MESSA - Belfry (Review)
Full-length, Aural Music
(2016)
Un monicker semplice ma efficace, il titolo del disco che richiama direttamente il campanile che emerge dal letto di un fiume della copertina… la formula sembra completa e stavolta lo è per davvero, dato che i veneti Messa (lo dico subito) firmano il miglior disco doom del 2016. Sarà la passione per gli Avatarium, sarà l’onnipresente attrattiva che esercitano su di me le voci femminili, ma non posso nascondere che l’elemento di maggior spicco della band è rappresentato proprio dalle linee vocali della frontwoman Sara.
Ho detto Avatarium? Non sognatevi neanche lontanamente di pensare che io voglia qui dare il placet ad una schiera di cloni dell’ennesima big thing, quanto piuttosto sottolineare la maestria di una band (i Messa) che parte da presupposti simili al più blasonato act scandinavo per raggiungere ottimi livelli. In primis, la presenza di una vocalist di alto spessore, poi la comune base vintage che però nel caso dei Messa merita un’analisi ancora più approfondita. Eh sì, perché tolte le atmosfere lugubri di ordinanza, l’impressione è a tratti di trovarsi al cospetto di un combo che ha ben assimilato la lezione dei Big Brother and The Holding Company, con tanto di Janis Joplin al seguito. Provate ad ascoltare con attenzione la solenne “Babalon” e gli assoli di Alberto: sarà pur vero che gran parte del rock retrò spreca un gran numero di occasioni quando si parla di chitarra solista, ma questo discorso non vale per i Messa, al cui cospetto pare di rivivere la magia semplice e immortale di cose tipo Quicksilver Messenger Service, e non esagero… passate a “The Hour Of The Wolf” e ditemi se non siamo dinanzi ad un combo maturo prima ancora di iniziare, con obiettivi ben presenti anche in una track che si dipana tra una prima parte d’atmosfera e la classica sferzata sabbathiana. Prendetene a piene mani, ce n’è per tutti: dalla cavalcata metal di “New Horns” all’acidità con richiami allo sludge statunitense di “Outermost”, fino alla mastodontica “Blood”, in cui le atmosfere plumbee dei riff ricordano a tratti addirittura i Kreator più sperimentali, prima di sciogliersi nell’etereo passaggio dei fiati.
Unico neo ravvisabile è la presenza di sin troppi intermezzi, ma immagino siano funzionali al concept della band; e a proposito di concettualità, devo proprio dirvi che “Belfry” è un disco la cui varietà nelle atmosfere mi ha fatto pensare ad un fumetto bonelliano, “Il Grande Fiume” di Dampyr, non a caso ambientato nei pressi di oscuri monumenti religiosi e non che emergono dalle acque melmose della Bassa Padana… questo per rimarcare il valore evocativo del lavoro in questione.
I Messa sono l’ennesima conferma di come le cose migliori nel metal odierno (ma anche del passato) presentino un legame a doppia mandata con il crust/punk, genere da cui i membri del quartetto provengono. Fatelo vostro, prima che i rintocchi risuonino troppe volte…
Recensione a cura di: schwarzfranz
VOTO: 90/100
Tracklist:
1. Alba 04:35
2. Babalon 07:17
3. Faro 01:31
4. Hour of the Wolf 07:29
5. Blood 10:25
6. Tomba 03:56
7. New Horns 06:25
8. Bell Tower 03:23
9. Outermost 08:42
10. Confess 04:12
Nessun commento