Nile “At the Gate of Sethu”
Genere: Brutal/Technical Death Metal
Siamo di fronte al settimo full-length dei Nile, uno dei
gruppi death metal più apprezzati, discussi e originali degli ultimi anni. Ormai
attivi da quasi un ventennio, quasi tutti più o meno sanno di che genere di band
stiamo parlando, delle tematiche devote all’Antico Egitto che da sempre
affrontano e del loro approccio brutale e tecnico al death metal. Inutile
dilungarsi molto, queste più o meno sono le caratteristiche che da sempre
contraddistinguono i Nile. Il mio intento, con questa recensione, è quello di fare una
analisi del tutto scevra da possibili influenze dettate dalla reputazione della
band, dal loro passato e dalla loro fan-base, sempre pronta a vivisezionare
ogni loro opera in maniera maniacale. Quasi sembra di trovarsi di fronte ai fan
boy di gente come Iron Maiden o Metallica, troppe volte accecati dal fanatismo,
e quindi portati ad esasperare tutto quello che fanno i loro beniamini, nel
bene e nel male.
Diciamo subito che in passato ho molto amato i Nile, i primi
tre dischi per me sono degli assoluti capolavori di death brutale e
“particolare”, poche altre band hanno raggiunto vette simili in questo genere.
E diciamo anche che a mio avviso il loro apice risale ormai a dieci anni fa, cioè
alla pubblicazione del perfetto “In Their Darkened Shrines”. Dopo quel disco
abbiamo avuto ancora il più che buono “Annihilation of the Wicked”, e per me la
loro carriera più importante potrebbe anche essere finita lì. Ma invece la band
del South Carolina è andata avanti, ha pubblicato altri tre dischi, tutti più o
meno apprezzati. Per il sottoscritto, i punti più bassi sono stati toccati con
“Ithyphallic” (2007) e “Those Whom the Gods Detest” (2009). So benissimo che
tanti non la vedono alla mia maniera, ma in particolare quest’ultimo per me era
stato una delusione cocentissima, lo trovavo irritante, inconcludente, fatto su
misura per un pubblico che si fa abbagliare da tanto fumo e poco arrosto. C’è
anche da rimarcare che le vocals negli ultimi due dischi sono cambiate, ora non
abbiamo più solo toni iper gutturali, ma un alternarsi di parti tipicamente
brutal death metal e altre “urlate” e schizzate, ad opera dei due mastermind
della band, Dallas Toler-Wade e Karl Sanders. Ad essere onesti questo mutamento
non sempre sembra riuscito, soprattutto nel precedente “Those Whom the Gods
Detest”, le voci diventavano insopportabili a tratti, rovinando
quel poco di buono che si poteva trovare in quel platter.
Ma passiamo a questo ultimo “At The Gate Of Sethu”. Ebbene,
io prima di recensirlo mi son preso il mio tempo. Me lo sono prima procurato in
mp3 (tanto ormai legalmente o illegalmente lo fanno quasi tutti), e l’ho
ascoltato molte volte. E poi me lo sono comprato dato che il disco a me è piaciuto.
Sì, state leggendo bene, il disco mi è piaciuto e aggiungo anche che lo trovo
di molto superiore ai due lavori precedenti. Sto usando questo tono perché
negli ultimi 4 mesi ho letto in giro per il web tanti commenti, tanti giudizi
su questo disco, ma molte volte non ne capivo il senso. A parte che, come al
solito, ci si trovava a parlare di un disco 10 giorni prima che fosse uscito e a
vedere recensioni affrettate, anch’esse poco a fuoco, proprio perché il disco
non lo si era assimilato. Come si può assimilare un disco dei Nile, con le loro
caratteristiche di complessità esecutiva e cerebrale, dopo 2 ascolti? Come si
fa a stendere una recensione attendibile o a scrivere pagine e pagine di post
sui forum dopo pochi ascolti? La risposta è semplice, non si può. Capisco si
trattasse di un disco sempliciotto, ma per i Nile bisogna agire con cautela.
Troppi critici improvvisati hanno bocciato quest'opera,
ritenendola deficitaria sotto molti aspetti: produzione sballata, composizioni
banali e senza idee, vocals insopportabili e altro ancora. La mia visione su
“At The Gate Of Sethu” è invece diversa. A posteriori posso dire che ho fatto
bene ad aspettare un po’ di tempo prima di parlarne. A parte che da subito il
disco mi è parso come ben assemblato, ne ho apprezzato la produzione nitida e non
prettamente death metal, e ho percepito che i Nile avevano risalito la china
rispetto alle due release precedenti, seppur credo si capisse da subito non
fossimo di fronte ad un nuovo “In Their Darkened Shrines”…Ma fin dall’opener
“Enduring the Eternal Molestation of Flame” ho sentito una band che finalmente
ha avuto il coraggio di rinnovarsi senza snaturarsi, di rimanere ancorata al proprio stile, ma inserendo qualche ingrediente in grado di rendere il presente
fresco, non riciclato. Ecco quindi che la produzione scarsa che tanti hanno
riscontrato assume un significato ben diverso; lo stesso Karl Sanders in alcune
dichiarazioni sui magazines (quelli cartacei, ovvero quelli che non compra più
nessuno, vero?), ha ribadito che i suoni di questo nuovo platter sono stati
pensati proprio in questa maniera, in quanto in passato le chitarre, a suo
avviso, erano spesso penalizzate per una resa non ottimale, confusionaria, che
non rendeva giustizia alle fitte trame chitarristiche della band. E come
dargli torto! Se da una parte è vero che il sound dei primi dischi era
devastante, è anche vero che effettivamente troppe volte non si capiva cosa
effettivamente si stesse suonando/ascoltando. Chiariamoci, io amo ancora quelle produzioni
e guai se venissero mai ritoccate, sono perfette così. Ma oggettivamente
tendono alla confusione.
