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DIMLIGHT - The Lost Chapters (Review)


Full-length, Sliptrick Records
(2016)


Altro giro, altra band greca. Questa volta tocca ai Dimlight e al loro “The Lost Chapters”, laddove i “capitoli perduti” del titolo del disco si riferiscono evidentemente alla controversa storia egizia prefaraonica, in cui la band si butta a capofitto narrando nel concept la storia delle scorrerie di Hathor, sorta di “braccio armato” di Osiride mandata sulle rive del Nilo per riportare alla ragione i ribelli mortali.
Se poi per un attimo anticipo che il finale dell’opening track “Children of Perdition” lascia intendere che la band sia in grado di orchestrare in modo efficace i tanti momenti descrittivi di cui è pieno il disco, posso agevolmente tracciare un parallelo con le partiture orchestrali di “Queen Of The Damned”, un film che ha un importante punto in comune con i Nostri: il riferimento alla preistoria egizia. In effetti, le scorrerie della dea Hathor che non dovevano essere da meno in quanto a violenza sanguinaria di quelle del personaggio creato da Anne Rice, la dea Akasha.

Al di là dell’interessante struttura del concept, quello che conta è il fatto di essere dinanzi ad una band che fonde extreme metal (mantenendosi tra le oscurità vocali del death e le sfuriate tipiche del black) e symphonic, un elemento direi maggioritario per via degli arrangiamenti e della presenza sia della vocalist Eva che delle voci di Maya e Maria Melissanthi Routi (qui in veste di ospiti nelle parti più “liriche”). In sostanza, stiamo parlando di quell’incedere guidato dagli ottoni (cui gli strumenti classici del metal non possono fare altro che accodarsi) e di quelle pompose costruzioni in semitono discendente che ricordano tanto i Cradle Of Filth in versione sinfonica, una sensazione che sale con tracce tipo “Clash Of Immortals” o “Fear The Heavens”. Al di là del fatto che personalmente ritengo che il genere sia leggermente inflazionato anche (o forse soprattutto) in questa versione “beauty and the beast”, non si può non riconoscere ai Dimlight una certa efficacia compositiva e una passione per i passaggi “ad effetto”, il che potrebbe aiutarli a farsi strada in un ambiente che conta più aficionados di quanto la stampa stessa sia disposta a riconoscere. Quello che c’è da rivedere a mio parere sono le voci, che a tratti appaiono un po’ “sguaiate”, specie sul versante maschile… 

Certo, capisco che “Invoking the Hunter” necessiti di una timbrica un po’ “marziale”, ma alla lunga certe scelte rischiano di perdere di credibilità e cadere nel ridicolo, specie se si indulge sin troppo nella classica variazione “parlata” (anche questa di chiara derivazione filthiana) e sull’innesto di voce femminile subito dopo. Ecco, ci sono band che aderiscono sin troppo bene al cliché di appartenenza, il che le rende magari appetibilissime per il pubblico di riferimento, pur rappresentando un fattore di “chiusura” di genere che al contempo tiene alla larga tutti gli altri potenziali ascoltatori. Dopo tanto pontificare, su “Spawn of Nemesis”  e “Torrents of Blood” (quasi reminiscente di Smetana negli archi posti in apertura) mi arrendo: lo stile beauty and the beast è costitutivo della band, sta all’ascoltatore scegliere e io stesso non escludo che tornerò ad ascoltare “The Lost Chapters”, nei miei momenti più epico/fiabeschi…

Recensione a cura di: schwarzfranz
VOTO: 70/100

Tracklist:
1. The Inception 01:06
2. Spawn of Nemesis 03:48
3. Shattered Idols 04:55
4. Invoking the Hunter 04:28
5. Dark Things of the Desert 00:38
6. Children of Perdition 04:57
7. Torrents of Blood 04:34
8. Fear of Heavens 04:13
9. Clash of Immortals 05:37
10. Fields of Carnage 06:39

DURATA TOTALE: 40:55

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