Satyricon "Satyricon"
Full-length, Roadrunner Records
(2013)
Una recensione veramente complessa, questa. Forse la piĆ¹ difficile mai fatta nella mia intera carriera di recensore! Il punto ĆØ questo: i precedenti 3 album dei Satyricon a me non piacciono, ma non perchĆ© “non hanno parti veloci di batteria”, perchĆ© “sembrano una band venduta” o che altro: ĆØ che io non li capisco.
Non capisco cosa ci sia di geniale in certi loro brani, non capisco cosa volevano dire o dimostrare, non capisco dove volevano arrivare, in che ottica dovevo vederli, eccetera. Conclusi dicendo che i brani di quegli album sono troppo poco comprensibili per me, e forse i Satyricon erano anche troppo evoluti, cambiati talmente tanto e velocemente che forse anche loro stentavano a orientarsi sul discorso musicale che avevano voluto affrontare. Ma dal loro precedente album moltissimo ĆØ cambiato. Cinque anni e un tour chiamato “Finale in black” (titolo tendenzioso) rendono quest’album necessario da inquadrare nel contesto.
Chi sono i nuovi Satyricon, una band che sta per finire? Una band da non vedere piĆ¹ come black metal? Una band venduta? Una band in crisi d’identitĆ musicale? Non lo sappiamo, ma l’ascolto dell’album mostra invero un livello qualitativo maggiore di quello visto negli ultimi 3 album. CiĆ² che ĆØ cambiato ĆØ il bilanciamento delle influenze musicali, gli arrangiamenti sono piĆ¹ curati nei dettagli e i brani non sembrano spogli deliri in mid tempo, ma soprattutto i riffs sono piĆ¹ vari. Basta sentirlo con l’intro “Voice of shadows”, un riff di chitarra cupo eppure convincente, addirittura che sembra riprendere “The shadowthrone”, e il mood convincente e elegante ĆØ confermato da “Tro og kraft”, una canzone che addirittura plana nella parte centrale in una parte lenta ma per niente affossata, addirittura dal mood tragico. E se “Our world...” conferma questo, “Nocturnal flare” mostra un feeling quasi stoner, una specie di “K.I.N.G.” decisamente piĆ¹ potente e meglio proposta. E non solo: in passato tra le tante cose che non capivo dei Satyricon del 2000 era questa voglia di metterci forzatamente dei tempi veloci quando ĆØ chiaro che non erano il massimo della resa e soprattutto con la tensione del brano che andava scemando. “Walker upon the wind” ĆØ un brano black convincente e credibile, forse un po’ un’altra “Night of the triumphator”, ma pur sempre ben fatta e credibile.
Certo, “Nekrohaven” e “Ageless northern spirit” sono dei brani secondo me filler, il prima che copia stancamente gli ultimi album, e il secondo con dei riff lenti e batteria veloce a dare un feeling death metal fuori contesto e poco speciale, se non solo a volte. Ma l’attenzione ĆØ per “Phoenix” e “The infinity of time and space”. La prima penso sia giĆ nota: ĆØ un brano malinconico e dall’effetto addirittura pop, cantato in pulito e con un testo nostalgico, come se Satyr l’avesse scritto guardando indietro al suo retaggio black metal nonostante ormai ne sia lontano. Viene l’impressione che non sia cambiato tanto il Black Metal, quanto lui, e che riflette su questa distanza. “The Infinity...” invece ĆØ un brano piĆ¹ che altro lento, sul doom ma con l’ombra black metal che gli dĆ un feeling avvelenato, il piĆ¹ variegato come feeling, a volte tragico, a volte addirittura epico, col testo eloquente (“Hunter, warrior - The stage is yours - I can no longer rule”) e una chiusura tipo “casino all’ultima canzone da live” che addirittura lascia ombre sul futuro dei Satyricon. Insomma: tranne qualche filler, il self titled album dei Satyricon funziona, ma per paradosso funziona proprio quando non ricalca gli ultimi tre album e diventa davvero difficile capire se questa band stia tornando sui suoi passi o abbia dosato meglio le sue influenze. Oggettivamente ĆØ un album buono. Scordatevi legami col passato, scordatevi blast beats e aspettatevi soltanto i precedenti tre albums meglio proposti. Se siete disposti a ascoltare senza pregiudizi il nuovo corso dei Satyricon, allora questo disco ĆØ quello giusto.
GiĆ solo per questo, quest’album ĆØ un album di svolta, si spera, e forse addirittura un classico quantomeno nella discografia dei Satyricon, perchĆ© esplica il nuovo corso meglio di quanto “Volcano”, “Now, diabolical” e “The age of nero” insieme sappiano fare. Per questo motivo il giudizio finale ĆØ quello espresso lƬ sotto. Ć il loro miglior album dei nuovi Satyricon per meriti propri, non certo perchĆ© ĆØ il meno brutto, e il suo valore aumenterĆ col tempo. Se volete ascoltarlo, fatelo senza pregiudizio e vi saprĆ dare delle soddisfazioni.
Recensore: Snarl
Voto: 76/100
Tracklist:
1. Voice of Shadows 02:35 instrumental
2. Tro og kraft 06:01
3. Our World, It Rumbles Tonight 05:12
4. Nocturnal Flare 06:38
5. Phoenix 06:32
6. Walker upon the Wind 04:58
7. Nekrohaven 03:12
8. Ageless Northern Spirit 04:43
9. The Infinity of Time and Space 07:47
10. Natt 03:34 instrumental
DURATA TOTALE: 51:12
https://www.facebook.com/SatyriconOfficial
http://www.satyricon.no/
(2013)
Una recensione veramente complessa, questa. Forse la piĆ¹ difficile mai fatta nella mia intera carriera di recensore! Il punto ĆØ questo: i precedenti 3 album dei Satyricon a me non piacciono, ma non perchĆ© “non hanno parti veloci di batteria”, perchĆ© “sembrano una band venduta” o che altro: ĆØ che io non li capisco.
