marziale che non disdegna influenze Thrash classiche. La voce di Paolo "Zodd" Sofia è cavernosa ma non troppo gutturale, una sorta di ibrido tra il primissimo Max Cavalera e Dave Vincent. Infine il lavoro dietro le pelli di Lorenzo Reina è preciso ed essenziale, sia nei tappeti di doppia cassa che nelle ritmiche più scarne e Thrash.
L’EP procede fluido fino alla conclusione, le canzoni si mantengono su ottimi livelli e lasciano ben sperare per l’eventuale full length. Menzione particolare merita il pezzo centrale, “Nuclearized In Veins”, ispiratissima e rapida come una rasoiata ben assestata e che ripropone il momento in cui il Thrash metal veniva esasperato, accelerato, imputridito e dava origine a qualcosa di diverso, qualcosa che si chiama Death Metal.
Recensione a cura di Nicola “El Mugroso” Spagnuolo
Voto: 75/100
Tracklist:
1. Self Distructive DNA
2. Lehargical Blood
3. Nuclearized in Veins
4. Sokushinbutzu
5. Two-Headed
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