Philip H. Anselmo & The Illegals “Walk Through Exits Only”
Full-length, Housecore Records
(2013)
Parole, troppe parole. E troppo internet. Queste le cause
che stanno portando il metal a un calderone di fannulloni da bar intenti a
(s)parlare di dischi appena usciti (quando va bene), a emettere giudizi
affrettati sulla musica, magari ascoltata di sfuggita e non per intero. Questo
è il destino di un po’ tutti i dischi che escono ai giorni nostri, ma la
situazione è ancora più marcata quando si parla di album realizzati da artisti
molto famosi, come il qui presente Phil Anselmo.
Personaggi del suo calibro e fama, scatenano da
subito un turbine di pareri che molte volte sono indipendenti da ciò che realizzano. Si argomenta più sull’opinione che si ha dell’artista in questione
rispetto a quello che conta, la musica. Ed è questo il destino che toccherà, ne
sono sicuro, anche a questo “Walk Through Exits Only”.
Disco non facile, questo di Phlip H. Anselmo. Mi aspettavo
qualcosa che somigliasse ai suoi progetti più famosi (Pantera, Down, Superjoint
Ritual), o all’inverso, qualcosa di totalmente spiazzante, tipo qualcosa di
intimista e rilassante, perché no. Tanto il signore qui presente, 45 anni
suonati a fine giugno, ha fatto la storia del metal che piaccia o meno, e la
sua voce si è sempre rivelata versatile anche sul piano della melodia. La prima
cosa che viene in mente ascoltando questo disco è che, però, il musicista di
New Orleans, abbia finalmente potuto dare sfogo alla sua indole brutale e
animalesca, forse tenuta un po’ troppo a bada dal rock sudista e unto dei Down,
che ultimamente lo hanno impegnato parecchio. Questo nonostante il Nostro sia
un tipo a cui piaccia darsi da fare sotto vari fronti, e infatti recentemente
lo abbiamo visto anche impegnato con Warbeast per uno split e in veste di
chitarrista nell’album di debutto degli hardcorers Arson Anthem.
Ma com’è questo disco? Semplicemente spaventoso. Una lastra
di cemento armato ricevuta in faccia, un macigno di dimensioni immani che cade
in velocità da una montagna schiacciando tutto. E soprattutto, è un disco non
facile e molto personale. Ai primi ascolti risulta un boccone indigesto e si
rischia di abbandonarne l’ascolto se non si ha la voglia di approfondire un po’
meglio il suo contenuto. Dicevo della personalità: ebbene, è proprio questo che
distingue questo disco da molti altri. Dove altri si prefiggono in partenza di
calcare le orme di un genere estremo (death, grind, thrash, hardcore, sludge
ecc.) per poter essere facilmente inseriti in una categoria indirizzata ad una
determinata fascia di pubblico, per essere più vendibili, ecco che Anselmo fa
come al suo solito, fa di testa sua. Realizza un disco che accorpa tutti i
generi sopra elencati e li rielabora nella solita ottica di musicista cresciuto
a sud degli Stati Uniti, con lo sludge e l’hardcore nel DNA. La sua voce è
rabbiosa e sgraziata. Qualcuno dice che non è più in grado di cantare come una
volta, ma questo lo dice anche lui stesso, basta ogni tanto spendere qualche
euro in edicola per saperlo…Lui è conscio di quello che può fare al giorno
d’oggi e non si nasconde dietro un dito. Una voce consumata dai vari abusi che
lo accompagnano da sempre e da una età non più da ragazzino, contando anche le
infinite tournee e relativi eccessi sparsi in giro per il mondo, fatte con quelle band che hanno segnato la
storia del metal, soprattutto una, e sapete qual è.
L’Anselmo di oggi non
scherza, forse per tanti invece lo fa, perché si è già decretato come
fallimentare questo “Walk Through Exits Obly”. Ma il verdetto è uscito dopo
quanti ascolti completi del disco? Due, forse tre? Eh no,non funziona così,
questa volta meno che in altre circostanze, Produzione assassina, pesantezza
disumana, canzoni monolitiche e senza alcun barlume di commercialità e
attitudine da killer di strada caratterizzano Phil e i suoi amici di merende.
Tante dissonanze nei riff di chitarra (addirittura accostabili a certe cose dei
Meshuggah o all’HC più cervellotico), tante strutture malsane e contorte, un
elevato grado di rabbia mista a schizofrenia.
Un disco che è una dichiarazione di intenti e vi dice “state
alla larga fighetti del cazzo, qui non c’è nulla da cantare, ma solo malessere,
sporcizia e violenza, che vi piaccia o meno”. Questo è Phil Anselmo. Artista dalla
vita spericolata, personaggio amato o odiato per il suo comportamento da
redneck, che però continua a dimostrarsi tra i più autentici e credibili
artisti e fan del metal e della musica pesante.
Riascoltate per
bene canzoni come “Bedridden”, “Battalion Of Zero”, “Usurper Bastard’s Rant” o “Bedroom
Destroyer” e cercate di entrare nell’ottica che questo è fottuto e volgare
heavy metal sputato al limite della follia più distruttiva. Qui non si parla di
new wave of thrash metal o menate simili, qui si parla di urla e chitarre tritacarne. Solo
alcuni capiranno, ma meglio pochi ma buoni. Anselmo dà una lezione di sporco
(ma per nulla scontato) heavy/thrash/HC/sludge, che farà impallidire tante
fighette.
Disco che entra sottopelle pian piano, un po’ come tutto il
veleno che questa icona si è sparato per anni in vena. Pochi orpelli, Phil
Anselmo vince un’altra volta.
Recensione a cura di: Sergio Vinci
Voto: 76/100
Tracklist:
1. Music Media Is My Whore 2. Battalion of Zero
3. Betrayed
4. Usurper Bastard's Rant
5. Walk Through Exits Only
6. Bedroom Destroyer
7. Bedridden
8. Irrelevant Walls and Computer Screens
La prima volta che ho sentito questo album non mi sembrava nemmeno lui che cantava, ma è robina che va ascoltata più e più volte per poterla apprezzare al meglio! Ma poi quando ci entri dentro...beh entri in un altro mondo! Ottima prova di P.A.!
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