Pharaoh “Bury The Light”
Genere:
Heavy/Power Metal
Attivi da ben quindici anni sulla scena metal, di provenienza
statunitense, questi Pharaoh ci dimostrano che l’US Power è più vivo che mai. Sull’onda
di bands come Omen, Jag Panzer, Manowar e Iced Earth, i Nostri confezionano il loro
quarto album sulla lunga distanza, risultando compatti e convincenti.
Come
tutti saprete il power metal di estrazione USA è abbastanza diverso da quello
di derivazione teutonica e, per certi versi, è il power metal per eccellenza,
quello dove la potenza, la melodia dell’heavy tradizionale si uniscono ad accenni
speed e talvolta thrash, ma dove in generale l’heavy metal classico costituisce
la base solida e l’elemento predominante.
“Bury the Light” è un buon compendio di tutto quello che
potreste aspettarvi da una band con questa estrazione musicale. Sin
dall’iniziale “Leave Me Here to Dream” il combo unisce chiare influenze NWOBHM,
udibili soprattutto nelle chitarre, a una voce dalle tinte drammatiche ma potente,
un drumming non intricato ma incisivo e buoni cambi di atmosfera. Parti più
veloci si alternano e mid tempos rocciosi e la formazione mette subito in
chiaro che sugli strumenti ci sa fare, soprattutto il lavoro di chitarra
affidato a Matt Johnsen è di prim’ordine, sempre preciso, puntuale, cangiante
sia in fase solista che ritmica, e sciorina una sequenza di riff davvero
sostanziosa.
Quando parte “The Wolves” siamo catapultati in pieno periodo
Eighties, quando il metal era essenzialmente melodia, tensione e possenza.
L’ugola di Tim Aymar si rivela sugli scudi, con la sua timbrica a metà tra Eric
Adams dei Manowar e J.D. Kimball, storico e rimpianto cantante dei primi Omen. Bello
l’incedere maestoso di “The Spider's Thread”, canzone più meditata del solito,
rimembrante certi Iron Maiden del periodo ’83-’84, soprattutto quando si apre
successivamente nella sua classica cavalcata classic heavy. Citerei ancora
l’ottima “Burn with Me”, sorretta da un mid tempo semplice e corposo che sfocia in
un refrain orecchiabile, e ancora “In Your Hands”, molto trascinante con la sua
velocità abbastanza sostenuta e riff affilati che spadroneggiano assieme alla
solita, ottima prova della voce.
Un lavoro come questo farà la felicità di tutti i cultori
dell’heavy metal classico, soprattutto dei metal fans che pretendono da questo genere classe,
spinta e poche innovazioni. Se amate poi le bands che ho citato in apertura fate vostro questo disco senza indugi.
Recensione a cura di Sergio Vinci “Kosmos Reversum”
Voto: 72/100
Tracklist:
1. Leave Me Here to Dream 2. The Wolves
3. Castles in the Sky
4. The Year of the Blizzard
5. The Spider's Thread
6. Cry
7. Graveyard of Empires
8. Burn With Me
9. In Your Hands
http://www.solarflight.net/
Nessun commento