PAUL CHAIN - Ash [Reissue] - (Review)
EP, Minotauro Records
(1988) - (2015)
La Minotauro Records, storica casa di produzione di culto
italiana, chiude il catalogo delle ristampe con questo “Ash”, seguito a breve
distanza dall'enigmatico “Violet Art Of Improvvisation” del
compositore\politrumentista,\precursore ed autodidatta pesarese, a noi tutti
noto con lo pseudonimo di Paul Chain. Parlare di Paul Chain in poche frasi è
praticamente impossibile, nonché offensivo per ciò che la Sua persona ha
rappresentato e fornito alla scena rock sperimentale ed in generale
all'avanguardia metallica tricolore, quindi non inizio nemmeno, dato che
ignorare la sua sfaccettata produzione, è una colpa che può essere perdonata solo a chi mastica
musica da pochissimi mesi.
Ignorato da molti, venerato da pochi, ma stimato da
tutti, Paul Chain è un'entità a sé stante del panorama musicale italiano, e per
molti versi ne rappresenta una sorta di “parente scomodo”, un nome da
sussurrare e lasciare in sospeso, come una sorta di coscienza collettiva che a
molti non piace ricordare. Si! Perché se c'è una cosa che il suo operato e la
sua arte è stata è appunto quella di essere spesso ignorata, colpevole,
purtroppo, di essere autoctona, quindi risibile e approssimativa, ma che è
risultata sul lungo termine l'esatto contrario.
La sua arte in forma sonica
dovrebbe essere un vanto (riconosciuta all'estero in maniera consapevole e
devotamente elogiata) ed invece resta sommersa, lasciata a pochi, guardata con
sospetto e spesso, con sufficienza. Non ci siamo. Ascoltando “Ash”, capitolo
edito in forma di EP di cinque pezzi, arricchito in questa ristampa di due
tracce, “Moment Of Rage” e “Undead” , si resta colpiti dalla freschezza delle
composizioni, la loro natura metallica ma allo stesso tempo dark rock è
arricchita da sonorità eclettiche ed incredibilmente attuali. Non si può
ignorare ciò che salta subito all'orecchio, ossia di quanto genuina e sanguigna
fosse la pasta compositiva del nostro Mastermind. Scosse di proto\metal
fortemente influenzato da un certo Speed Metal d'altri tempi, di stampo
albionico, primitivo e tagliente,
presente in particolare su alcune cavalcate ritmiche, nei cambi e nei
climax all'interno dei pezzi. Sul tutto poi
l'onnipresente cappa viola del tappeto d'organo che sberleffa la trama
complessiva, facendosi sentire in maniera prepotente con il suo ghigno a
quattro ottave.
Penso che tutti qui, o almeno la maggior parte, sappiano riconoscere le radici rock'n'roll
che hanno contaminato le sonorità metal degli anni 80-90; in “Ash”esse
diventano parte integrante della struttura, portando il nostro udito a
familiarizzare immediatamente con i pezzi, cosa rara nella sconfinata
produzione di Paul Chain. Infatti, nonostante l'ostica chiave di lettura e le
molteplici influenze che confluiscono nell'opera, è immediata l'affiliazione di
un certo Heavy Metal d'annata, e vista l'età anagrafica del Nostro, questo genere praticamente l'ha vissuto sulla sua pelle, anche in senso
letterale.
Impossibile dimenticare poi la ferrea volontà di Paul Chain
di essere libero da vincoli compositivi imposti dal dogmatismo di un certo modo
di intendere la musica a livello mainstream. Ogni lavoro ed ogni pezzo sono
spesso frutto di improvvisazione, che è il principio cardine su cui poggia la sua totale impronta espressiva, quindi
essenzialmente parte integrante della sua personalità e, come tali, vanno interpretati. E' un privilegio per chi
compone essere libero nella sua totalità, come è un privilegio per chi lo ascolta
coglierne quest'aspetto.
Non mi soffermo sulla qualità di registrazione, è retorico,
ma come ho sottolineato all'inizio, nonostante l'età dell'album, il tutto suona
discretamente bene, nonostante la patina vintage ed alcune scelte di mixing,
che hanno reso l'insieme un po' artigianale, cosa di cui, però, lo stesso Paul
Chain non si è mai fatto mistero.
Una reliquia da custodire e riscoprire questo “Ash”, un
piccolo gioiello grezzo che va riascoltato anche solo come testimonianza del
fervente movimento sotterraneo di una penisola, la nostra, che ha dato tanto in
termini di genio, ma pochissimo in termini di riscontro.
Recensione a cura di: D666
Voto:75/100
Tracklist
1. Eternal Flame
04:35
2. Image Down 05:56
3. Electroshock 06:36
4. Abyss 05:36
5. I Remember a Black Mass 06:19
6. Moment of Rage 03:49
7. Undead 05:30
DURATA TOTALE: 37:00
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