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FLESHGOD APOCALYPSE - King (Review)

Full-length, Nuclear Blast Records

(2016)

Parliamoci chiaro: la perfezione, in questo mondo, non esiste. Ma.
Ma un gruppo come i Fleshgod Apocalypse qualche dubbio ce lo fa anche venire. Questo quarto album, “King”, è per farla breve, il degno successore di “Labyrinth”: i Nostri dimostrano ancora una volta di saper creare un’opera coerente a se stessa, immensa, ogni volta con un’atmosfera completamente nuova, diversa dai lavori precedenti ma senza fare passi indietro, e spingendo la qualità del loro lavoro sempre più avanti.
A livello tematico, l’album è un concept sulla figura del Re, esempio integerrimo di onore e virtù, circondato da una corte corrotta e perversa: una metafora (anche) delle nostre anime, in cui dobbiamo coltivare e magnificare il Re che vive in noi piuttosto che altri “personaggi”…Avanti, avanti! Si avanza al ritmo della “March Royal”, intro strumentale che mette subito le carte in tavola: dismessa l’epica greca del Labirinto, si passa ora a un ambiente più “barocco”, europeo, che richiama meno le colonne sonore e più la musica classica. 

“In Aeternum”. Il Re: è il monologo di presentazione del nostro Re, racchiuso in una canzone oscura, feroce e potente, graziata da un sapiente uso dei cori e… ma che lo dico a fare?, tutto è ottimamente sfruttato, ogni singolo aspetto, nota, accordo, pattern è curato maniacalmente, in un’avanzata che non lascia scampo, inarrestabile. Il pathos, costante nel disprezzo cosciente del Re nei confronti dei suoi sottoposti, raggiunge un apice da brividi verso la fine, dopo lo stacco di chitarra acustica, quando la voce di Paolo Rossi (basso e voce pulita) si erge potente sopra il muro di suono… canzone splendida, assolutamente tra le migliori dell’album, e tra le migliori mai composte dai FA. “Healing Through War”. Il Ministro della Guerra: così come l’archetipo descritto, questa canzone è fredda, spietata… e persino da alcune scelte nell’orchestrazione, sottili, incisive, si potrebbe dire priva di scrupoli, disillusa. Violenta, ma lenta, la terza traccia ha un incedere, nemmeno a dirlo, marziale, serrato impreziosito da una feroce voce narrante in latino e da un assolo più aperto, arioso, che però riesce a non stonare sull’atmosfera tetra del resto della canzone.

“The fool”. Il Buffone di corte: la maschera… pesa. Sottilmente giocato sul tema dell’identità, il primo singolo estratto dall’album è tra le canzoni più “tirate” (i blast beat apocalittici a cui il buon Francesco Paoli ci aveva abituati sono notevolmente ridotti, nelle canzoni precedenti), varie e pazze dell’album, dato che ormai il buffone è impazzito del tutto, confondendo la sua persona col suo personaggio… e noi stessi, in realtà, chi siamo? 
“Cold as Perfection”. La Regina, ossessionata dall’essere all’altezza del Re. Una canzone struggente, tragica, un mid-tempo intenso, con un ritornello, ancora una volta, che si apre sorgendo dai riff serrati, dal mood dubbioso, insinuante. Perla del pezzo è lo special che parte dallo stacco di pianoforte, verso la metà dei 6 minuti e mezzo di durata: brividi d’inquietudine, assolutamente d’atmosfera per narrare i tarli nella mente di un perfezionista, concluso dalla rassicurante voce del Re che ci esorta a non lasciarci conquistare dalla paura di essere inadeguati e da un assolo che sa di rinascita, prima del ritornello conclusivo… ah, no, aspettate: talvolta, nemmeno le belle parole bastano a placare questo genere di terrore.
“Mitra”. Il vescovo: nonostante si chiami addosso la battuta, il titolo di questa canzone non è un riferimento al drumming di Francesco Paoli (che peraltro in questa traccia ci ricorda la violenza suprema di Agony e Labyrinth), ma appunto al copricapo dei vescovi. Canzone velocissima, breve, incisiva: una martellata in piena faccia, che ci fa capire che i FA non si sono affatto rammolliti (casomai vi fossero sorti dei dubbi), in una rasoiata che sa anche di denuncia verso certi episodi, più o meno recenti, di pedofilia ad opera di prelati… “Sarò il cane da pastore che ti proteggerà di giorno, e il lupo nella notte”…
“Paramour (Die Leidenschaft Bringt Leiden)” (L’Amante – la passione porta sofferenza. Pianoforte e voce lirica femminile, in un componimento tipico della musica da camera ottocentesca, su un testo di J. Goethe… non essendo il mio genere di competenza, non posso dire granché a riguardo, ma è assolutamente gradevole, nell’atmosfera romantica (inteso in senso culturale, non di moderne “sdolcinerie”) dell’album.