Il secondo aspetto che si nota, e che già avevo accennato
prima, sono le vocals, ora molto cambiate. Le parti gutturali hanno meno
spazio rispetto a prima. Adesso sono molte le incursioni di vocals
“declamatorie” e dal tmbro strozzato ma acuto. Questo aspetto può piacere o
meno, ma denota anch’esso che i Nostri guardano al futuro. A parte alcuni
particolari come questo, la band ha realizzato un disco davvero buono, dove non
mancano alcuni apici non da poco, in mezzo comunque a un insieme di canzoni
decisamente valide, anche quando non fanno gridare al miracolo. La già citata
opener “Enduring the Eternal Molestation of Flame”, seguita dalla devastante
“The Fiends Who Come to Steal the Magick of the Deceased”, costuituiscono una
doppietta che molte band possono solo vedere col binocolo. Qui troverete tutti
gli ingredienti che avete sempre amato di questa band: tecnica, intricatezza,
drumming forsennato e di gran qualità ed epicità (ma meno preponderante che in passato). Le parti più
cadenzate sono presenti, basti ascoltare “When My Wrath Is Done”, ma la band
sfiora il capolavoro con la title track “The Gods Who Light Up the Sky at the
Gate of Sethu”, dove avrete tutto quello che aspettate da una band chiamata
Nile. Il disco prosegue poi su binari piuttosto elevati, con episodi che vanno dal brutal puro (“Natural Liberation of Fear
Through the Ritual Deception of Death”), e altri in cui la formazione fa
riemergere quella vena quasi doom e epica che fin qui aveva un po’ latitato
(“Tribunal of the Dead” ). Bella chiusura affidata alla quasi melodica
“Supreme Humanism of Megalomania”, posta prima del sigillo finale chiamato “The
Chaining of the Iniquitous”, lenta e asfissiante, ma non eccellente a dire il
vero.
Chiudiamo il cerchio affermando quanto segue: “At the Gate
of Sethu” è un disco che non eguaglia il periodo che va dal 1998 al 2005, ma
denota una netta risalita da parte di questi fuoriclasse. Non comprendo ancora
il marasma di critiche che ho letto in giro, forse tante anche viziate dal
fatto che ormai i dischi si ascoltano solo sull’I-pod o sul pc, da mp3 di bassa qualità,
e forse perché quando si ha a che fare con una band che ha sulla groppa almeno
3 capolavori, le aspettative sono sempre troppo elevate. Ma come sempre la
pazienza e l’obiettvità vincono sulla chiacchiera facile, e questo disco si è
rivelato per me come uno dei migliori album di death metal tecnico degli ultimi
anni.
Ripeto, i capolavori dei Nile sono altri, ma dopo alcuni
episodi piuttosto sottotono (e sopravvalutatissimi) è d’obbligo dire
“bentornati”!
Recensione a cura di: Sergio Vinci “Kosmos Reversum”
VOTO: 78/100
Tracklist:
1. Enduring the Eternal Molestation of Flame 04:29
2. The Fiends Who Come to Steal the Magick of the Deceased 04:30
3. The Inevitable Degradation of Flesh 05:30
4. When My Wrath Is Done 03:11
5. Slaves of Xul 01:24 instrumental
6. The Gods Who Light Up the Sky at the Gate of Sethu 05:43
7. Natural Liberation of Fear Through the Ritual Deception of Death 03:30
8. Ethno-Musicological Cannibalisms 01:40 instrumental
9. Tribunal of the Dead 05:54
2. The Fiends Who Come to Steal the Magick of the Deceased 04:30
3. The Inevitable Degradation of Flesh 05:30
4. When My Wrath Is Done 03:11
5. Slaves of Xul 01:24 instrumental
6. The Gods Who Light Up the Sky at the Gate of Sethu 05:43
7. Natural Liberation of Fear Through the Ritual Deception of Death 03:30
8. Ethno-Musicological Cannibalisms 01:40 instrumental
9. Tribunal of the Dead 05:54
10. Supreme Humanism of Megalomania 04:49
11. The Chaining of the Iniquitous 07:05
11. The Chaining of the Iniquitous 07:05
DURATA TOTALE: 47:45
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