Non capisco cosa ci sia di geniale in certi loro brani, non capisco cosa volevano dire o dimostrare, non capisco dove volevano arrivare, in che ottica dovevo vederli, eccetera. Conclusi dicendo che i brani di quegli album sono troppo poco comprensibili per me, e forse i Satyricon erano anche troppo evoluti, cambiati talmente tanto e velocemente che forse anche loro stentavano a orientarsi sul discorso musicale che avevano voluto affrontare. Ma dal loro precedente album moltissimo ĆØ cambiato. Cinque anni e un tour chiamato “Finale in black” (titolo tendenzioso) rendono quest’album necessario da inquadrare nel contesto.
Chi sono i nuovi Satyricon, una band che sta per finire? Una band da non vedere piĆ¹ come black metal? Una band venduta? Una band in crisi d’identitĆ musicale? Non lo sappiamo, ma l’ascolto dell’album mostra invero un livello qualitativo maggiore di quello visto negli ultimi 3 album. CiĆ² che ĆØ cambiato ĆØ il bilanciamento delle influenze musicali, gli arrangiamenti sono piĆ¹ curati nei dettagli e i brani non sembrano spogli deliri in mid tempo, ma soprattutto i riffs sono piĆ¹ vari. Basta sentirlo con l’intro “Voice of shadows”, un riff di chitarra cupo eppure convincente, addirittura che sembra riprendere “The shadowthrone”, e il mood convincente e elegante ĆØ confermato da “Tro og kraft”, una canzone che addirittura plana nella parte centrale in una parte lenta ma per niente affossata, addirittura dal mood tragico. E se “Our world...” conferma questo, “Nocturnal flare” mostra un feeling quasi stoner, una specie di “K.I.N.G.” decisamente piĆ¹ potente e meglio proposta. E non solo: in passato tra le tante cose che non capivo dei Satyricon del 2000 era questa voglia di metterci forzatamente dei tempi veloci quando ĆØ chiaro che non erano il massimo della resa e soprattutto con la tensione del brano che andava scemando. “Walker upon the wind” ĆØ un brano black convincente e credibile, forse un po’ un’altra “Night of the triumphator”, ma pur sempre ben fatta e credibile.
Certo, “Nekrohaven” e “Ageless northern spirit” sono dei brani secondo me filler, il prima che copia stancamente gli ultimi album, e il secondo con dei riff lenti e batteria veloce a dare un feeling death metal fuori contesto e poco speciale, se non solo a volte. Ma l’attenzione ĆØ per “Phoenix” e “The infinity of time and space”. La prima penso sia giĆ nota: ĆØ un brano malinconico e dall’effetto addirittura pop, cantato in pulito e con un testo nostalgico, come se Satyr l’avesse scritto guardando indietro al suo retaggio black metal nonostante ormai ne sia lontano. Viene l’impressione che non sia cambiato tanto il Black Metal, quanto lui, e che riflette su questa distanza. “The Infinity...” invece ĆØ un brano piĆ¹ che altro lento, sul doom ma con l’ombra black metal che gli dĆ un feeling avvelenato, il piĆ¹ variegato come feeling, a volte tragico, a volte addirittura epico, col testo eloquente (“Hunter, warrior - The stage is yours - I can no longer rule”) e una chiusura tipo “casino all’ultima canzone da live” che addirittura lascia ombre sul futuro dei Satyricon. Insomma: tranne qualche filler, il self titled album dei Satyricon funziona, ma per paradosso funziona proprio quando non ricalca gli ultimi tre album e diventa davvero difficile capire se questa band stia tornando sui suoi passi o abbia dosato meglio le sue influenze. Oggettivamente ĆØ un album buono. Scordatevi legami col passato, scordatevi blast beats e aspettatevi soltanto i precedenti tre albums meglio proposti. Se siete disposti a ascoltare senza pregiudizi il nuovo corso dei Satyricon, allora questo disco ĆØ quello giusto.
GiĆ solo per questo, quest’album ĆØ un album di svolta, si spera, e forse addirittura un classico quantomeno nella discografia dei Satyricon, perchĆ© esplica il nuovo corso meglio di quanto “Volcano”, “Now, diabolical” e “The age of nero” insieme sappiano fare. Per questo motivo il giudizio finale ĆØ quello espresso lƬ sotto. Ć il loro miglior album dei nuovi Satyricon per meriti propri, non certo perchĆ© ĆØ il meno brutto, e il suo valore aumenterĆ col tempo. Se volete ascoltarlo, fatelo senza pregiudizio e vi saprĆ dare delle soddisfazioni.
Recensore: Snarl
Voto: 76/100
Tracklist:
1. Voice of Shadows 02:35 instrumental
2. Tro og kraft 06:01
3. Our World, It Rumbles Tonight 05:12
4. Nocturnal Flare 06:38
5. Phoenix 06:32
6. Walker upon the Wind 04:58
7. Nekrohaven 03:12
8. Ageless Northern Spirit 04:43
9. The Infinity of Time and Space 07:47
10. Natt 03:34 instrumental
DURATA TOTALE: 51:12
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http://www.satyricon.no/
E' un disco che poteva avere del potenziale, ma i suoni che tanto decanta Satyr sono mosci, non hanno spinta e i brani, tolta qualche eccezione sono davvero bruttini. Potevano fare molto meglio. Non sono d'accordo poi che Volcano non sia un bel disco, per me rimane uno dei migliori della loro evoluzione recente.
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