“As the Vultures Behold”. L’Erede al Trono: tra le molte insidie che attorniano il Re, c’è l’ingrato, invidioso Principe, che vorrebbe scalzare il sovrano per prenderne il posto. Ancora una volta una canzone veloce, potente, aggressiva: riffing ottimo, così come la gestione della dinamica… uno spettacolo.
”Gravity”. Il Tesoriere: un costante, ossessivo tappeto di doppio pedale ci accompagna per tutta la durata della canzone, seguendo fedele il maniacale desiderio di ricchezze, monete, oro… Secondo singolo dell’album, da cui è stato tratto un lyric video, Gravity si presenta come un pezzo lento, monolitico, salvo poi aprirsi in un’accelerata atmosferica intorno alla metà del pezzo, ma alla fine torna sulle coordinate di partenza: non si guarisce dall’avidità…
“A Million Deaths”. I Soldati: quante vite ha, sulla coscienza, un Re? Fedeli, devoti alla grandezza del loro sovrano, al suo divino diritto di governare, milioni di uomini (e i numeri non sono esagerati, se si pensa alle guerre mondiali) hanno sofferto e sono morti sotto le bombe, nelle trincee… e questa è canzone è per loro. Forte dell’intro più potente e accattivante dell’intero album, avanza feroce come un’armata vittoriosa, ma al contempo ci dona dei crescendo di disperazione quando i soldati si rendono conto di essere abbandonati a se stessi, alle atrocità della guerra, e che il Re in realtà non si cura di loro. Bellissima canzone, varia e magnifica in ogni sua parte… anche questa assurge all’Olimpo delle migliori creazioni marchiate FA.
“Syphilis”. La Sifilide… nessuno è perfetto: nemmeno il Re, che qui mostra il suo lato umano, la sua amante, ma, duro, l’abbandona e resta ancorato alla facciata che deve mantenere ad ogni costo, pena il crollo del suo regno. Forse la canzone più opprimente in assoluto dell’album, grazie a una combinazione tra una solida, tetra base Metal e un ossessivo tema ad opera di Francesco Ferrini (pianoforte, tastiere e arrangiamenti), ma anche alla splendida interpretazione di Tommaso Riccardi (chitarra ritmica e voce principale) e a quella di Veronica Bordacchini (ancora una volta ospite come voce lirica femminile su molte tracce dell’album). “King”. Come consueto, chiudiamo con la titletrack strumentale, affidata interamente al pianoforte di Ferrini: un altro brano intenso, bellissimo, degna conclusione dell’album.

Tiriamo le somme: 12 pezzi, poco meno di un’ora di musica, di pura maestria. Più vario, più maturo e ragionato dei precedenti lavori, ma altrettanto efferato e selvaggio quando c’è da ringhiare e mordere. La performance di tutto il gruppo è a dir poco impeccabile, la produzione, affidata alla coppia M. Mastrobuono (registrazioni) e J. Bogren (mix e master) è, stavolta, pienamente all’altezza del compito, le chitarre sono nitide e potenti (e in certi momenti si sente persino il basso, che volete di più?). La capacità dei Fleshgod Apocalypse di sfornare album di qualità sublime, con un sound a dir poco inconfondibile è il segreto del loro successo: sono uno dei pochi gruppi attualmente in circolazione ad avere un’identità così prepotentemente radicata e definita da poter essere guardati come a una nuova stella del Metal, e il loro dominio indiscusso sulla ferocia dell’istinto, accuratamente incanalato dalla perizia della ragione, dà loro un’ulteriore marcia in più.
LONG LIVE THE GREAT KING!

Recensione a cura di Venconus.
Voto: 90/100

Tracklist:

1. Marche Royale 01:57 instrumental
2. In Aeternum 05:25
3. Healing Through War 04:43
4. The Fool 04:06
5. Cold as Perfection 06:31
6. Mitra 03:49
7. Paramour (Die Leidenschaft bringt Leiden) 03:42
8. And the Vulture Beholds 05:12
9. Gravity 05:12
10. A Million Deaths 05:27
11. Syphilis 07:22
12. King 03:59 instrumental

DURATA TOTALE: 57:25 

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