The Great Old Ones "Al Azif"
Full-length, Les Acteurs De L’Ombre Productions, 2012
Genere: Ambient Black Metal
Lovecraft e post-black metal. Amate entrambi? Se la risposta è affermativa, potete finire di leggere qui e correre ad ascoltare l'album; per tutti gli altri, abbiate la pazienza di leggere la recensione, tenterò di spiegarvi perché questo disco mi ha colpito.
2. Visions of R'lyeh 06:55
3. Jonas 09:29
4. Rue d'Auseil 09:20
5. The Truth 08:23
6. My Love for the Stars (Cthulhu Fhtagn) 10:19
DURATA TOTALE: 52:22
http://www.facebook.com/thegreatoldones
Genere: Ambient Black Metal
Lovecraft e post-black metal. Amate entrambi? Se la risposta è affermativa, potete finire di leggere qui e correre ad ascoltare l'album; per tutti gli altri, abbiate la pazienza di leggere la recensione, tenterò di spiegarvi perché questo disco mi ha colpito.
Dovute premesse: i The Great Old
Ones sono una giovane band francese all'esordio discografico, il cui monicker è
un tributo ai Grandi Antichi, l'oscuro pantheon lovecraftiano popolato da
semidivinità aliene dalle dimensioni titaniche, imprigionate nelle profonditÃ
dell'oceano, fra cui spicca il famosissimo Cthulhu, vero e proprio brand
dell'immaginario gothic-horror.
Al Azif è invece il titolo
del disco, l'originario nome arabo dell'altrettanto conosciuto Necronomicon, il
“libro dei nomi dei morti”, uno pseudolibro ideato da Lovecraft penetrato
talmente così in profondità nell'immaginario collettivo da aver travalicato la
narrativa, per dare adito a teorie secondo cui l'opera in questione esisterebbe
realmente e sarebbe depositaria di spaventosi poteri occulti.
Speculazioni letterarie a parte,
le premesse erano necessarie, per dare un'idea di come Al Azif sia
totalmente intriso di simbologie ed atmosfere lovecraftiane, (di fatto è un
concept album che pesca a piene mani da alcuni episodi salienti della
bibliografia dello scrittore) riuscendo, lo dico immediatamente, nel tentativo
di trasportare in musica una delle caratteristiche salienti della penna dello
scrittore di Providence: la maestosità delle sue visioni.
Al Azif è un disco epico,
violentemente etereo, qui il black metal dilata lo spazio, le tre chitarre sono
rispettivamente: mare in tempesta, cielo nero e vento impetuoso. Immaginate una
fusione fra le pulsioni al delay e riverberi di Alcest e la solennità dei
Wolves In The Throne Room.
Ogni brano è un gigantesco vortice acquatico, la
sensazione è sempre quella di trovarsi circondati, sballottati dalle raffiche
di vento, dove i momenti di calma sono solo transitori, brevi pause prima di
gettarsi nuovamente a capofitto nel marasma.
Le tre chitarre sono decisamente
una marcia in più: sempre varie, pronte ad accavallarsi, dividersi, coprirsi,
fra armonie prettamente post-rock (sezioni con arpeggi distorti a fare da
sfondo ad un riff monocorde acuto, o
chitarre pulite nei momenti più atmosferici) e sferzate veloci tipicamente
black. Il basso aggiunge quella gravità scandita da una batteria fantasiosa e
dinamica, che ha il grande merito di non essere mai banale. Molto bene anche la
voce, uno screaming acido perfettamente amalgamato con il mood generale
dell'album.
Come dicevo precedentemente:
maestosità . E' questa la parola chiave di Al Azif. Volendo prendere un
brano esemplificativo, mi soffermerei sull'ultima traccia: My Love For The
Stars (Cthulhu Fhtagn). Il brano inizia con due chitarre massicciamente
riverberate impegnate a disegnare un paesaggio etereo in cui si inseriscono
successivamente il basso , una batteria cadenzata e la melodia della terza chitarra,
il climax sonoro si affievolisce per lasciare il posto a dei semplici accordi
puliti, che esplodono in un assalto sonoro al fulmicotone. Nella parte centrale
la tempesta si dirada e ritorna la chitarra pulita. Ecco arrivare batteria,
basso e riverberi per un movimento tipicamente post-rock, che nel finale
sfodera gli artigli, ritornando in lidi post-black.
In tutto il disco troverete tutti
questi ingredienti, amalgamati in modo tale da non dare mai l'idea della
ripetitività , catturando, invece, l'attenzione ad ogni nuovo ascolto.
Ancora una volta una piacevole
sorpresa dalla Francia, terra di sperimentatori ed avanguardie. E' vero, il
post-black metal non è nato ieri, è un sottogenere ormai rodato, forse anche
troppo inflazionato, ma, data la sua peculiarità ibrida, estremamente difficile da
padroneggiare. I The Great Old Ones non si limitano a suonare con i delay o ad
inserire qualche momento ambient, sono padroni dei due linguaggi musicali.
Linguaggi che in Al Azif vivono
in simbiosi, esplodendo nella cosmica ed occulta simbologia lovecraftiana.
Ascoltando questo disco ci si
sente come un “viandante su un mare di nebbia”.
Recensione a cura di: Ersatz
Voto: 89/100
Tracklist:
1. Al Azif 07:56 2. Visions of R'lyeh 06:55
3. Jonas 09:29
4. Rue d'Auseil 09:20
5. The Truth 08:23
6. My Love for the Stars (Cthulhu Fhtagn) 10:19
DURATA TOTALE: 52:22
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